SALERNO. La lunga carriera di Agostino Di Bartolomei si è sviluppata come un viaggio di esperienze diverse, emozioni alternate, grandi gioie e immensi dolori: l’esordio con la Roma, la squadra della città che gli ha dato i natali l’8 aprile del 1955, la vittoria dello scudetto, l’atroce beffa della sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni nel 1985, proprio nella sua Roma, l’esperienza al Milan e l’ultimo sfavillio della sua grande classe nella sua esperienza alla Salernitana; prima della tragica mattina del 30 maggio 1994, quando il suo percorso si fermò, e il suicidio pose fine alla sua esperienza di vita. Oggi, a 20 anni dalla sua scomparsa, è doveroso ricordarlo. Carriera esemplare, condita da genialità, dedizione ed eleganza, dentro e fuori dal campo. Espulso soltanto una volta, diede prova di grande abnegazione, grande esempio per i giovani e personalità mai al di sopra delle righe, nonostante il suo talento lo ponesse in un’altra dimensione rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi. Nato e cresciuto nella Roma, la svolta tattica ed esistenziale, avviene con l’arrivo a Roma di Nils Liedholm, il tecnico svedese lo posiziona davanti alla difesa per concedere alle sue doti tecniche di dar vita alla migliore espressione possibile. Gli anni ottanta rappresentano l’apice della sua esperienza calcistica: conquista tre Coppe Italia (1979-80, 1980-81, 1983-84) e lo scudetto, quello della stagione 1982-83, un titolo che mancava alla Roma dalla stagione 1941-42. Il 1983 è l’anno cruciale, Di Bartolomei vince il campionato nella sua città e i festeggiamenti interminabili accompagnano le giornate romane; allo stesso tempo, però, inizia il percorso che lo porterà a vivere il suo più grande incubo sportivo. Infatti, nella stagione 1983-84, la Roma inizia la sua avventura in Coppa dei Campioni, la sede fissata per la finale è lo Stadio Olimpico, un’opportunità irripetibile; il percorso della Roma è esaltante e porta alla finale, affrontata contro i campioni d’Inghilterra del Liverpool: la gara, terminata sull’1-1 si decide ai rigori, Di Bartolomei, rigorista impeccabile non tradisce, ma la coppa verrà vinta dagli inglesi. E’ il 30 maggio 1984, una data tristemente ricorrente nella vita di Agostino. Passa successivamente al Milan, voluto dal suo mentore Nils Liedholm, mentre i tifosi romanisti gli riconosceranno sempre il loro affetto e la loro gratitudine; al termine dell’esperienza milanista, gioca un anno al Cesena, prima di approdare, nella stagione 1988-89, alla Salernitana. Un’esperienza nuova per Di Bartolomei, che sembra però infondergli nuova linfa; l’ambiente è tranquillo e sereno, sembra corrispondere esattamente al suo carattere; la Salernitana milita in serie C, ma la città e la tifoseria meritano altro. Di Bartolomei trae forza dall’affetto dei tifosi, rinfrancati dall’arrivo di un grande campione che può portare la squadra ad un effettivo salto di qualità. Anche se il primo anno non porta alla promozione sperata, ma ad una stremata permanenza in serie C, i propositi per l’anno successivo sono diversi; nella stagione 1989-90, i granata, guidati dal regista romano sono pronti per ritornare nella serie cadetta. Il tecnico, Giancarlo Ansaloni, riesce a trovare la giusta amalgama, la macchina calcistica guidata dal capitano Di Bartolomei riesce a portare in serie B la Salernitana, grazie anche all’aiuto fondamentale dell’esperienza di calciatori come Della Monica. L’ultima giornata del campionato di Serie C1- girone B, disputata allo Stadio Vestuti, corona il sogno granata e in un’atmosfera di festa, il pubblico che aveva riempito ogni singolo posto dello stadio, celebra la festa per la promozione dopo lo 0-0 con il Taranto. L’intervista al termine della gara di Di Bartolomei suggella il suo legame con la città e la tifoseria, il trionfo della promozione in B con la Salernitana sarà l’immagine conclusiva della sua carriera pluriennale, infatti, la partita promozione sarà anche l’ultima sfida disputata dal campione. Gli anni successivi, sono gli anni della famiglia, della sua vita a San Marco di Castellabate, un mondo tranquillo che fa da sfondo alle frequenti passeggiate dell’ex campione, diventate una felice abitudine; diventa anche più sbiadita l’immagine del mondo del calcio,che si allontana sempre di più. La storia di Agostino Di Bartolomei termina in una mattina cilentana, mentre tutto si risveglia, l’ex capitano di Roma e Salernitana si uccide sparandosi un colpo di pistola; è il 30 maggio 1994, esattamente dieci anni dopo la sconfitta dell’Olimpico contro il Liverpool. Francesco Barbato
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