Speciale a cura di Salvatore Giordano
1) IL CORBARINO, FONTE DI BENESSERE – Sono innumerevoli ed ignote ai più le proprietà del rinomato pomodoro di Corbara
CORBARA. C’è da scommetterci: tutti gli occhi, e i palati, saranno per lui stasera al borgo Sala di Corbara, per l’VIII edizione di “Corbara e il Corbarino”. E non potrebbe essere altrimenti. Perché il pomodorino di Corbara, o Corbarino, è molto più di un semplice ortaggio: è fatica, capacità di resistenza alle intemperie ed alla siccità; è gusto; è una risorsa – per i corbaresi e non solo -, preziosa alleata della salute. Questa bacca piriforme dal caratteristico sapore agro-dolce è frutto di un vero e proprio processo di selezione naturale: cresce alle pendici dei Monti Lattari, a Corbara e in pochi paesi vicini, in un ambiente impervio e al contempo incredibilmente fertile, dove il terreno è pregno di fosforo, potassio e materiali piroclastici, costituenti il substrato ideale per lo sviluppo della vegetazione. Lo strato di lapillo, in particolare, riveste un’importanza vitale, fungendo da drenaggio e riserva idrica. Il Corbarino è non a caso noto come “il figlio del sole e del fuoco”, a significare che viene coltivato in asciutto, alimentato dalle sole piogge autunnali e primaverili, e che usufruisce della benefica presenza nel sottosuolo dei numerosi minerali di origine vulcanica (il “fuoco”). E forse è proprio la straordinaria capacità di adattamento la ragione delle indiscusse proprietà nutritive di questo ecotipo, che presenta un elevato contenuto di vitamine “A” e “C”, sali minerali e sostanze antiossidanti, quali i carotenoidi, licopene in particolare. Una curiosità: il Corbarino è componente essenziale degli “spaghetti alle vongole fujute”, conferendo al piatto un inconfondibile profumo di mare pur in assenza di vongole; questo perché il pomodorino assorbe l’aspro salmastro portato dai venti dal mare della vicina Costiera amalfitana. Ma l’aspetto più sorprendente del piccolo grande pomodoro di Corbara è senz’altro la sua azione di inibizione e prevenzione delle patologie, che risulta comprovata da dai più recenti studi scientifici. Il celebre oncologo corbarese (naturalizzato statunitense) Antonio Giordano, direttore dello “Sbarro Institute of Philadelphia”, è riuscito, infatti, a dimostrare “in vitro” l’attitudine del Corbarino a rallentare la duplicazione e a contrastare la migrazione di una linea cellulare di cancro gastrico.
Si tratta, dunque, di un prodotto unico, che è meno rinomato ma non meno valido – quanto a caratteristiche e proprietà organolettiche – dei vicini San Marzano e “piennolo” del Vesuvio, altre eccellenze campane; un prodotto dalle potenzialità ancora non del tutto espresse.
2) Faticosa coltivazione
CORBARA. Eroico il prodotto, eroiche le modalità di coltivazione. Basti pensare che il lavoro è tuttora, quasi, interamente manuale, e che generalmente i contadini raggiungono a piedi i terrazzamenti che ospitano le piantagioni e ridiscendono allo stesso modo per traslare i pomodori raccolti fino alla strada più vicina. Il ciclo biologico del Corbarino consta di diverse fasi. Già in agosto si fa luogo alla preparazione del seme, schiacciando a mano i pomodori migliori. Del terreno arato con la zappa viene poi appositamente destinato al semenzaio per lo sviluppo delle piantine. Le stesse vengono impiantate in aprile-maggio dell’anno successivo, per sfruttare le copiose piogge primaverili. In seguito, a concimazione ultimata, si inseriscono nel suolo dei pali in legno come tutori, legati tra loro da fili di ferro, indispensabili per sorreggere le piante, essendo queste ad accrescimento indeterminato. Dopo aver annodato con giungo le ramificazioni “sfuggite” ai fili metallici, si procede alla “cimatura”, ossia l’asportazione del germoglio principale. Da ultimo, ha inizio la raccolta, che avviene da luglio a settembre “a scaglioni”. I curatori precipui di questo affascinante procedimento sono gli anziani corbaresi, che tengono fede alla tradizione cercando di tramandarla. Come Francesco Cuomo, coltivatore diretto settantacinquenne, tra i “decani” dei prodotti ortofutticoli offerti dai terreni di Corbara: una vita passata nei campi da lavoratore instancabile, è la prova vivente che l’impegno e la dedizione alla lunga pagano.
3) LE “BOTTIGLIE”: TUTTO ANCORA FATTO IN CASA
CORBARA. Il Corbarino è prodotto immancabile nella dieta di ogni corbarese, buono per tutte le stagioni. E proprio ai fini della conservazione nel lungo periodo, si tramandano di generazione in generazione delle peculiari tecniche di trasformazione artigianale. Diffusissima -anche in Costiera amalfitana e nel napoletano- la tecnica dello “spunzillo” (spongillo), il grappolo di pomodorini rosso vivo conservati a filo, penzolanti dai muri delle case. Fungono da provvista per l’inverno anche le “pacche secche”, pomodori tagliati a metà, essiccati al sole e riposti in confezioni di vetro, conditi con olio, aglio e peperoncino (con tappatura finale). Altro vero e proprio rito è l’imbottigliamento casalingo del pomodoro. Si raccolgono in massa i pomodori e si procede ad uno scarto e al lavaggio degli stessi; a parte, vengono lavate le bottiglie. Le bacche si ripongono man mano in una macchinetta d’acciaio per essere “passate”; il sugo viene, infine, imbottigliato, con aggiunta di basilico. Le bottiglie, tappate, vengono adagiate in bidoni, sistemati su trespoli e riempiti con acqua. Il pomodoro nelle bottiglie in vetro cuoce per un’ora in ebollizione e il prodotto è pronto.
4) «I HAVE A DREAM…»
CORBARA. Quando Carlo D’amato, imprenditore corbarese, coltivando la sua passione per il Corbarino in modo originale, ha ideato “I Sapori di Corbara”, la sua scelta fu salutata dallo scetticismo generale. Era il 2006. «Il Corbarino stava di fatto scomparendo: nessuno era più disposto a coltivarlo perché economicamente non vantaggioso, per la resa quantitativa bassa a fronte di un lavoro manuale faticoso – spiega Carlo -. Per rilanciare il prodotto, fu realizzato un progetto della facoltà di agraria di Portici dell’Università “Federico II”, finanziato dalla Regione e a cui partecipai io stesso: fu allestito un campo sperimentale naturale, con cui si riuscì a riselezionare il seme del Corbarino, imbastarditosi negli anni. Quando Carlo Petrini inserì tra i prodotti a rischio d’estinzione il Corbarino, pensai ora o mai più». In realtà, l’idea di valorizzare l’ecotipo locale si era figurata in testa a D’Amato già nell”89-90, quando apprese da un giornale statunitense che un’impresa italiana vendeva in America pomodori comuni, spacciandoli per Corbarini. L’idea – messa in atto nel 2006 – era quella di avviare un’impresa da zero e corrispondere il giusto (0.90-1 euro) agli agricoltori corbaresi, molto più dei 30-40 centesimi che guadagnavano in precedenza, garantendo al contempo l’acquisto di tutti i pomodori prodotti. «E i risultati ci stanno dando ragione, in quanto si è passati dai 40 quintali di pomodori prodotti nel 2006 ai 1.600 odierni». Quanto al prodotto finito, D’Amato ammonisce: «Oggi sull’etichetta si può scrivere “pomodorino di Corbara” solo se il frutto proviene da Corbara; si può scrivere, invece, “pomodorino Corbarino dei Monti Lattari”, grazie a un’altra mia iniziativa, solo se la coltivazione è avvenuta a Corbara o nella zona pedemontana dei paesi limitrofi. Ma, purtroppo, chi sull’etichetta appone genericamente “Corbarino” vendendo altro non è perseguibile, causa il mancato riconoscimento Dop». Sulla lavorazione del pomodoro, «nella mia azienda, a differenza che nelle altre, il Corbarino viene selezionato manualmente e lavorato entro appena 24 ore dalla raccolta, con un processo di trasformazione artigianale – spiega Carlo – nessuna sterilizzazione a 130 gradi, dunque, né tanto meno aggiunta di additivi o conservanti; solo pastorizzazione a 98-100 gradi, perché temperature troppo alte eliminano sì i microbi, ma anche gli aspetti nutrizionali del pomodoro. Inoltre, il prodotto dev’essere integro; in caso di tagli o marciume anche solo parziale, l’esemplare va scartato, proprio a causa della non sterilizzazione». Insomma, la qualità prima di tutto. Così, pur tra mille difficoltà, D’Amato può andar fiero del fatto che “I Sapori di Corbara” hanno conseguito la prima piazza nella classifica 2011 del “Gambero rosso” e che il “suo” prodotto d’eccellenza viene commercializzato in tutto il mondo.
5) GLI AMBASCIATORI CULINARI DEL CORBARINO
CORBARA. Il Corbarino è naturalmente re sovrano delle tavole imbandite, a Corbara e – spesso – in terra “straniera”, in ragione del suo spiccato ed inimitabile sapore dolciastro. Si può addurre a titolo d’esempio il caso del grande “artista” napoletano Gino Sorbillo, che utilizza il pomodorino quale condimento per le sue pizze; o quello del pasticciere paganese Alfonso Pepe, che ha vinto con Sal De Riso “Re Panettone 2014” a Milano, inserendo nell’impasto del tipico dolce natalizio proprio il Corbarino. Non poco hanno contribuito a diffondere il “verbo” del pomodorino fuori dei confini del paese gli chef corbaresi. Tale è Vincenzo Vaccaro, che ha lavorato come cuoco in Veneto, Piemonte ed Emilia ed ora assolve alla stessa mansione in un grazioso locale sito a Cava de’ Tirreni in prossimità della stazione, denominato simpaticamente “Binario DoppioZero” (gioco di parole evocativo anche della farina scelta per le pietanze). Locale che è frutto della brillante idea di accompagnare l’aperitivo col “finger food” (assaggi di cibo), per rispondere alle esigenze di una vita sempre più frenetica e movimentata. Vengono, però, serviti anche pizza e primi piatti. “E il pomodoro è presente nel 90% delle mie creazioni – precisa Vincenzo -; il Corbarino in particolare, a mio avviso, è l’ideale per pasta, carne, pesce ed ortaggi. A me piace sperimentare, con un occhio attento alla tradizione. Da qualche tempo, ad esempio, serviamo con successo la ‘bruschetta liquida’: pane raffermo grattugiato unito a pomodori frullati (privati della buccia al momento). Altro piatto rivisitato in chiave moderna è lo ‘spaghetto allo scarpariello’, che proponiamo ‘risottato’: la novità sta nel cuocere il sugo del Corbarino fino ad ebollizione e nell’immergervi la pasta a crudo, che quindi non cuoce in acqua a parte, ma insieme col pomodoro, conferendovi un’accentuata cremosità in un tripudio di sapori, odori e colori. E il pasto va forte”, dichiara orgoglioso.