di Andrea Pellegrino
Un pasticcio alla Marino. Anche sotto il profilo della comunicazione pare che negli ultimi giorni il governatore della Campania abbia perso colpi. Le sue battute ad effetto in stile Crozza, fondamentalmente, non attirano più il popolo campano e negli ultimi giorni hanno lasciato spazio, soprattutto sulla vicenda politica e giudiziaria in corsa, alla verità. Le bugie hanno le gambe corte. E così è stato. A partire dalla motivazione sulle dimissioni di Nello Mastursi per finire all’inchiesta che lo ha coinvolto direttamente. Vincenzo De Luca sapeva tutto. Ed è lui stesso ad ammetterlo pubblicando la carta a firma del suo legale. Eppure, nella giornata di lunedì, all’atto delle dimissioni del suo fido collaboratore, dall’ufficio presidenziale era stata diramata questa dichiarazione ufficiale: «le dimissioni sono legate al doppio incarico di Mastursi». Ossia quello di capostaff e quello di capo dell’organizzazione del Pd campano. Una motivazione che è durata il tempo delle prime verifiche che hanno poi portato alla luce la verità, ossia all’inchiesta romana. Uno scivolone, firmato dall’ufficio stampa regionale e dettato, con molta probabilità dallo stesso Vincenzo De Luca. Che, nonostante l’inchiesta e nonostante la sua conoscenza dei fatti, anche nella giornata di martedì ha alzato il suo muro di omertà, smentendo praticamente tutti e lasciando attorno ad un tavolo i suoi consiglieri di maggioranza desiderosi di conoscere i dettagli dell’inchiesta che ha tutti i tratti nazionali. Un castello, quello di Vincenzo De Luca, che si è smontato ieri quando a termine di una (non) conferenza stampa ha pubblicato l’atto finale: la richiesta, inoltrata al procuratore di Roma, di essere ascoltato. Atto datato 29 ottobre. Insomma non lunedì. Un comportamento (sotto il profilo della comunicazione) che rimanda all’ex sindaco di Roma Ignazio Marino. Proprio quello che De Luca aveva contestato durante una sua consueta apparizione televisiva e di cui aveva chiesto le dimissioni.