di Alfonso Conte*
Ormai archiviate le primarie per la segreteria provinciale come “una meravigliosa festa di popolo”, così definite dal funzionario di partito riconfermato in maniera plebiscitaria a svolgere tali mansioni, i dirigenti del PD salernitano si apprestano all’imminente elezione del segretario nazionale annunciando, uno dopo l’altro, il proprio pieno ed entusiasta sostegno a Matteo Renzi. E, benché tale scelta fosse ampiamente prevedibile, non è possibile evitare di ricordare come meno di un anno fa, in occasione delle primarie per scegliere il leader di coalizione, gli stessi esponenti si schierarono compatti contro il sindaco di Firenze, ritenendo che l’affermazione di Bersani avrebbe potuto agevolare l’accesso di Vincenzo De Luca ad incarichi di governo. Analogamente, in questi giorni, l’on. Bonavitacola, parlamentare da sempre vicino al sindaco di Salerno, ha motivato l’appoggio a Renzi sottolineando la presunta coincidenza delle idee del politico toscano con quelle espresse da De Luca negli ultimi vent’anni (“al di là della rottamazione”, ovviamente) e, ancora una volta, riproponendo implicitamente le ragioni di un’adesione strumentale, ossia il progetto di votare il candidato favorito per consentire al leader locale l’ambita e sospirata ascesa a livello nazionale.
Fin dalle prime apparizioni di Renzi, una mia amica salernitana si appassionò a quel programma di rinnovamento al punto che, in occasione della prima edizione della Leopolda, convinse marito e figlio a mettersi in auto ed a raggiungere Firenze per vivere da dentro quel coraggioso esperimento di partecipazione democratica. Una volta tornata, mi parlò con calore del clima che lì aveva respirato e dell’opportunità di contribuire a cambiare la classe politica italiana. Un progetto che, anche considerando quello che avveniva nella nostra città, ci entusiasmava e restituiva fiducia. In questi giorni l’ho incontrata e, molto più mestamente, mi ha detto: “Giunti a questo punto, l’unico cambiamento è che siamo diventati … deluchiani. Com’è potuto accadere? A me sembra di essere ancora sulle stesse posizioni …”. In realtà, tale esito paradossale è frutto soprattutto di tatticismi, di politica politicante, di parole staccate dalla realtà. Difficile dirsi renziani e deluchiani allo stesso tempo, sicché si evitano riferimenti a temi fondamentali, come la forma-partito (più o meno apparato) o il modello di governance (più o meno mercato), i quali più facilmente lascerebbero emergere la distanza delle posizioni, mentre si enfatizzano aspetti secondari (la comune esperienza di sindaci, tra l’altro condotte in modo diametralmente opposto in città molto diverse) per inventare la tesi della naturale convergenza.
In alcune giovani ed incompiute democrazie dell’Africa occidentale capita spesso che i partiti di opposizione, all’indomani delle elezioni, entrino nella maggioranza, secondo uno schema ormai noto agli elettori, i quali hanno battezzato il fenomeno con il termine “transumanza”. Lì, nel Senegal, nel Mali, l’allevamento del bestiame è una realtà ancora primaria ed il trapianto istituzionale imposto alle ex-colonie stenta a dare i risultati sperati. Una realtà lontana da noi. Eppure, quando ho visto i sorrisi impudichi degli esponenti del PD salernitano all’inaugurazione del Big Bang locale, di coloro i quali fino a qualche mese fa si mostravano irridenti rispetto a tale esperienza (gli stessi che nel 2006, come ha ricordato indirettamente l’on. Bonavitacola, si opposero ferocemente a De Luca per poi correre solo qualche mese dopo ad abbracciarlo e baciarlo con gli stessi sorrisi di oggi), anch’io ho pensato alla transumanza. Quasi certamente Renzi sarà il nuovo segretario nazionale e, chissà, forse questa volta De Luca ce la farà a trovare spazio come paladino di un nuovo meridionalismo e di un partito radicato sul territorio. Ma, scusateci, io e la mia amica questa volta restiamo a casa.
*docente universitario