“Per amore del mio popolo, non tacero'”. Queste le parole simbolo di don Peppe Diana, coraggioso presbitero della diocesi di Aversa assassinato dalla Camorra per il suo impegno civile, religioso e antimafia che ha profondamente segnato la societa’ campana. “Voglia il Signore far si’ che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra, produca frutti di piena conversione, di operosa concordia, di solidarieta’ e di pace”, disse papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus svoltosi il giorno dopo l’omicidio del parroco, avvenuto il 19 marzo 1994, 25 anni fa. Giuseppe Diana nacque il 4 luglio 1958 a Casal di Principe, nei pressi di Aversa, in Campania, e fu sempre molto legato al proprio territorio. Dopo essersi laureato in Teologia biblica e in Filosofia presso l’Universita’ Federico II di Napoli, nel 1982 Peppino fu ordinato sacerdote. Durante la sua carriera ecclesiastica, il presbitero divenne parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal del Principe e segretario del vescovo della diocesi di Aversa. Oltre ad essere assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa, Peppino insegnava anche materie letterarie presso il liceo del seminario Francesco Caracciolo, nonche’ religione cattolica presso l’istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l’Istituto Professionale Alberghiero di Aversa. Il parroco viveva negli anni del dominio assoluto della Camorra casalese gestita principalmente dal boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Quella di quegli anni e’ una ‘Camorra imprenditrice’ che si dedica non solo a traffici illeciti, ma anche all’economia locale, inserendosi negli enti pubblici. In questo contesto, don Peppino aiutava il piu’ possibile le persone vittime della mafia e nel 1991, il giorno di Natale, diffuse un suo scritto, letto in tutte le chiese della zona, intitolato ‘Per amore del mio popolo’. Si trattava di un manifesto che annunciava l’impegno contro la criminalita’ organizzata, definita una forma di terrorismo che prova a diventare componente endemica della societa’. Don Diana denuncia anche i traffici illeciti per la compravendita di sostanze stupefacenti, le tangenti sui lavori edili e gli scontri tra fazioni. Il 19 marzo 1994, alle 7 e 20 del mattino, nel giorno del suo onomastico, Peppino Diana venne ucciso nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre stava per celebrare la messa. Il parroco mori’ all’istante, colpito da cinque proiettili: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Subito dopo l’omicidio, che desto’ scalpore in tutta Italia, sembro’ evidente la volonta’di infangare l’immagine di don Peppino e i giornali locali parlarono del parroco come di un camorrista, nonche’ uomo dedito a vizi di ogni genere. Il 30 gennaio 2003 il mandante dell’omicidio fu riconosciuto nella figura di Nunzio De Falco, condannato in primo grado all’ergastolo. De Falco provo’ a incastrare il rivale Schiavone, ma l’autore materiale dell’omicidio, Giuseppe Quadrano, collaboro’ con la giustizia, rivelando la verita’. Il 4 marzo 2004 la Corte di Cassazione condanno’ all’ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti come coautori dell’omicidio.
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