di Viviana De Vita Collusioni, alleanze e legami pericolosi tra politi, imprenditori ed esponenti della malavita. Sono le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia dell’area casertana, ex affiliati al clan dei Casalesi, a fare luce sui nuovi scenari creatisi a Salerno e provincia dove la criminalità ha ormai fatto il salto di qualità puntando direttamente alla gestione del lucroso affare degli appalti pubblici. E’ Luigi Tartarone, ex affiliato al gruppo Bidognetti del clan dei Casalesi a parlare, nell’interrogatorio reso lo scorso luglio, davanti ai sostituti procuratori Rosa Volpe e Rocco Alfano, di una serie di collusioni tra esponenti della camorra casertana e funzionari della Soprintendenza di Salerno. «Molti anni fa, all’inizio degli anni 90 – spiega il collaboratore – c’era un’impresa di Casal di Principe, di Elio Scalzone, che oggi non fa più l’imprenditore, che “comprava” i lavori a Salerno, affidati dalle “Belle Arti”. Mi riferisco a lavori che venivano dati in appalto dalla Soprintendenza ai beni culturali di Salerno. Le gare in questione venivano predisposte in maniera tale che ad esse potevano partecipare solo poche imprese, munite della particolare iscrizione per determinate categorie di lavori e, tra esse, quella di Scalzone. So che queste imprese si accordavano tra loro in maniera che la gara potesse essere aggiudicata ad un’impresa predeterminata. Tutto questo avveniva con la compiacenza dei funzionari della Soprintendenza, in particolare di un geometra al quale ricordo che portammo anche una somma di danaro. Il lavoro specifico venne eseguito a Conza della Campania, paese semidistrutto dal terremoto. Nel corso della ricostruzione, era emersa dagli scavi una sorta di città antica e di qui l’intervento della Soprintendenza che, ora che ricordo, riguardava Salerno ed Avellino. Questi fatti, se non erro, risalgono al 1995. Aggiungo anche che Sandokan, ossia Francesco Schiavone, era un socio occulto nell’impresa Scalzone». Di lavori nella zona di Salerno appaltati dai Casalesi, ne parla anche il collaboratore di giustizia Salvatore Venosa, ex affiliato ai gruppi dei Casalesi di Antonio Iovine e Michele Zagaria. «Relativamente a lavori nella zona di Salerno – spiega il pentito ai sostituti Volpe e Alfano – ricordo che nel 2011 avemmo dei contatti con tali Raffaele e Renato per la realizzazione di lavori edili per conto di un Consorzio. Non se ne fece più niente perché, a fronte di un possibile finanziamento di un milione di euro che Renato si era dichiarato in grado di farci ottenere tramite sue amicizie in ambienti bancari, c’era da anticipare 400/500mila euro per la realizzazione di un primo lotto di lavori. Di questo Renato conosco solo il nome; so che è grassottello e che ha circa 60 anni. Il finanziamento di un milione di euro doveva avvenire grazie alle aderenze che aveva Raffaele presso le banche, in maniera da garantire anche il consorzio». Venosa svela poi altri interessi dei casalesi nel comprensorio salernitano. E’ l’affare dei rifiuti a rappresentare una manna scesa dal cielo per il clan. «So che in passato Michele Zagaria – spiega Venosa – nella zona di Battipaglia era in contatto con Aniello Serino. Nel 2008 ci fu una discussione tra Antonio Iovine e Michele Zagaria per la gestione – con imprese loro collegate, dei rifiuti della zona di Battipaglia o, comunque, del salernitano». E, sempre degli interessi del clan nella zona di Battipaglia, ne parla il pentito Raffaele Maiello, ex affiliato del gruppo Schiavone. «Al Comune di Battipaglia – spiega il collaboratore – comandano i “casalesi” che si sono infiltrati presso questo Comune. Luigi D’Ambrosio, mio amico ed attuale collaboratore di giustizia, mi ha infatti detto che lui aveva fatto insieme a Dante Apicella, dei lavori di scavo a Battipaglia relativi ad un appalto che si erano aggiudicati. Io chiesi come era finita a Battipaglia, e lui mi rispose che Schiavone comandava da tutte le parti». Ma i tentacoli dei casalesi sembrano non risparmiare nessun comune del comprensorio salernitano. A rivelare nuovi retroscena è sempre il pentito Maiello che svela gli interessi del clan nell’agro nocerino sarnese. «Più affiliati – spiega il collaboratore – nel 2010 e nel 2011, hanno fatto riferimento a rapporti del clan con il Comune di Pagani ed, in particolare, con il sindaco di tale Comune. Gli affiliati che hanno parlato di tali rapporti sono Mario Iavarazzo, all’epoca reggente del clan Schiavone, e Mirko Ponticelli. Ricordo che i due fecero riferimento ad un appuntamento con il sindaco di Pagani; so che l’appuntamento ebbe luogo ma non so l’esito». Gli interessi con il Comune di Nocera erano gestiti, invece, secondo le dichiarazioni del pentito, dal boss dei casalesi Sebastiano Panaro il quale – spiega Maiello – intendeva vedersi con il sindaco di Nocera. L’appuntamento doveva avvenire presso lo stadio di Casal di Principe.
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