Donato Landi il goleador del Serraglio
Il piccolo calciatore di Pellezzano, con i colori dell’istituto Umberto I, vinse il titolo di capocannoniere in un torneo dedicato a Luciano Re Cecconi, indimenticato calciatore della Lazio
Di Donato Landi
Da quando sono entrato in istituto Umberto I, all’età di dieci anni, nel 1970, porto nel cuore tanti ricordi che ancora oggi mi riempiono di gioia e mi commuovono al pensiero di tanti amici con i quali ho trascorso momenti indimenticabili, intrisi di fratellanza e amicizia. In istituto c’erano tre miei compaesani di Pellezzano, frazione alta di Salerno, che ravviso con piacere, la signorina Assunta Risi piccolina ma bellissima alla quale tutti volevamo bene e facevano la corte e lei ha sempre ricambiato, donandoci un sorriso, il maestro di Meccanica Vincenzo D’Alvia, infine il Maestro di Falegnameria Alberto Mourinho. Mi conoscevano da piccolino e unitamente all’intera mia famiglia, mi volevano bene, mi sentivo protetto da loro. Ogni sera dopo la cena alcuni miei compagni rimanevano per aiutare a rassettare il refettorio, togliere i piatti e riporre i sediolini sotto al tavolo, mansioni semplici buona occasione per avere in premio una pagnottella a volte con olio, a volte con mortadella se andava bene, molti di noi facevamo a gara per rimanere e la signorina Assunta ogni sera, quando finivano i miei compagni, era solita mandarmi tramite loro, una pagnotta di pane con la mortadella con il salame e con tante cose buone, dicendo agli stessi “Questa è per Donato!”, un raro gesto di solidarietà umana. Una grande emozione che mi ha segnato per tutta la vita e stata quella di aver conosciuto un sant’ uomo, l’istitutore Don Luigi, un ex sacerdote, che mi prese a ben volere e mi ha insegnò tanto, guidando i miei passi. A lui devo molto e gliene sarò sempre riconoscente, questa è stata per me uno dei momenti più belli ed entusiasmanti dei miei otto anni trascorsi sul Serraglio in istiUn’altra grande emozione è stata quando o conosciuto il presidente Alfonso Menna, grande uomo è papà per tanti di noi, passati da questa istituzione, di cui serbo un ricordo molto significativo: facemmo un corso di addetto sala bar, per l’anno 1977. Si svolgeva, infatti, in istituto un triennio tenuto dal professore Tommaso Cunego, fortemente voluto dal Commendatore Menna, il quale mi consegnò lui personalmente l’attestato e la qualifica di addetto sala bar, complimentandosi per il titolo ottenuto. Come non ricordare con tutti gli amici della terza camerata dove insieme a Don Luigi Maiorano l’istitutore abbiamo sistemato il campo di calcio facendo un grande lavoro pulimmo e togliemmo tutte le pietre rendendolo praticabile che lavoraccio tutti insieme ma dopo tutti felici, nel tempo insieme abbiamo vissuto momenti tristi e momenti di gioia, amicizie che ancora oggi con alcuni ricordiamo in qualche incontro ed occasione. Ricordo ancora con grande affetto è gioia, di aver giocato a calcio con le squadre formate dagli ex allievi dell’orfanotrofio in giro sui vari campi sportivi della provincia di Salerno di una su tutte: Eboli, ricordo la finale del torneo dedicata a Luciano Re Cecconi un calciatore della Lazio scomparso per un tragico destino proprio nel 1977, dove vinsi la coppa di capocannoniere: mi premiò l’allora Assessore allo sport di Salerno Nicola Visone e ancora oggi ricordo le sue parole piene di calore umano “Tu farai carriera!”. Segnai tanti goal, tempi bellissimi, ricordo alcuni che giocavano in squadra con me, tra cui Rodolfo Marolda, Antonio Barba, Ciro Lamanna, con gli istitutori in veste di allenatori, anche loro molto orgogliosi dei nostri successi: lo sport era importante per l’orfanotrofio offriva possibilità di svago e di mantenere una certa forma fisica. Conservo nel cuore le grandi sfide della Salernitana: la domenica gli istitutori ci portavano al mitico stadio Vestuti, a seguire dall’alto della tribuna i nostri idoli e lì noi tutti sognavamo un giorno di emularli, dentro e fuori dal rettangolo di gioco Altro momento di sport che ricordo con immenso piacere fu quando ci portarono a gareggiare in pista in occasione dei campionati studenteschi, per tre anni consecutivi. Ero il velocista della squadra e ho vinto la gara dei cento metri piani, anche con un discreto crono, 13’’ e 05. Che soddisfazione per me e per i miei compagni che mi accolsero come un eroe, quando la squadra di atletica rientrò in istituto. Altra figura carismatica di quel periodo era padre Teodosio, cappellano dell’istituto, il quale ha cambiato la mia vita in meglio, arricchendola di valori umani, una grande sacerdote oggi ultra novantenne, che ancora vado a trovare e lui lucido si rammenta di me e di tanti ex allievi. Persone dolcissime che mi hanno insegnato piccole cose le ho trovate anche in sartoria, come la signora Maria Ronca, la quale, insieme al sarto Rescigno mi hanno insegnato a cucire a macchina, a fare le pieghe alle lenzuola e ai pantaloni, rifiniture semplici, ma molto importanti, poi, sono stato anche in calzoleria con il maestro Diavoletto, piccolo di statura con i suoi occhialini, molto sensibile anche quando ci rimproverava. Mestieri insieme ad altri, come Meccanica, e tanti altri, presenti in orfanotrofio che per tanti mei ex compagni hanno rappresentato un alto momento formativo e, per alcuni, una vera e propria scelta di vita da continuare una volta fuori dall’orfanotrofio. L’ Istituto è stato per me un momento di vita e l’esperienza vissuta tra quelle mura, mi ha aiutato nella vita, e nel lavoro che oggi svolgo con i ragazzi, impegnato nel sociale e nel volontariato.