Archi, corde e flauto per la seconda serata dei Concerti d’Estate di Villa Guariglia che incontrano la Salerno Classica di Francesco D’Arcangelo. Sul Belvedere di Raito, riflettori accesi a partire dalle ore 21 sulle più belle colonne sonore del nostro cinema.
Di Olga Chieffi
Dopo le emozioni, i colori e i suoni delle prime parti della prima serata impreziosita dai Quartetti d’archi proposti di Mozart, Rota e Vivaldi, tre quartetti d’archi, tre dialoghi tra strumenti ad arco di alto impegno intellettuale e sentimentale, da cui emergono le individualità di tre compositori, da Wolfgagng Amadeus Mozart, a Rota , a Zemlinsky, chiuso con un bis per il quale i quattro musicisti hanno eseguito dei temi di Ennio Morricone, il XXVI cartellone dei Concerti d’estate di Villa Guariglia, stasera, alle ore 21, propone, appunto, un omaggio al cinema con l’Oscar Movie ensemble , composto da affermati musicisti già prime parti di importanti orchestre italiane: Alessandro Marino (violino), Eduardo Caiazza (viola), Maurizio Mautone (chitarra), Mauro Navarra (flauto e direzione musicale e artistica) e Francesco D’Arcangelo (violoncello). Il programma è incentrato sulle colonne sonore dei compositori più noti della musica da film del panorama italiano: Morricone, Piovani e Rota, inglobando attraverso un percorso non soltanto cronologico i grandi temi musicali legati al cinema o alla commedia musicale che hanno ricevuto riconoscimenti e premi Oscar in ambito mondiale. La serata principierà sulle note di Charlie Chaplin Charlie Chaplin è stato il più grande tra i grandi che hanno potuto permettersi la schermata “Scritto, diretto e interpetrato da” in apertura del film. Ma l’Oscar non lo ha vinto in nessuno di questi ruoli: lo ha ottenuto, invece, come compositore, nel 1972, per la colonna sonora di Limelight (peraltro uscito vent’anni prima ma rimasto lungamente oscurato negli Stati Uniti per via del maccartismo). Infatti, e questo è un caso assolutamente unico, egli poteva aggiungere a questa già invidiabile centralizzazione di ruoli “musiche di Charlie Chaplin”. Si procederà con la parte più intima e delicata di “Nuovo Cinema Paradiso” forse, la meno conosciuta della scena finale, che è stata modificata nella versione completa e ha perso la sua natura interiore. Immaginiamo, quindi, il suono del flauto di Mauro Navarra che potrà esprimere la resurrezione di speranza e gioia e l’inversione del tempo che è alla base di “Gabriel’s Oboe”, tema sfruttatissimo di Mission, firmato da Ennio Morricone, che grazie alla conversione di De Niro può finalmente scorrere senza paura, con gli archi a rivelare un incastro di ritmi, solo apparentemente semplici. Si passerà quindi alla Amapola di “C’era una volta in America”, un brano, (nel film è eseguita dal clarinetto “ministeriale” dal suono inimitabile di Gianni SaintJust), e a un omaggio alla musica di Nino Rota. L’amico magico, nel corso della sua lunga carriera, collaborò con numerosi registi di fama internazionale come Luchino Visconti, King Vidor, Eduardo De Filippo, Mario Monicelli, René Clément, Franco Zeffirelli e in particolare Federico Fellini, per il quale compose le colonne sonore di quasi tutti i film tra i quali “La strada”, “8½”, “La dolce vita”, “I vitelloni” e “Amarcord”. Non solo Fellini per l’Oscar Movie. Il Gattopardo, meraviglia cinematografica da ogni punto di vista, con la regia di Luchino Visconti è datato 1963. Il regista per questa pellicola chiese una sinfonia originale che contenesse i temi principali del film. Alla fine, scelta cadde su vecchie composizioni del musicista, che raccontando diversi momenti della storia ne rimarcavano l’atmosfera e lo spessore delle immagini. E chi può dimenticare la scena del valzer? O quella de Il Padrino (primo film 1972, di Francis Ford Coppola), è una colonna sonora diventata ormai un capolavoro assoluto della storia del cinema. Tra le più famose, è ancora oggi oggetto di interpretazioni in tutti i generi musicali. Il brano I Have But One Heart cantata da Al Martino è nell’intimo sentire di tutti noi. Don’t Cry for Me Argentina è un brano musicale composto nel 1976 , su testi di Tim Rice per il musical Evita. È il brano più noto dello spettacolo, e una delle più famose canzoni dell’autore. Originariamente intitolato It’s Only Your Lover Returning, prima che Rice scegliesse il titolo definitivo, Don’t Cry for Me Argentina viene intonato dalla protagonista nel secondo atto, quando Evita parla alla folla dal balcone della Casa Rosada. La melodia tuttavia appare frequentemente, spesso per pochi istanti, durante lo spettacolo. Inoltre, in un diverso arrangiamento, costituisce la prima parte del brano Oh What a Circus, cantato da Che all’inizio dello spettacolo. Artista visionario, Astor Piazzolla ruppe la barra del conformismo musicale e cacciò gli squali con la stessa pugnacità. Davanti al grande oceano blu della tradizione si compie la sua rivoluzione che conosce marosi e giorni pieni di sole. Piazzolla ha dedicato la vita e un’energia illimitata a fare uscire il tango dalle sale da ballo per condurlo in quelle da concerto. Nessun rispolvero ma una trasformazione culturale: produrre un tango da ascoltare elevando il valore artistico di questa musica urbana, nata alla fine del XIX secolo. La rivoluzione lo aveva condotto al “Tango Nuevo”, aveva spezzato l’economia restrittiva e codificata del genere per aprirlo a nuove proposizioni. Ma reinventare i codici estetici ha un prezzo che Piazzolla paga caro al suo Paese, in cui dimora incompreso per sempre, e alla sua famiglia, che lascerà per proseguire una ricerca progressiva e incessante. Da “c’era una volta in America” dove un padre regala al bambino il bandoneón, tracciando per sempre il suo destino. E a quel padre, Vicente Piazzolla, immigrato italiano che lo inizia al tango, anni dopo l’artista scriverà un ‘requiem’ (“Adiós Nonino”). Al suono gagliardo del bandoneón, incarnazione virile del genitore, risponde un violino inconsolabile, versamento lirico che testimonia l’innovazione melodica del figlio. Historia de un amor da “La finestra di fronte”, passando ancora per l’Ennio Morricone che restituirà al pubblico un ritratto vivido, a tutto tondo, passando abilmente dall’attenta analisi dell’opera musicale, ai rapporti umani e professionali che l’artista ha costruito nelle sue numerosissime collaborazioni. La scaletta racchiude le melodie più amate, da “Metti una sera a cena” ad “Addio a Cheyenne”, da “C’era una volta il West” a “Per un pugno di dollari” e ancora le melodie lunghe e spiegate di “C’era una volta in America”, “La leggenda del Pianista sull’Oceano”, “Nuovo Cinema Paradiso”, l’assolo di Mission, “Il buono, il Brutto e il cattivo”, l’Estasi dell’Oro”, gli Oscar negati, nell’incessante ricerca del suono puro, che costituisce la costante morriconiana per eccellenza, quasi fosse essa stessa pedale, bordone, soggiacente l’azione e la vita dell’artista, trait’ d’union delle sue formule espressive e delle sue necessità, dall’attenzione all’orchestrazione, raffinatissimo apparato idiomatico-linguistico, alla libera esplorazione di generi e soluzioni musicali apparentemente in contrasto. Nell’anno celebrativo di Massimo Troisi, non poteva mancare il tema de’ Il Postino, di Luis Bacalov, per chiudere nel segno dell’eterna rumbetta di “Life is beautiful that way”.