Erika Noschese
Parlare di corsi e ricorsi storici è troppo semplice, soprattutto quando a ripresentarsi è l’incuria verso un elemento culturalmente rilevante della città di Salerno. Nel dettaglio, a far discutere è stata la comunicazione a mezzo stampa inviata dall’associazione salernitana Arcan – Salerno Cantieri&Architettura, che durante un appuntamento dedicato alla riscoperta dei luoghi d’interesse culturale della città e della provincia di Salerno ha evidenziato quanto l’area archeologica di Fratte fosse abbandonata a sé stessa. Durante le azioni di verifica si è rilevata una situazione quantomeno imbarazzante: non appena ci si addentra nell’area, dopo appena tre passi è possibile incrociare le prime cartacce e residui di cibarie consumati da chissà chi, chissà quando. I passi successivi sono verso la sede che ospita i dipendenti della Provincia di Salerno, occupata ad oggi da quattro elementi: due di loro sono effettivamente della Provincia, uno di loro è ad un passo dal pensionamento ed è felice di raggiungerla soprattutto perché da tempo – sostiene – segnala l’incuria dell’area e non può far nulla poiché la stessa Provincia è carente nelle azioni di delibera di intervento a cura del settore preposto. Gli altri due? Sono dipendenti dell’Arechi Multiservice, spostati momentaneamente nella popolatissima e visitatissima Area Archeologica etrusco-sannitica di Fratte poiché il luogo assegnatogli, Villa Guariglia, è “momentaneamente” inagibile. Visti i tempi previsti per la manutenzione ordinaria di un’area archeologica, si ritiene che Villa Guariglia possa tornare agibile entro il 2021. Superando i quattro dipendenti impegnati nella gestione delle diverse migliaia di visitatori giornalieri, ci si appresta a dare un’occhiata al libro visite: qualche classe (due di preciso) delle scuole elementari, qualche visitatore sparso (6-7 in totale), un paio di associazioni con numeri da capogiro neanche segnalati (si contano all’incirca gli stessi numeri dell’ultimo Capodanno in Piazza) e Arcan, appunto, che ha portato uno dei numeri più alti di visitatori (venti). Addentrandosi nella giungla etrusco-sannitica, si notano sterpaglie, erbacce e canneti che rimandano evidentemente all’epoca di riferimento dell’area: un ecosistema non donato dall’incuria, ma dalla volontà esplicata dall’Ente di riprodurre le dinamiche ambientali del tempo. L’unica pecca è data dalla presenza di fogliame che invade i vasti prati in stile inglese dell’area e le vasche (ma lì è evidente la volontà di riempire in modo naturale le vasche, enfatizzandone l’utilizzo del tempo) e dalla presenza di cartellonistica bilingue (italiano e inglese a disposizione della popolazione) che, eccezion fatta per un cartellone bruciato e dunque illeggibile ed alcuni altri evidentemente sbiaditi, resta a disposizione dei visitatori. Tra funghi violacei e arance lasciate cadere su altre zone dell’area, interessante è l’installazione etrusco-sannitica di materiale utilizzato ai tempi per la vendemmia: cassette di plastica sono a disposizione del visitatore per rivivere l’emozione di elaborare un vino dell’epoca partendo dalla raccolta e dalla lavorazione dell’uva. Le sterpaglie si innalzano, proseguendo, fino al ginocchio: anche qui non è incuria, poiché è testato che la stragrande maggioranza dei visitatori preferisce evitare i pantaloni lunghi e la pudicizia del luogo non prevede scene di nudo, seppur imparziali. Un sotterfugio, insomma, per evitare ai visitatori amare sorprese. Tra cavi sparsi, pannelli dell’elettricità semi-chiusi (leggasi semi-integri), altre cartacce (perfino confezioni di cibo per cani emergono, tra un tortino e una merendina) ed estintori a lunga gittata con manutenzione ordinaria di dubbia presenza, si conclude il magnifico ritorno alle origini etrusco-sannitiche di Fratte con un sibilo ed un sorriso di chi, tra un’orda di visitatori e l’altra, esclama: “Grazie per la visita, e scusateci per la poca pulizia dell’area, non dipende da noi”.