Lucidità, cinismo e poesia sono le scialuppe di salvataggio a cui si affida nella sua quotidianità di “condannato a vita”.
Vincenzo Sica
Tutti i libri sono da salvare perché in un libro c’è amore, storia, passione, formazione c’è vita. Un libro che mi ha colpito e mi è rimasto nel cuore è quello di Mina Welby una storia di dolore, ma significativa, ricca di valori e d’amore verso il suo compagno di vita molto drammatica ma essenza della vita trascorsa insieme, nel bene e nel male, “Lasciatemi morire “ di Piergiorgio Welby. “Non supererà i vent’anni.” È la sentenza del medico che, nel 1963, diagnostica a Piergiorgio Welby la distrofia muscolare progressiva. Ma si sbaglia. Piergiorgio attraversa gli anni Sessanta e Settanta abbandonandosi a ogni sorta di eccesso per dimenticare il proprio destino. Si sposa e aspetta, la fine, che non arriva. Negli anni Ottanta perde l’uso delle gambe. Poi l’ultimo stadio: insufficienza respiratoria. Va in coma. Si risveglia nel reparto rianimazione dell’ospedale Santo Spirito, tracheostomizzato, immobilizzato. Da allora respira con l’ausilio di un ventilatore polmonare, comunica mediante un computer. Soffre. E chiede il diritto di morire. Anche in un appello diretto al presidente della Repubblica, il 22 settembre 2006. Lucidità, cinismo e poesia sono le scialuppe di salvataggio a cui si affida nella sua quotidianità di “condannato a vita”. “Ma vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. […] Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche”. Nella sua prefazione la sintesi delle sensazioni della vita reale indiscussa, come può essere un libro un’ emozione una sensazione che porti dentro nell’anima.