L’Unione dei Comuni dell’Alto Cilento, si guadagna meglio che a Palazzo Chigi - Le Cronache
Ultimora

L’Unione dei Comuni dell’Alto Cilento, si guadagna meglio che a Palazzo Chigi

L’Unione dei Comuni dell’Alto Cilento, si guadagna meglio che a Palazzo Chigi

di Peppe Rinaldi
L’Unione dei Comuni dell’Alto Cilento, composta da Agropoli, Capaccio, Albanella, Giungano, Cicerale, Ogliastro, Prignano, Torchiara, Rutino, Lustra, Laureana, Omignano e Castelnuovo, supera i 50 mila abitanti.
L’ultimo bilancio 2022-2024, però, pare concepito sulla base di circa 30 mila, cioè quanti erano prima dell’adesione all’associazione di centri come Capaccio e Albanella, circostanza, quest’ultima, in sé già abbastanza stravagante se si considera non solo l’assenza di confini diretti ma pure la rispettiva collocazione geografica. Predisposto (il bilancio) si fa per dire, perché da documenti, relazioni e report vari consultati da questo giornale sembrerebbe che gli atti contabili necessari e obbligatori li facciano nel tempo libero. Consuntivi e rendiconti fuori dai termini di legge, poste nebulose, servizi solo sulla carta, voci d’entrata irreali e così via.
Quanto ai “servizi”, come accennato nella prima puntata di questo piccolo viaggio cilentano, va ribadito il concetto di fondo che dovrebbe dare un senso alle unioni comunali: cioè, esse nascono per volontà del legislatore al fine di razionalizzare il funzionamento dei piccoli centri, specie montani, che, mettendosi insieme, possono meglio affrontare costi, spese etc. Per farlo, però, è fondamentale che gli enti aderenti cedano alcune proprie funzioni per davvero e non solo sulla carta, come pare sia accaduto all’Alto Cilento: e, se così fosse ufficialmente accertato (ma da chi?), ne deriverebbero due conseguenze importanti, da una parte la nullità di ogni atto ab origine e, dall’altra, attestazioni false sottoscritte da quegli stessi comuni aderenti al sodalizio che, per quei servizi virtualmente ceduti all’Unione, hanno invece chiesto ed ottenuto finanziamenti dallo Stato centrale in quanto singoli enti. Volgarizzando: non puoi dire, tu Comune, che hai ceduto alcune funzioni all’Unione e contemporaneamente chiedere ed ottenere fondi dal ministero per il tuo ente per gestire quegli stessi servizi che dici di aver ceduto, perché se lo fai commetti un atto illecito, verosimilmente un reato, di certo scrivi il falso e costringi le casse pubbliche ad esborsi non dovuti in un quadro poco chiaro. In fondo non è così difficile capirlo, almeno per chi, tra i controllori del territorio, questo dovrebbe fare per mestiere. I tentativi esperiti negli anni scorsi, tra magistratura ordinaria e contabile, hanno avuto, del resto, il loro percorso anche in questa vicenda, ma di questo parleremo successivamente. Basti qui dire che quella appena descritta è la
cornice nella quale ci stiamo muovendo, se no non si comprende una materia di
complicato adattamento per l’opinione pubblica.
Speculari a questi connotati, per così dire, artigianali della gestione della cosa pubblica – anche l’Unione, pur se opaca in questo caso, è “cosa pubblica” – vi sono invece alcune certezze granitiche. Su tutte, la presidenza dell’Alto Cilento, che pare si sia trasformata in una carica vitalizia dal momento che, tranne in un caso o due, a coprirla è sempre stato l’attuale sindaco di Capaccio e presidente della Provincia, Franco Alfieri: la legge che regola la formazione e costituzione delle Unioni comunali prevede che la carica sia annuale e ricoperta a rotazione tra i sindaci degli enti che hanno aderito all’Unione.
Puoi cambiare arbitrariamente lo statuto, certo, e stabilire che la carica durerà 150 anni, ma è una disinvoltura che puoi permetterti se sai che nessuno verrà a farti le pulci. E, se proprio, un accomodamento lo si trova sempre. Questo punto sembra un dettaglio sfuggito all’altrimenti occhiuto sguardo della filiera dei controllori territoriali. Di Alfieri si può pensare qualunque cosa ma non che non sappia far politica, certo non è Churchill ma neppure Toninelli o Schlein: il punto non è lui, come già si sosteneva, il punto sarebbe la evocata filiera, generalmente serena dinanzi a un sistema mediatico ormai irrilevante. Ma questa è un’altra storia.
L’Unione dice che si occupa di gare d’appalto, di protezione civile, di turismo, igiene urbana e vari servizi delegati di volta in volta dai singoli comuni: di tutto questo non sembra esserci traccia negli atti ufficiali, il che aumenta la curiosità del cronista e dell’osservatore. Di spese di “segreteria”, al contrario, di tracce ve ne sono, eccome: due lavoratori, diciamo, dell’Unione nel solo 2022 avrebbero incassato rispettivamente 92mila euro e 120mila euro. Naturalmente si tratta di figure legate a doppia mandata al carrozzone dominante, oltre al dato non secondario di casi di stretta parentela con parlamentari o ex -ovviamente del Pd o del relativo cascame -, una storia che sembra non finire mai guardando ciò che accade in questi ambiti. In pratica all’Unione c’è chi guadagna uno stipendio superiore o pari a quello del presidente del Consiglio. Non una novità in senso assoluto, di certo un buon affare.
(2-continua)