Questa sera, alle ore 19 presso la Galleria Tiziana Di Caro, vernissage del progetto dedicato all’artista
Di GEMMA CRISCUOLI
Se il visibile non è che una porta sulla percezione, la sfida di un’artista è rimescolare le carte di quello che sembra un gioco ormai prevedibile tra soggetto e oggetto. Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna, reinventa di continuo questa dialettica con un sistematico e ironico attacco alle categorie semantiche, come mostra la sua personale che sarà inaugurata oggi alle 19 presso la Galleria Tiziana Di Caro in Piazzetta Nilo 7 a Napoli. Questo progetto si presenta come una sorta di remake di due mostre personali entrambe intitolate Il Polistirolo e i ritratti analogici, dedicate all’artista nel 1972, la prima inaugurata a Roma a maggio presso Paesi Nuovi Art Gallery e la seconda inaugurata a Napoli a dicembre alla galleria Il Diagramma 32. Il polistirolo è per Binga motivo di fascino, proprio perché risulta estremamente arduo riconoscergli una dignità estetica. Un materiale considerato sempre accessorio, parte di un tutto ma incapace di rendere autonomamente ragione di quel tutto, diventa opportunità di ridefinire forme, volumi, prospettive. L’arte infatti si preoccupa di gerarchie di valori nel momento in cui può sovvertirle, come mostra l’ “Autoritratto”, in cui l’occhio e la bocca -tipicamente femminili, perché l’attenzione al genere e alle sue deformazioni è sempre viva in lei- che emergono dal bianco della superficie invitano a cogliere il dinamismo in oggetti all’apparenza invisibili. La scrittura desemantizzata, libera da codici perché intesa come energia vitale che si carica di sensi continuamente rimodulabili, occupa un posto rilevante nel percorso espositivo, dato il lavoro condotto da Binga negli anni, e le parti del corpo rimodellate, inquadrate in prospettive tutt’altro che convenzionali ricordano la carnalità del segno che sa inventare e rigenerare. Nei Ritratti analogici, infine, lavori bidimensionali in cui elementi corporei sono parte integrante di iniziali, la riconoscibilità si lega appunto alla funzione determinante del linguaggio. Nel momento in cui non esiste più diaframma tra corpo e altre forme espressive, anche l’atto del ritrarre diventa riscoperta delle felici ambiguità percettive di cui ogni segno può essere manifestazione. La mostra è visitabile fino al 4 marzo 2017 dal martedì al sabato dalle 15 alle 20 o su appuntamento.