di Alfonso Malangone*
Un’opera pubblica è un’infrastruttura realizzata da un Ente con i soldi di tutti e a beneficio dell’intera collettività. Per natura e finalità, dovrebbe essere priva di qualsiasi anomalia, raggiro, distorsione, ed esprimere l’onestà progettuale, tecnica, economica e finanziaria di coloro che partecipano alla sua esecuzione. Sappiamo, purtroppo, che non sempre è così. In ogni caso, è ben naturale che sia consentito ai cittadini di esprimere un personale giudizio critico sull’opportunità, qualità e utilità di un qualsiasi lavoro pubblico in funzione delle differenti visioni che normalmente coesistono nelle Comunità veramente libere e democratiche. Capita spesso, però, soprattutto quando le dichiarazioni contrarie sono prive di oggettive motivazioni, che le contrapposizioni vengano assorbite ‘naturalmente’ dalla politica e che siano improvvidamente coinvolti addirittura i comuni cittadini intervenuti per esprimere un giudizio in perfetta buona fede. Del resto, si sa: come tutti i salmi finiscono in gloria, così tutti i contrasti finiscono in politica e, talora, pure in caciara. Questo, in Città, è avvenuto più volte. Non è certo il caso di intrattenersi. Sta di fatto che, quando il primo Giugno è stata inaugurata la nuova spiaggia di Pastena, al giubilo di alcuni per la nuova Città Caraibica, si sono contrapposti i dubbi di altri che, dopo aver messo i piedi sull’arenile, ne hanno denunciato l’impraticabilità per la sostituzione della sabbia originaria con ‘grossolano’ pietrisco, neppure ben sminuzzato. Da allora, le certezze dei primi sui pregi dell’opera si sono scontrate con le critiche dei secondi ai quali, mancando di fornire idonee giustificazioni, è stato contestato di agire in ritardo, con esclusivo e inconfessato fine politico, con strumentale ‘mala fede’ e, addirittura, con ‘disonestà intellettuale’. Anche perché, tra il gruppo dei dissidenti, c’è stato chi ha sollecitato l’intervento della Magistratura e la chiusura dell’arenile per potenziali pericoli di inquinamento a danno della salute pubblica. Di fatto, la contrapposizione si è trasformata in un forte contrasto, spesso imbottito di osservazioni generiche frutto, probabilmente, di una insufficiente conoscenza dei fatti. Per questo, è giusto approfondire per tentare di fare un minimo di chiarezza. Secondo le norme tecniche, il ripascimento degli arenili può essere realizzato con materiali di diversa natura riconducibili, in concreto, a quattro principali elementi: la sabbia dunale o di spiaggia, la sabbia di mare di profondità, la sabbia di fiume, il pietrisco di cava. Quindi, pure il criticato pietrisco fa parte del ‘gioco’ e un arenile fatto con il brecciolino è da considerarsi del tutto regolare. A condizione, ovviamente, che sia rispettoso delle disposizioni di legge e delle prescrizioni della gara di appalto. Domanda semplice: “chi deve controllare questo rispetto?” Certamente l’Ente Pubblico, tramite il Responsabile Unico di cantiere, e la Soprintendenza, che in materia ha compiti ben specifici. Ovviamente, in assenza di motivati rilievi ufficiali, un’opera pubblica deve essere giudicata al di sopra di ogni sospetto e a nulla possono servire le denunce di presunte criticità, pur se accompagnate da foto e filmati con una trivella in azione. Detto questo, appare indubbio che per la spiaggia di Pastena sia accaduto qualcosa di anomalo. Si è letto, infatti, che il tecnico responsabile del cantiere, nel corso di una seduta della Commissione Urbanistica, avrebbe riconosciuto la difformità del pietrisco steso sulla sabbia rispetto alle disposizioni fornite dal Comune nel Capitolato di Gara. Non solo, avrebbe anche dichiarato che la spiaggia è priva di collaudo e, cioè, di una verifica della sua idoneità all’utilizzo. In sostanza, le osservazioni ‘di pancia’ formulate da alcuni cittadini avrebbero trovato una conferma oggettiva addirittura nelle dichiarazioni di un esperto non di parte, ma di controparte. A questo punto, sarebbe doveroso chiarire in cosa non siano conformi i ciottoli ‘sfrantummati’, dando per scontato che il pericolo per i bagnanti possa essere circoscritto alle piante dei loro piedi. Ora, poiché sull’argomento nulla è stato detto di concreto, né il tecnico ha approfondito i punti della sua ‘confessione’, salvo errore, può essere utile andare a leggere direttamente il bando, per capirci qualcosa. Così, sul portale del Comune si legge che il ripascimento dell’ambito 2, dal Polo Nautico all’Irno, è stato messo a gara per l’importo di 38.246.133,55, + IVA e oneri, con riferimento ad una prima parte di lavori e con la possibilità di affidare all’impresa vincitrice opere residue per 17.466.054,44, + IVA. L’appalto è stato assegnato al Consorzio Infratech Scarl che, per la prima parte, ha proposto un ribasso del 26,414% a 28.175.790,27 euro, + IVA. Sul portale, sono poi elencati i documenti legali e tecnici e, tra essi, gli indispensabili Elaborati Progettuali dell’opera. Perdinci! Cliccando su questi, si ottiene in risposta una pagina del sito ufficiale del Comune con su scritto: “PAGINA NON TROVATA”. Possibile? La riprova conferma. Anche la ri-riprova. Cioè, nella Città della Trasparenza, non sembra sia consentito ad un semplice cittadino di accedere ad un elaborato importante dell’appalto. Sono presenti, invece, altri documenti nei quali è scritto che all’offerta della ditta vincitrice sono stati assegnati 97,701 punti e che, sui 100 massimi, sarebbe stato possibile averne fino a 20 con la fornitura di sabbie marine in alternativa a quelle da cave terrestri “come previsto in progetto”. Cioè, il pietrisco era da progetto, ma si poteva sostituire vantaggiosamente con la sabbia. Quanto a natura e dimensioni dei sassolini, c’è una risposta fornita dall’Ufficio Comunale al quesito n. 3 di una ditta partecipante alla gara: “(la ghiaia) deve essere di natura calcarea o silicea, inalterabile all’acqua ed al gelo, proveniente da cave idonee. Sono da considerare compatibili solo i materiali la cui curva granulometrica rientri nei limiti dimensionali indicati nella tabella precedente (?) e con frazione passante al diametro 0,25 mm pari massimo al 10%, di cui frazione fine (< 0,125 mm) non superiore al 5% (percentuali in peso)”. Ci vuole un tecnico, ma sembra di capire, salvo ogni errore, che le misure minime siano residuali, cioè appena il 10%. Eppure, l’Intelligenza Artificiale dice che i valori ottimali variano da min. 0,2 a max 0,5mm e che, comunque, il materiale di cava deve essere simile a quello nativo della spiaggia. In verità, lo dicono anche altri. Per tutto questo, a parte giuste spiegazioni sulla inaccettabile mancata conformità del pietrisco rispetto al progetto, sarebbe doveroso per il tecnico rispondere ad alcune ovvie domande. La prima: “è stata offerta la sabbia dalla ditta vincitrice?” Poi: “visto che la spiaggia non è stata realizzata in un giorno, e neppure in sette, perché la denuncia è stata fatta in ritardo?” Ancora: “perché la spiaggia è stata aperta senza collaudo, sia pure parziale?” Di fatto, anche la Soprintendenza dovrebbe dire qualcosa su tutto questo. In assenza di riscontri, se ancora fosse in vita, il Ministro Churchill dichiarerebbe certamente che il ripascimento dell’ambito 2 è “un rebus avvolto in un mistero all’interno di un enigma”. Ma, non c’è più. Comunque sia, la questione più importante è un’altra. L’opera costerà, a base gara, un totale di € 55.712.187,99, + IVA, per un tratto di spiaggia di 1.200 metri di lunghezza. Non solo. Facendo salvo ogni errore, tutti e quattro gli ambiti progettati per i circa 6,5 chilometri di costa da risanare, al netto di porti, scogliere e altro, potrebbero arrivare a costare fino a 180milioni di euro, se non di più. Una cifra che sembra sconveniente se, alla fine, la maggior parte delle spiagge sarà una distesa di ghiaia chiusa, a mare, da un muro di massi e pietre. Gli ambiti 2 e 3 sono già così. A Rimini, un maxi-intervento su un tratto di oltre 11 chilometri, che ha interessato sette località, è stato completato al costo di 19,5milioni di euro. Non hanno fatto le barriere soffolte, è vero, ma hanno usato la sabbia sottomarina. Chi oggi definisce attraenti le nostre spiagge, attuali e future, lodando la Salerno Caraibica o Monegasca o ‘Dubaiana’, dovrebbe comprendere che i turisti possono pure sopportare un fondo ‘doloroso’, il primo giorno, ma che nel successivo saranno già in viaggio verso luoghi ‘morbidosi’, come quelli. Quanto ai cittadini, beh, se ne devono per forza fare una ragione. *Ali per la Città P.S.: si fa salvo ogni errore e si auspicano rettifiche.





