Aldo Primicerio
Noi la sentimmo nascere nel 1956. Non possiamo scrivere la vedemmo perché, tranne rare eccezioni, i televisori nelle nostre case apparvero solo qualche anno dopo. Ci riferiamo alla canzone con cui Renato Carosone fece il giro di tutte le radio del mondo. Fu la versione napoletana del mito degli Usa, il ritratto ironico di un giovane che si atteggia a yankee, e desidera imitare lo stile di vita statunitense contemporaneo. E qui è inevitabile l’impatto con il ricordo di Alberto Sordi e del suo indimenticabile Un americano a Roma, che nei cinema precedette Carosone di due anni, nel 1954.
Ma perché oggi titoliamo con il tormentone di Renato?
Da qualche anno da noi è diventata ancora più forte l’influenza americana
Infatti ha cominciato a propagarsi già allo sbarco degli alleati, ad Anzio soprattutto, ed a Salerno. E sì. questa città, dopo essere stata, con la Schola Medica, per qualche secolo capitale della medicina nel mondo allora conosciuto, intorno al 900-1000 d.C., è stata anche teatro dell’arrivo degli Alleati, e informalmente persino capitale d’Italia dall’11 febbraio all’agosto 1944. Già da quei giorni gli Usa, e la Nato, assunsero una doppia faccia, quella di forza militare intergovernativa, ma anche strumento di controllo Usa su buona parte dell’Europa. Perché – tranne Francia e Regno Unito – le armi tattiche nucleari americane oggi sono presenti in Italia, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Turchia. Un esempio del controllo? Ricordate l’attentato al gasdotto Nord Stream 2, realizzato per trasportare il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale, attraverso il Mar Baltico? Chi lo distrusse? Non si sa ancora. Fu arrestato in Italia un certo Serhii K., un ucraino di 49 anni sospettato di far parte del gruppo di sabotatori. Ma tutto resta ancora un mistero. E ricordate cosa dichiaro l’allora presidente Biden? “Se la Russia invade l’Ucraina non ci sarà più nessun Nord Stream 2”. Una velata anticipazione? Insomma gli Usa non si sono mai smentiti nel loro imporsi come Empire of good, Impero del bene pubblico. Facendolo, come sappiamo, sempre con spregiudicata violenza contro chiunque non rispettasse la loro sudditanza.
Ma l’influenza americana ben al di là della potenza economica e militare: fu ed è soprattutto culturale
Infatti – come ben scrive Alessandro D’Ambrosio sui blog quotidiani – dagli Usa abbiamo importato tutti i simboli della loro cultura. Innnzitutto quelli del cibo, purtroppo il junk food di McDonald’s, Burger King. E poi il cinema. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma da decenni osanniamo i miti di Fred Astaire, Clark Gable, James Dean, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Greta Garbo, Cary Grant, Hunphrey Bogart; Charlie Chaplin, James Stewart, Paul Newman, Charlton Heston, e poi tutti gli altri fino ad oggi, che non citiamo perché esauriremmo lo spazio che abbiamo. Per non parlare della musica americana, con i suoi grandi miti del jazz, del country, del folk. E vogliamo fare silenzio sulla rivoluzione informatica, sui personal computer, su Internet, sui social network? Tutto sempre da lì, dal Paese a stelle e strisce, tutti simboli che hanno invaso l’UE e l’Italia con “delicata violenza” e “garbata aggressività”. Ed ora, con Donald Trump un deciso peggioramento. Con la guerra dei dazi, la rivoluzione dei mercati, il pompierismo di questo folle, e spesso sciocco, visionario che vuole ridurre tutte le importazioni per favorire la rinascita della produzione manifatturiera nel Paese. Ha una logica tutto questo? Per nulla. Non ha alcun fondamento in economia, secondo cui vale invece il vantaggio che tutti dal libero commercio traggono in un mercato libero ed aperto.
E noi in Italia? Dove un presidente del Consiglio “trumpeggia” a tutta forza, spingendoci ad annuire al biondone come il pupazzo del cagnolino in auto?
Tutto questo, infatti, mentre il consenso degli italiani verso il primo presidente-donna nella storia resta sostanzialmente intatto. Domanda: è veramente nostra intenzione diventare americani? Davvero siamo d’accordo che il nostro Paese, da sempre fondato sulla tutela e la cura del cittadino in perfetta equità, ci garantisca le cure solo se abbiamo i soldi in tasca? Davvero vogliamo abbandonare il welfare, lo Stato sociale, distruggere la sanità pubblica, i principi di eguaglianza di fronte alla giustizia, le tutele sul lavoro, la libertà di espressione che da noi si vuol reprimere con bavagli e minacce? Davvero lasciamo stravolgere la nostra Costituzione da baristi improvvisati politici? Davvero vogliamo diventare una colonia americana, un Paese che dice sì all’individualismo sfrenato, al turbocapitalismo, a questa immondizia del neocapitalismo? Sappiamo o no guardarci indietro? E ricordarci che siamo stati la repubblica e l’impero che dominò il mondo? Che, con la Grecia e poi con la Francia dopo la rivoluzione, siamo stati la culla della democrazia, della filosofia, del barocco e poi illuminismo e romanticismo? E che gli Stati Uniti non erano neanche nella mente di nostro Signore, e che non sarebbero mai esistiti se non li avessimo colonizzati noi con spagnoli e portoghesi? Vogliamo rinnegare la storia? Che ha le radici per comprendere le radici del presente, che serve a costruire la nostra identità per non ripetere gli errori del passato, ed a saper guardare al futuro? Ma che ne sa Trump di tutto questo. Lui ha studiato solo a cosa servono i soldi. Altri, ad es. quelli di casa nostra, sono peggio, perché non hanno studiato affatto
Attenzione al popolo. I cittadini osservano e stanno buoni. Ma se gli tocchi radici, storia, democrazia, libertà, aria che respirano, loro scendono in piazza
Trump pensa di essere lui il padrone del mondo, di imporre condizioni a tutti, di portarci alla guerra totale. E’ un ignorante. Lui (e con lui, Putin e tutti gli altri) non si rende pienamente conto che una guerra oggi distruggerà il pianeta. Polverizzando anche lui e le sue stupidità. E vi ci stiamo incamminando. Perché, come diceva il nostro grande Papa Francesco, la guerra c’è già, ma è ancora a pezzetti. E la prima avvisaglia di reazione è la Global Sumud Flotilla. Sumud è una parola araba che significa fermezza e resistenza. Che ha a che fare sì con azione, ma non è lotta armata. Per i palestinesi è un simbolo nazionale, una strategia, un valore culturale, insomma qualcosa che significa pace. Molti di noi la guardano con curiosità, ma anche con indifferenza: Ed invece è un primo segnale. Perché all’iniziativa partecipano 42 Paesi. Chi vi naviga sopra rischia la vita ogni minuto del giorno e della notte. Amiche, amici, stiamo vivendo uno dei momenti più brutti della nostra vita. Perché Israele, vuole impossessarsi della Palestina, altro che liberarla da Hamas. La ritiene la terra di nascita del popolo ebraico. I palestinesi invece sostengono che loro l’abitavano da sempre. Ed ora ne sono stati cacciati via. E’ una brutta storia che rischia di finir male. Di trascinarci in una guerra che può annientarci. Sappiate guardarvi intorno. Per informarvi, scegliete con attenzione la rete televisiva ed il suo telegionale. Oggi sono quasi tutti venduti e comprati dalla politica o dalle lobbies. Navigate con gli occhi aperti sui social. Lì c’è una libertà che sconfina nell’autarchia o nell’anarchia. Non rinneghiamo la storia, proteggiamo i valori della democrazia, della giustizia e della libertà, risvegliamo le nostre coscienze e andiamo oltre la politica. Restando uniti.





