Gremita, ieri, la Cattedrale di Salerno, in occasione della Solenne Celebrazione presieduta dall’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Andrea Bellandi e condivisa con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, guida della Chiesa Ortodossa, in occasione della Traslazione in città delle Spoglie mortali del Patrono San Matteo, avvenuta nel lontano 6 maggio 954. “Cristo è Risorto – ha esordito il Patriarca Bartolomeo I nella sua omelia – Rispondendo al cortese invito dell’amato fratello Arcivescovo, siamo giunti dalla città di Costantino, da Costantinopoli, dalle rive del Bosforo per gioire con voi, pregare e lodare Dio con una sola bocca ed un sol cuore e festeggiare la Traslazione delle Sante Reliquie dell’Apostolo ed Evangelista Matteo in questa città, avvenuta secondo la tradizione il 6 maggio dell’anno 954. La Chiesa in Oriente ed in Occidente ha sempre festeggiato fin dai tempi della Chiesa Nascente la traslazione dei corpi di santi, intravedendo in essa una particolare presenza della grazia santificante del Signore per una Chiesa locale. Questo paese, l’Italia, d’altra parte è santificato dalla presenza dei santi corpi di tre dei quattro Evangelisti, Matteo a Salerno, Marco a Venezia e Luca a Padova”. Sua Santità Bartolomeo, dunque, si è soffermato sull’insegnamento dell’Apostolo ed Evangelista Matteo, “pubblicano, un esattore delle tasse per conto dei Romani, uno che su questa professione costruisce la propria ricchezza di beni terreni e, nonostante sia inserito nel proprio ambiente giudaico, non è amato dal suo popolo. “Anche oggi la chiamata del Signore giunge in molti cuori, si manifesta a molti. Il suo invito è una promessa affidabile, è la premessa di una gioia fondamentale per i credenti, è la certezza di sentire un raggio di luce che ci illumina, è un amore che non ha confronto. Questa chiamata ci porta a quella mensa che accoglie, testimonianza dell’amore di Dio verso la creatura, prefigurazione del Regno. Alcuni anche oggi fanno lo stesso gesto di Matteo, si alzano e lo seguono, non si chiedono perché, ma vivono il dono della nuova vita e non ascoltano i farisei che giudicano la scelta – continua Sua Santità – Come mai egli mangia e beve in compagnia di pubblicani e dei peccatori? (Mc. 2,16). Non si lasciano sopraffare dal moralismo cieco, dalla legge vuota. Ma molti altri, troppi cristiani anche nella nostra epoca, spaventati dal giudizio del mondo, incapaci di superare il senso di colpa del peccato, preferiscono solamente osservare determinate norme di comportamento, ma non imitare il Signore. Non ascoltano quanto Gesù disse ai farisei: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (Mc. 2,17)”.
L’appello
Il Patriarca rivolge l’appello ad ognuno, affinché cambi radicalmente la propria esistenza, aprendo il proprio cuore a quel “seguimi”, “per poter essere sale della terra e costruire una terra nuova davanti alle tante sfide che il mondo moderno ci presenta, ma anche ai tanti pericoli che in questo periodo viviamo a livello globale, con conflitti e guerre che purtroppo nella loro continuità, riescono ad assuefare il nostro subconscio, a far accettare il tutto come una cosa inevitabile, a vedere troppi cristiani legati alla legge dei farisei, e non al movimento profetico di Cristo”. Bartolomeo I evidenzia come ciò che deve interessarci del Vangelo di Matteo, sia “la sua testimonianza ispirata che troviamo nel primo Vangelo canonico, di cui è considerato l’autore”. Il Vangelo di Matteo, “il più esteso dei Vangeli”, rappresenta “una continua dimostrazione di come la venuta di Gesù nella storia sia stata preannunciata e preparata nell’Antico Testamento e di come Egli porti a compimento le profezie”. Del testo, Sua Santità rimarca due importanti aspetti: “Solo in questo Vangelo, Gesù parla di ἐκκλησία – ecclesia, (Mt. 16,18 e 18,17), la Chiesa-comunità che è in armonia con le antiche Scritture, la città posta sul monte per essere luce del mondo, non più un luogo geografico, ma una comunità di discepoli, una comunità messianica a cui è affidato il Regno dei Cieli per tutti i popoli. E in questa comunità l’Emanuele, il Dio con noi, caratteristica fondamentale della sua teologia, manifesta l’abbraccio all’intera umanità”.