di Salvatore Memoli
Mi capita spesso di ritornare con la mente alla Certosa di Padula. Un luogo dell’anima, un itinerario della mente e dello spirito, che resta un punto fermo della mia vita. Ero poco più di un adolescente quando ci siamo incontrati e da quando ascolto il suo messaggio di cultura, di arte e di Fede. La Certosa per me è essenzialmente un antico itinerario spirituale che richiama i certosini. Molti si fermano a visitare gli spazi interni, dall’accoglienza dei pellegrini, alle celle dei monaci, la cucina, i cori, il refettorio, la biblioteca, l’appartamento del Priore. Ma la Certosa parla anche di una vita quotidiana intensa, partecipata, fruttuosa, vissuta oltre gli stretti luoghi di culto. La Certosa era ed oggi resta memoria di una reggia, fatta di tante attività operose, produttive, che avevano rapporti con il mondo esterno. Si tratta di luoghi che nel loro insieme ci parlano di tante attività svolte con religiosa compostezza che fanno ancora della Certosa un punto alto di buona convivenza e di testimonianza della qualità della vita dei monaci e dei loro collaboratori.
Le attività produttive e commerciali nella Certosa erano molte ed ancora oggi è possibile ricostruirne la loro importanza.
Molti visitatori non si soffermano su questi luoghi che invece descrivono un quotidiano intenso ed un lungo periodo importante per i Certosini ed i territori, per le economie che mantenevano in vita tradizioni e mestieri che accrescevano il benessere del Cenobio. Il trappeto con i depositi dell’olio, i granai con il mulino, il caseificio con le grandi vasche in pietra monolitica per la preparazione dei formaggi, la neviera, la peschiera, le cantine con i mulini e il grande torchio, la fonderia delle campane. Si tratta di un complesso produttivo che aveva i suoi benefici anche per il pubblico, come la spezieria, su due piani, con spazi aperti a tante persone. Sarebbe interessante recuperarne le ricette. Qui uno speziale laico preparava medicamenti a base di erbe officinali coltivate in Certosa. In tanti ricorrevano a questi medicamenti della Certosa, come si racconta in memorie che riguardano la storia del convento francescano di Padula che ricordano la grande generosità dei Certosini.
Ai luoghi produttivi aggiungo il grande parco racchiuso dalle mura di cinta. Una realtà di circa venti ettari di terreno. Aveva molti usi. Intanto isolava i monaci dall’esterno, contribuendo a conservare quel clima di mistico raccoglimento che i monaci vivevano comunitariamente e da eremiti all’interno delle loro celle. Molti terreni venivano coltivati e producevano molti cereali ed ogni tipo di verdura. Il parco é stato sempre un luogo dell’anima dove mi recavo, da solo o con i miei amici, negli anni del liceo, illudendoci di avere spazi immensi solo per noi, dedicati ai nostri bisogni dell’epoca. Anche i monaci vi facevano le loro passeggiate che si chiamano spaziamento. Una realtà che permetteva a noi giovani di studiare, leggere un libro, forse anche dare quattro calci ad un pallone e coltivare tanti sogni adolescenziali che crescevano con forza tra mura gigantesche che proteggevano la nostra voglia di un mondo che ci aspettava.
Il parco era un Deserto per i monaci ma per noi giovani che recuperavamo una dimensione di silenzio non consona al nostro vivere ed alla nostra età, era una forza del posto che si offriva a noi con i suoi spazi e la sua storia, portandoci a vivere il sogno e la realtà, come privilegi di essere del luogo e di recuperare dimensioni che nel tempo sono rimaste chiuse in fondo alla nostra vita per sempre e positivamente.
Forse non siamo stati emuli dei grandi monaci ma di essi sentivamo la loro presenza, le loro vite impregnate di misticismo e di profonda semplicità.
É stato un privilegio vivere l’adolescenza con questi richiami fisici e spirituali dei certosini. Una ricchezza di valori che vivono ancora e che fanno vivere la grandezza della Certosa e dei Certosini. Padula ne é fiera di tanta testimonianza ed io spero che abbia la volontà di recuperare la cultura del modello Certosino che non é soltanto cultura degli spazi e dei visitatori. Nella Certosa vive ancora il silenzio claustrale, quel vivere operoso, intelligente, generoso, che ha caratterizzato gli spazi del Cenobio e che chi vuole può ritrovare, ascoltando quelle pietre e quei luoghi più che parlando o facendo rumore. Riscoprire quel silenzio, immaginare di sentire quei canti melodiosi, quelle orazioni di altezza elevate, quelle vite di preghiera e di generoso nascondimento, di operosità, di rinunce, aiuterà tutti a capire la lezione della religiosità che si vive tra quelle mura e da quelle mura vuole ancora parlare a tutti, come modello occidentale del monachesimo, di vita eremitica, di vita intellettuale e di vita fatta di gesti operosi, in grado di raggiungere risultati inimmaginabili regalati alla storia. Alzando gli occhi si é avvolti da un’onda di pace, guardando l’antico paese di Padula che silente, carico di storia, osserva e protegge con discrezione la vita del cenobio, caricandosi della sua stessa storia.
La Certosa, i Certosini e Padula sono il punto più alto e vibrante della mia adolescenza. Ripensare a questi luoghi rende la mia vita piena di ricordi e di sentimenti. Una porta che si apre al futuro.Un retaggio di bene che spero parlerà a molti ancora per tanti anni.