Questa sera, alle ore 21, il sipario del Teatro Verdi di Salerno si leverà su “Il secondo figlio di Dio” in cui il canta-attore ricostruisce la figura del predicatore che, nella seconda metà dell’Ottocento, fondò una comunità di fedeli sul Monte Amiata, dando vita al movimento chiamato “giurisdavidico”
Simone Cristicchi, diventato famoso come cantante, vincendo Sanremo nel 2007, da alcuni anni si dedica al teatro, puntando su temi di interesse civile, come con Magazzino 18, dedicato al dramma dell’esodo istriano nel dopoguerra. Questa sera, alle ore 21, sarà ospite della rassegna teatro civile del massimo cittadino, ancora con l’attenta regia di Antonio Calenda, come nel precedente spettacolo, per portare in scena, “Il secondo figlio di Dio”, dedicato alla vicenda umana e spirituale di David Lazzaretti, il predicatore che, nella seconda metà dell’Ottocento, aveva fondato una comunità di fedeli sul Monte Amiata, dando vita al movimento chiamato “giurisdavidico”. Cristicchi, dopo aver studiato a fondo il singolare personaggio, a cui ha dedicato anche un libro con lo stesso titolo, Il secondo figlio di Dio, edito da Mondadori, sottolinea come alcune persone, talvolta, per il loro comportamento e le loro parole, diventano oggetto di esaltazione popolare, come nel caso di Lazzaretti. Il cantante e attore ne riscostruisce in modo dettagliato la vita: nato nel 1834 ad Arcidosso (Grosseto), in una famiglia di barocciai, cioè carrettieri, già da bambino lavora e, quattordicenne, ha le prime visioni di un frate, che poi gli si rivelerà come san Pietro, e gli imprime un simbolo con due C rovesciate, con una croce nel mezzo, proclamandolo “secondo figlio di Dio”. In seguito alle visioni Lazzaretti si reca frequentemente a Roma per incontrare il Papa, vive da eremita per più di quaranta giorni in Sabina, rinchiuso in un convento abbandonato, la “grotta di Sant’Angelo”, che era stato l’eremo del beato Amedeo, diffonde la sua idea utopistica di uguaglianza, acquisendo grazie al suo carisma, proseliti, così da costituire sul Monte Labbro una comunità, mai autorizzata, fondata sull’istruzione, la solidarietà e l’uguaglianza, ‘la società delle Famiglie Cristiane’, composta da oltre 5.000 persone. Per la sua attività viene condannato come eretico dalla Chiesa, sono messi all’Indice i suoi testi, ed è considerato un sovversivo dal neonato Stato Italiano, fino a che, durante una grande manifestazione da lui organizzata con la sua comunità, viene ucciso da un carabiniere nel 1878. Cristicchi, in un monologo, abilmente dà voce ai vari personaggi, dalla moglie, ai figli, ai soldati, ai proseliti, al prete del paese, sottolineando sia la componente religiosa che quella politica. Con un’efficace idea, costruisce in scena, attraverso il carro mobile del barrocciaio, con piccoli, ma suggestivi dettagli ed accorgimenti scenici, tutte le differente ambientazioni: il rifugio in Sabina è creato sotto il carro, la visita a Roma è simboleggiata da un drappo rosso appeso, la processione finale è suggerita dall’attore che scende con un telo disteso, ad indicare la folla dei suoi seguaci, mentre la morte è suggerita con una macchia di sangue su un telo bianco. Parte integrante dello spettacolo sono le musiche con canzoni popolari inedite interpretate dal vivo da Cristicchi, scritte proprio per illustrare le idee di Lazzaretti, mentre altri momenti significativi si avvalgono di un coro con melodie in stile gregoriano. (o.c.)