Un'antica chiesa fra le colline: San Felice in Felline - Le Cronache
Salerno

Un’antica chiesa fra le colline: San Felice in Felline

Un’antica chiesa fra le colline: San Felice in Felline

di Orlando Santoro

Un tempio venne innalzato, nella foria salernitana, un antico luogo del passato. Fra argille e mattoni, nella località Felline, il martirio di Felice una storia di lieto fine. Il culto pagano venne soffiato, il Brevarium del Guarna ci è stato tramandato. Alle pendici di Giovi, extra moenia, i longobardi di Guaimario, istituirono la fede cristiana. Lassù, fra acacie e cipressi, sorride fra le colline, rivive la storia di San Felice in Felline. Durante il periodo del dominio longobardo, col principato di Guaimario V, la città di Salerno, viveva un momento di grande splendore. Nella “foria salernitana”, ovvero lo spazio occupato da casali e villaggi situati all’esterno delle mura cittadine, alle pendici delle colline di Giovi, venne eretta la chiesa di San Felice in Felline. Il toponimo Felline è riferibile ad una zona argillosa ed alla produzione di mattoni e stoviglie di uso comune, dall’età imperiale all’Alto Medioevo. Nel Codex Diplomaticus Cavensis, anno 837, troviamo citata per la prima volta questa località: In loco qui dicitur Felline. Un altro documento, relativo a donazioni, permute e divisioni, del 974, riporta questa dicitura: In loco Felline extra Salernum. Prime notizie, relative alla chiesa, possiamo trovarle nel Brevarium di Romualdo Guarna, conservato nel museo del duomo. Romualdo II Guarna, vescovo di Salerno dal 1166, racconta, tra storia e leggenda, il martirio di San Felice. Il santo, vissuto nel III secolo, ai tempi dell’imperatore Diocleziano, fu condotto al Tempio di Diana, affinché venerasse gli dei pagani. Egli si rifiutò e, con un soffio, fece crollare le statue delle divinità. Dracco, prefetto della città, ordinò che fosse decapitato e dato in pasto ai cani e ai lupi. Felice fu torturato e, portato sul luogo scelto per il martirio, soffiò su una quercia secolare sradicandola e provocando anche il crollo di un altro tempio pagano, che sorgeva lì vicino. Il suo corpo, abbandonato alle bestie non venne, da queste, toccato. I fedeli decisero di seppellire il corpo del Santo sul luogo del martirio e, molto probabilmente, edificarono un primo tempietto che successivamente fu trasformato nell’attuale chiesa. Oggi, le reliquie di San Felice, sono raccolte in un’ urna in alabastro e conservate in una botola, sotto ad una grata, nella cripta del duomo di S. Matteo. In verità, un primo documento, che attesta l’esistenza di questa chiesa, è del 1045, in cui si asserisce di un suolo in località “strectula”, nel monte “super ecclesia sancti felicis”. Un’altra documentazione, del 1057, del Codex Diplomaticus Cavensis, afferma che donna Teodora, concesse al presbitero Romualdo, la chiesa di San Felice, “in loco Felline in pertinentiis Salerni”. Un riferimento, alquanto importante, è del 1062, dove l’arcivescovo Alfano, donò al principe Gisolfo, una rocca ed altri terreni, situati sul Monte Bertoniano, commutandoli con la chiesa di San Felice, “in cacumine montis Salerni”. Nell’anno 1092, viene donata all’Abate di Cava dal signore Gregorio di Capaccio, infatti è ricordata in vari documenti dell’Index Chronologicus Pergamenarum” della Badia di Cava, del 1157,1302,1307. L’incuria, nel corso dei secoli, lasciò la chiesa sempre più in disfacimento finché, il 15 ottobre del 1811 fu ammessa alla parrocchia di Santa Croce. Ridotta a rudere, con gli oltre 3000 mq di terreno circostante, venne acquistata nel 1958 da Diograzio Consulmagno, un italo-americano residente a Boston. Questi la donò alla Curia Arcivescovile di Salerno retta allora da S.E. Mons. Demetrio Moscato. Nel 1960 l’armatore salernitano Antonio D’Amico provvide a sue spese, a far restaurare completamente l’antica chiesetta, ed il 1 aprile del 1961, riottenne tutti i suoi paramenti sacri e la campana, durante una manifestazione che la restituiva, come parrocchia, al culto dei cittadini. Grazie anche ad uno dei parroci storici di questa comunità,don Luigi Zoccola, questo luogo è stato per molti anni un importante tempio della cristianità. L’ingresso principale è sormontato da un archivolto ad ogiva. In asse, con il portone d’ingresso, vi sono due monofore ed un oculo e sul colmo un campanile con due aperture. All’esterno si possono ammirare motivi decorativi longobardi, con mattonelle messe a forma di triangolo ed un rosone realizzato con conci di tufo grigio. Sul portale d’ingresso prima dei restauri si poteva notare un arco romanico a tutto sesto, che oggi è coperto da intonaco, e sotto appare l’ogiva gotica. All’esterno i muri longitudinali sono rafforzati dai contrafforti. Tracce di lavori risalgono al 1000, al ‘400 ed al ‘700. L’interno è a due navate, una centrale e una minore. Il tetto della navata centrale è a mezze capriate lignee, la navata minore presenta il tetto a mezze capriate. Le due navate sono divise da due arcate a tutto sesto. In realtà, sembrano essere state generate dalla fusione di due cappelle attigue tra loro, realizzate in epoche diverse. La più antica, risalente al IX secolo, è rivolta a mezzogiorno e comprende una piccola sagrestia, costruita con pietre di fiume alternate a mattoni; la seconda è successiva di circa un secolo. Le absidi dei due ambienti sono affiancate e sono raccordati da un arcone centrale. L’abside minore, occultata per lungo tempo da un altare che è stato eliminato, mostra tracce di affreschi. Altri frammenti di affreschi sono nella lunetta del portale esterno, ad ovest. Sono affreschi di scuola salernitana, del primo decennio del XV secolo e sono stati attribuiti alla stessa mano della Pietà della chiesa dei santi S. Crispino e Crispiniano, oggi conservata nel Museo Diocesano di Salerno ed alla Madonna di Vallo della Lucania. La navata maggiore presenta altri affreschi, all’interno di una riquadratura di stucchi e finte colonne, che raffigurano: l’Eterno Padre, nel cupolino dell’abside, la Madonna della Misericordia e San Felice. In particolare, la Madonna della Misericordia è attribuita al grande pittore salernitano Andrea Sabatini. Quest’ultimo, detto anche Andrea da Salerno, fu il massimo esponente dell’arte salernitana del XVI secolo, e mediatore dell’arte di Raffaello. La Madonna della Misericordia di San Felice è stata paragonata alla Madonna delle Anime Purganti del Polittico di Buccino, conservata nella Pinacoteca Provinciale di Salerno. L’opera è datata al 1512 e secondo il Bologna presuppone un soggiorno romano dell’artista. De Dominicis, affermava, che Andrea Da Salerno avesse un’ esperienza giovanile preraffaellesca, ed aveva contatti con Cristoforo Sacco e Cesare da Sesto. Dal mese di giugno 2021, la soprintendenza ABAP, ha iniziato dei lavori di messa in sicurezza e di restauro del campanile. San Felice in Felline, un tempio della fede cristiana del periodo longobardo, che va tutelato in ogni sua parte, anche un piccolo frammento, rappresenta un’importanza storica, che è la cultura medievale della città di Salerno. La storia, va restaurata, e mai abbattuta, in quanto rappresenta le nostre radici, le nostre origini, che il tempo e l’uomo, non potrà cancellare.