di Marius Mele
Qualche giorno fa sono stato ospite di Open Class, una serie di “lezioni-racconto” in cui personaggi del mondo della comunicazione incontrano gli studenti dell’Università degli Studi di Salerno, sotto la direzione scientifica dei proff. Alfonso Amendola e Alessandra Petrone. Quest’anno gli incontri sono sotto forma di webinar. Il mio talk “video come indagine sul futuro” è stato introdotto dai saluti del Rettore Vincenzo Loia e da una premessa del prof. Gino Frezza; ho dialogato poi con Luca Lanzetta e risposto alle domande in diretta di professori e studenti. Vorrei quindi riproporre alcune riflessioni. Avrei preferito un incontro dal vivo, avere un pubblico che non vedi e non senti è abbastanza inquietante, ma d’altra parte questa modalità ci permette di essere presenti in centinaia nello stesso non-luogo ad assistere a questo spettacolo. In fondo la base della comunicazione umana è connettere esperienze coscienti fisicamente separate tra loro, da questo processo dipendono guerra e pace, dipendiamo da esso e ci definiamo nei suoi perimetri. Forse è questo il nostro più grande limite, vi siamo immersi e non lo percepiamo, proprio come la storia del pesce che si chiede cos’è l’acqua. Abbiamo bisogno più che mai di produrre, elaborare, organizzare dati, informazioni e conoscenza, la complessità delle nostre società e del mondo ci obbligano ad indagare e perfezionare i modi in cui le nostre comunicazioni avvengono. Quella che qualche decennio fa sembrava una branca marginale delle Lettere, le Scienze della Comunicazione, ora sono al centro di queste tematiche sempre più urgenti, trovandosi all’intersezione tra sociologia, politica, economia, informatica, filosofia e scienze cognitive. LʼUniversità deve essere un catalizzatore, mettendo in contatto le persone, permettendo alla cultura di circolare libera, come allo stato gassoso, favorendo le interazioni casuali e la collaborazione, abbattendo i muri delle “false dicotomie” (cit. Dominici), potrà così diventare la scuola diffusa e non-finita di cui tutti abbiamo bisogno. Mi chiamano Marius, ho una società di produzione video Noor ( نور “luce” in arabo) con base in Umbria, dove vivo, lavoro alla produzione di video per aziende, enti e spot pubblicitari, ho clienti in tutta Italia e allʼestero. Sono stato fotografo, producer, videomaker, editor, regista e direttore della fotografia, e a volte anche tutte queste cose insieme. Inoltre, continuando ad approfondire le tematiche del video, ho imparato molte altre cose che possono non sembrare attinenti alla mia attività, ma che in realtà ne costituiscono l’essenza, la filosofia alla base dei miei video. Qualcuno potrebbe pensare che un fotografo o filmmaker passi tutto il giorno dietro l’obiettivo, invece la maggior parte del mio tempo è studio e ricerca, un continuo perdersi e ritrovarsi. Sono un autodidatta, ma non in un senso mistico di rivelazione della conoscenza, invero credo il contrario, e cioè che la verità non è mai manifesta. In fondo non ho fatto nulla di diverso rispetto alle molte generazioni prima di me che non hanno avuto un’istruzione istituzionalizzata, ma con i vantaggi della tecnologia moderna; forse è questo il senso del “computer nel muro” di Sugata Mitra. Altro elemento fondamentale sono le relazioni umane, quelle stabili che durano anni tanto quanto i weak links, i legami deboli che provengono dalla casualità dei nostri incontri. Mai sottovalutare le variabili di contesto non lineari. Cerco sempre di imbattermi in cose nuove, il mio allenamento quotidiano, quando mi sveglio penso a quante cose non conosco e inizio a cercare, come dice il proverbio arabo اطلبوا العلم من المهد الى اللحد “cerca la conoscenza dalla culla alla tomba”. Esporsi a tante idee nuove non può che farti cambiare idea su qualcosa, cerco di tenere la mente aperta, e anche nelle bolle sociali così polarizzate, cerco sempre di includere qualcuno che la pensi diversamente da me. Tollerante con tutti tranne che con gli intolleranti, come ci ha insegnato Popper. In fondo penso che questa spinta sia nata quando ero bambino, non riuscivo proprio a comprendere le ragioni secondo cui la cultura andava divisa tra umanistica e scientifica, o tra arte e tecnica, ricordo un certo senso di irritazione e ribellione, così ho intrapreso un viaggio che mi ha portato al video, almeno per ora. Il mio lavoro oggi è l’ologramma di questa ricerca. Questo lavoro mi ha insegnato ad avere conoscenze specialistiche e allo stesso tempo trasversali; come dice Piero Dominici, i saperi non possono che specializzarsi sempre più, il problema è non farli dialogare. Questo problema riguarda i luoghi dell’informazione e della formazione, e della formazione dell’informazione, che invece spesso tendono a separare la conoscenza, da qui nasce l’urgenza di riformare l’educazione e la comunicazione, quella che ho chiamato Noscuola. Del video amo la natura universale, mi diverte sempre vedere come i bambini e gli anziani reagiscono ai miei video. Tutti noi siamo parte di un video, siamo immersi in un flusso di immagini in movimento, che archiviamo, manipoliamo e traduciamo continuamente, parafrasando direi “prima che la carne si fece verbo, fu video”. Oggi con i nostri smartphone tutti usiamo il video come specchio, ma vi invito ad uscire fuori dagli schermi, e scoprire le molte possibilità del video non solo come strumento di comunicazione, ma anche come processo che implica scelte e ragionamenti multidimensionali, confrontarsi con i limiti del reale, giocare alla lotta con la complessità. Questi strumenti propri del video diventano utili per riflettere su argomenti apparentemente distanti, un processo ricorsivo che finisce per parlarci di lavoro, educazione, comunicazione, economia, società, e infondo, di noi stessi. Siamo tutti invitati a esprimerci di più con i video, è naturale ma non biologico, o forse potrebbe diventarlo in un futuro di integrazione uomo-macchina. Il video come una sonda spaziale per esplorare lʼignoto, per conoscere, per connettersi, per farci sentire tutti uguali, per trasferire e manipolare informazione, per comprendere meglio il mondo e se stessi. Ecco il video come indagine sul futuro.