di Michelangelo Russo
In una recentissima intervista di qualche giorno fa, il Presidente ha chiarito che il suo compito non è quello di verifica della legittimità di tutti gli atti del Comune, ma soltanto quello di assicurare la trasparenza degli atti. In pratica, sta là per mettere in rete tutto quanto fa l’amministrazione comunale. E’ giusto! Eppure, un mese fa, l’intervista d’insediamento di Tringali non era apparsa così autoriduttiva. Quell’intervista si può ancora leggere cliccando sul computer le parole “Tringali spina nel fianco”. Ne esce l’articolo del 17 ottobre di questo giornale a firma di Erika Noschese, in cui specificamente il Presidente Tringali rimarca il suo passato di magistrato a garanzia dell’impegno di trasparenza nel suo ruolo di controllore-spina nel fianco della Giunta. Ecco le sue parole: “Mi misurerò con le mie possibilità personali e con quelle della struttura che mi verrà assegnata, perché senza sarebbe difficile. Se qualcuno pensa di aver messo il fiore all’occhiello di questa amministrazione per lasciarlo lì, ci saluteremo”. Finora non ci sono stati saluti, per cui la “spina nel fianco” è, o ritiene di essere, in piena attività. E se ha solo un computer per lavorare, gli facciamo noi da struttura in attesa che gliene diano una. Gli suggerisco allora di occuparsi del problema del ripascimento delle spiagge salernitane, visto che è l’argomento di ripartenza per Salerno, come ha detto il Sindaco giorni fa. Dovrebbe perciò guardare gli atti di gara della determina dirigenziale n° 6029 del 29/12/2016 con la quale viene assegnato l’appalto del secondo stralcio dei lavori in favore di una ATI (associazione di imprese) che viene poi contestata fortemente dall’unico concorrente giudicato perdente. Non è una contestazione da poco. Il concorrente predetto, che è una grande impresa nella filiera degli inerti e calcestruzzi, accusa il concorrente aggiudicatario di avere detto il falso. Lo fa nel suo ricorso al TAR, in cui, oltre a dire che il disciplinare di gara non consentiva l’uso di sabbie di cava (ma il TAR gli dà torto su questo punto), documenta a pagina 3 la falsità dell’offerta dell’ATI vincitrice nel punto in cui la stessa offerta doveva essere corredata dall’attestazione del titolare della cava (da cui doveva essere estratta la sabbia) di poter fornire tutto il materiale (75 mila mc) necessario alla fornitura. Questa attestazione c’è, dice il ricorrente, ma è falsa. Falsa perché lo stesso ricorrente, dopo aver elevato le sue contestazioni al Comune dopo la sua esclusione, ottiene che il Comune medesimo, ravvedendosi, avviasse il 25/11/2016 il procedimento di esclusione del vincitore perché le due cave da cui doveva trarsi la sabbia non potevano effettuare (contrariamente a quanto dichiarato) la fornitura promessa. La prima cava perché poteva commercializzare solo 8.530 mc di sabbia, e la seconda perché era autorizzata alla sola lavorazione di materiale proveniente da terzi (cioè non può cavare nemmeno un ragno dal buco come attività estrattiva in proprio, ma può solo lavorare inerti, forniti da altri, per la frantumazione). Ma in questo modo non si può sapere da dove arriva la sabbia e che caratteristiche abbia! Nonostante queste premesse, lamenta il ricorrente, il Comune di Salerno ha assegnato l’appalto ugualmente al primo vincitore. Ne nasce il ricorso al TAR, che scrive una bella sentenza, molto accurata, che respinge i motivi di lamentela della ditta che ha perso l’appalto. Perché? Perché, dice il TAR, una sola cava aveva già la capacità di fornire tutta la sabbia, e cioè i 75.000 mc. Perché poteva estrarne 8.500 dal proprio sito di cava, altri 20.000 li teneva nel piazzale come giacenza, e il rimanente poteva estrarlo da un miglioramento fondiario su 12 ettari, in un fondo vicino, a cui era stata autorizzata la ditta dalla Provincia di Salerno il 10/06/2014. Purtroppo la sentenza del TAR (che è del 2017) non argomenta sulla falsa dichiarazione della cava non autorizzata, e non argomenta molto su questo particolare del miglioramento fondiario usato come cava. Infatti, il miglioramento di cui trattasi non è altro che un raschiamento del terreno, per non più di 50 centimetri. Il terreno di risulta può essere lavorato e commercializzato come sabbia da cava, e sulla quantità di prodotto ricavato il calcolo si trova, come segnala lo stesso TAR, per ritenerlo esente da altre autorizzazioni al suo commercio da parte del Genio Civile. Eppure una domanda sorge spontanea. Ma se l’autorizzazione al raschiamento era del 2014, e la partecipazione al bando di gara era di due anni dopo, e la ditta in questi due anni aveva lavorato con inerti e calcestruzzi, possibile che il lavoro estrattivo sia rimasto fermo, atteso che la stessa ditta di par suo poteva commercializzare solo 8500 mc? Praticamente quasi niente per quella cava. E il RUP, al momento di assegnare definitivamente l’appalto, fu sfiorato dal dubbio che il raschiamento fruttifero poteva essere già stato effettuato nei due anni precedenti alla gara, per cui quei 20.0000 mc giacenti nel piazzale della ditta non erano che il residuo di quei 63.000 di cui la ditta stessa aveva detto di poter disporre due anni dopo? Certo che il RUP poteva fare questo accertamento magari chiedendo lumi documentati sul fatturato negli ultimi due anni, per esempio. E poi il RUP doveva valutare anche l’opportunità di una segnalazione alla Procura per le sue decisioni sulla falsa attestazione di capacità produttive certificata dall’altra ditta, che non aveva nessuna autorizzazione a cavare sabbia. Il TAR, si ricordi, ha pure lui dato atto dell’inesistenza dell’autorizzazione. Questa vicenda è troppo importante perché l’Assessore alla Trasparenza possa ritenerla non rientrante nei suoi compiti. Se non altro perché il RIPASCIMENTO continuerà con i nuovi lotti. Tringali, dopo questo articolo, sono sicuro che prenderà i documenti della causa davanti al TAR che stanno all’Ufficio Legale del Comune. E se riscontrerà quanto ho detto dalla lettura dei documenti stessi, credo che, per giusto scrupolo di massima trasparenza, vorrà segnalare al Sindaco la necessità di inviarli al sig. Procuratore della Repubblica dr. Borrelli. Che segue molto la stampa, che io sappia.