Quando la Schlein dirà a De Luca: niente terzo mandato. Da qui i fuochi artificiali - Le Cronache
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Quando la Schlein dirà a De Luca: niente terzo mandato. Da qui i fuochi artificiali

Quando la Schlein dirà a De Luca: niente terzo mandato. Da qui i fuochi artificiali

di Peppe Rinaldi*
C’è chi pagherebbe fior di quattrini per assistere all’incontro, prima o poi inevitabile, tra Vincenzo De Luca e Elly Schlein. E c’è chi pagherebbe il doppio, anche il triplo, per essere presente nell’istante in cui la nuova segretaria del Pd dirà al presidente della Campania più o meno così: «Le iscritte e gli iscritti, le compagne e i compagni, le dirigenti e i dirigenti, le donne e gli uomini del Pd non hanno intenzione di avallare una terza candidatura per te». Superata l’amaurosi per induzione, il governatore a quel punto scioglierebbe le briglie – di qui lo spettacolo per l’immaginario pubblico pagante – innescando i fuochi pirotecnici verbali e gesticolari che hanno fatto di lui il personaggio che è.
Terzo mandato, un’apparente faccenda locale (Campania) che servirà però a svelare la traiettoria che Schlein intende seguire. De Luca ci sta lavorando da tempo, dice che non bastano dieci anni per cambiare la Campania, gliene servono altri cinque, poi si vedrà. Chi conosce la regione più amata dai romani di duemila e passa anni fa, quando fu “felix”, in fondo sarebbe anche d’accordo, qui è tutto un doppio problema. Stefano Bonaccini si era detto possibilista sull’ipotesi, una volta diventato segretario, di derogare alla regola del Pd che prevede lo stop ai due turni da presidente; con la vittoria di Elly Schlein la strada per De Luca sembrerebbe sbarrata. Almeno finora.
A proposito di “capibastone”
L’altro ieri Lodovico Festa ha, come sempre, centrato il punto politico essenziale nel commentare le parole della sardina (sic!) Jasmine Cristallo, appena cooptata nella direzione del partito, consegnate alla trasmissione radiofonica
Un giorno da pecora, secondo le quali lo scontro tra De Luca e il nuovo segretario sarebbe imminente. Dunque potrebbe partire proprio dal governatore campano la famosa guerra ai “capibastone” del Pd annunciata a più riprese da Schlein. «Mentre senza dubbio il grande sponsor della Schlein, Dario Franceschini, è un capobastone che da leader dei riformisti del Pd si è messo a guidare i radicali del Pd per difendere il proprio potere», ha ricordato Festa, «De Luca, invece, è un vero capopopolo con cui si può dissentire, ma di cui non si può negare l’enorme energia vitale, quella che manca tanto ai piccoli attivisti “woke” che tanto appassionano il nuovo segretario del Pd».
Il precedente di Salerno
Come finirà questa storia nessuno può saperlo ma qualche idea è possibile farsela. Cosa si fa quando si cerca di capire la sostanza o le intenzioni di una persona rispetto a un problema dato? In genere si guarda al curriculum, a come quella persona si sia comportata in passato in situazioni analoghe o dinanzi allo stesso problema. Bene, Vincenzo De Luca nel corso della sua lunga vita politico-amministrativa (iniziata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta con le lotte contadine per l’occupazione delle terre nella Piana del Sele) ha già vissuto l’esperienza. Se il Pd di Elly Schlein confermasse le intenzioni manifestate sul terzo mandato, dovrà fingere sorprese e spiazzamenti: dopo due turni da sindaco di Salerno negli anni Novanta non poteva più candidarsi, allora piazzò un suo fedelissimo (Mario De Biase), lo fece eleggere sindaco, continuando a governare per interposta persona, poi il rapporto andò in frantumi sul finire della consiliatura e così “Vicienz’ ’a belva”, uno dei nomignoli a lui affibbiati di maggior diffusione, poté ricandidarsi per il suo terzo mandato da sindaco dopo essersi «annoiato a pigiare tasti alla Camera» (testuale) dove nel frattempo era stato eletto.Ma quel che Elly Schlein non sa è che, arrivati al 2006, De Luca non venne candidato sindaco dal suo partito, niente via libera e niente simbolo, quest’ultimo lo gestivano i già potentissimi bassoliniani di Napoli, che vedevano De Luca come i vampiri vedono una croce. De Luca a quel punto che fece? Non li degnò di uno sguardo, fece due liste civiche, soltanto due, con le quali andò alla pugna contro l’intero centrosinistra ufficiale dell’epoca, che di liste ne schierò una mezza dozzina almeno, con i simboli di tutti i partiti. Dall’altro lato ebbe poi il centrodestra, altra mezza dozzina di liste ma, come accade dagli anni Novanta, guidate da candidati ora imbarazzanti, ora irrilevanti. E non è neppure finita qui: accerchiato a destra e a sinistra, giunse a dare man forte a questo fronte unitario anti-deluchiano anche la procura della repubblica di Salerno, che di suo ci mise un paio di avvisi di garanzia per De Luca, con relativo clima manettaro.
Scetticismo dei media e consenso popolare
Non ci avrebbe scommesso nessuno, fioccavano editoriali sulla “fine di un ciclo”, ma gli editoriali sono una cosa, la realtà un’altra. De Luca stravinse con solo due liste e un consenso popolare crescente che solo negli editoriali, appunto, non era stato percepito. Scassò a destra, scassò a sinistra, scassò ovunque con un modulo che ha, in qualche modo, replicato per la guida della Campania nelle ultime due elezioni. Ma tutto questo, parafrasando una celebre canzone, Elly non lo sa. I cacicchi (termine battezzato in politica da un certo Massimo D’Alema) che l’hanno sostenuta, perdenti nel primo round ma vincitori per caso del secondo, potrebbero rappresentargliela questa situazione: è verosimile immaginare che nel caso Schlein tenga il punto sul terzo mandato, De Luca faccia quel che ha già fatto un paio di volte, mettersi il mondo contro, sconquassare destra e sinistra, salvo poi trovare la strada della realpolitik.
I tempi cambiano, lui no
Ci riuscirà? Chi può dirlo, il tempo è trascorso, gli anni e il contesto sono cambiati: è lui a non cambiare, il che renderà la vita complicata anche a Schlein, sacerdotessa del “woke”, per giunta in salsa italiana, persona «certissima della sua superiorità morale» (copyright Camillo Langone) ora alla guida del suo partito. Immaginarsi De Luca a discutere con Elly di ovociti e affidi, uteri in leasing, compravendita di neonati, filiazione di laboratorio, immigrati a gogò e temperature del sole da decidere per decreto, tutto ciò per giunta travestito dalla parolina magica “diritti”, sarà uno spasso: lui che gli immigrati clandestini li inseguiva personalmente sul corso di Salerno, lui che i cafoni e sozzoni metropolitani li prenderebbe «a calci nei denti» (testuale), lui che da sindaco non voleva neppure sentir parlare di registri per coppie omosessuali, lui che ironizzò sui calzini arcobaleno di Beppe Sala, lui che in una tv locale disse al tempo dei “Di.Co” di Rosy Bindi: «Io difendo l’identità cristiana della famiglia», ecco, cosa potrebbe fare lui?
Potrebbe, per esempio, mettere in pratica ciò che disse pubblicamente, urlando, pochi mesi fa durante il dibattito nel paese sulla legge Zan: «Siamo impazziti? Io dovrei andare a spiegare ai bambini delle elementari e medie cosa è l’omotransfobia, cosa è l’omosessualità, la masturbazione e tutta questa roba qui? Sapete cosa rispondo? Ma andate al diavolo tutti quanti, sì andate al diavolo». Il ruggito del governatore che, sia chiaro, non è un santo – e di problemi, De Luca, ne ha tanti – fu speculare al fragore degli applausi del pubblico. Ecco, Elly Schlein è avvertita. Poi, certo, tutto può accadere.
(Tempi Moderni)