Corradino Pellecchia rende omaggio questa sera, alle ore 20,15, alle vittime della Shoah negli Spazi di Art3 in Vicolo San Bonosio
Di Rooney
A Salerno il 27 gennaio, il giorno dedicato alla memoria dell’Olocausto è passato come acqua su pietra. Finito Peppe Natella, il luogo deputato al ricordo di quegli anni, di quella guerra, di quello sterminio programmato, il Museo dello Sbarco, non ha proposto alcuna iniziativa. Unicum in quella giornata, l’Archivio di Stato di Salerno, ha inaugurato una mostra dedicata al “Campo di concentramento di Campagna: lager o rifugio?”, a cura di Renato Dentoni Litta, che costituisce un caso particolare all’interno del sistema concentrazionario italiano dal 1938 al 1943, ove prese forma l’azione di solidarietà del vescovo di Campagna e di suo nipote Giovanni Palatucci, il questore di Fiume che salvò moltissime vite destinate alla deportazione. E’ nota la sentenza emessa da Th. W. Adorno nel 1966: “Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d’arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile. Il rapporto delle cose non può stabilirsi che in un terreno vago, in una specie di no man’s land filosofica”. E’ pur vero che in seguito, contestando il celebre aforisma di L. Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”, lo stesso Adorno assegnerà alla filosofia proprio il compito di indagare ciò di cui non si può parlare; resta tuttavia il fatto che Auschwitz assurge a tema per eccellenza ‘indicibile’, perché il male “con Auschwitz ha raggiunto una sorta di indicibile perfezione”. Sarà il teatro, l’arte, la poesia, la musica, a far rinascere quel linguaggio spezzato, a cominciare da stasera, alle ore 20,15, negli spazi di Art3, in vicolo San Bonosio nel centro storico di Salerno, dove Carla Avarista e Gaetano Fasanaro, daranno vita al testo di Corradino Pellecchia “Si, ho camminato nella valle dell’Ombra”, uno spettacolo dedicato alla memoria di Peppe Natella. L’Olocausto degli ebrei è tremendum in quanto inversione del divino, discendenza demoniaca che si contrappone alla trascendenza divina, non-senso e anti-significato che irrompe nella storia: ad Auschwitz la libertà dell’uomo ha esperito concretamente la possibilità demoniaca realizzando il tremendum demoniaco. Rachele, cui darà voce Carla Avarista, dopo lunghi anni, sopravvissuta alle umiliazioni e agli stenti dei campi di concentramento, spinta dalle tragedie e dai nuovi orrori che si succedono nel mondo, decide di rompere il silenzio e di raccontare le vicissitudini che hanno caratterizzato il suo passato. Lo racconterà con calma olimpica, senza rancore. Lo deve fare per i suoi figli perché non solo ciò che è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché l’impossibilità della rassegnazione all’orrore e alla sua realtà continui a restare custodita nel tempo di chi sopravvive. Gaetano Fasanaro sarà la voce maschile in forte contrasto con il racconto di Rachele, suoi i flash back poetici dal campo la collocazione in quella sorta di dissonanza, di lacerazione, di disincanto, lo spettro della perdita, l’immagine del dolore, della violenza le presenze assidue e allo stesso tempo invisibili e nascoste, le ombre notturne che popoleranno per sempre quegli spazi.