Una sede di rappresentanza dell’Università nella città di Salerno. La proposta, da anni in discussione ma sempre, poi, accantonata, è stata rilanciata nei giorni scorsi – proprio da queste colonne – dal rettore uscente Aurelio Tommasetti, che ha concluso il suo mandato proprio alla fine del mese appena trascorso. Una “casa” per l’ateneo salernitano nella città capoluogo è quanto, da più parti, si chiede a gran voce e, ora, toccherà al nuovo rettore, Vincenzo Loia, provare a portare avanti il discorso, di concerto con le altre istituzioni. «L’idea avanzata dal rettore uscente Tommasetti – sostiene Roberto Vargiu, esperto e docente di organizzazione di eventi in diversi enti territoriali e direttore artistico di DLiveMedia, tra i progetti culturali più importanti di Unisa – è sicuramente importante e impegnativa. Quella di una sede istituzionale al centro della città di Salerno è una proposta molto stimolante. Sicuramente, il nuovo rettore Vincenzo Loia saprà ragionare attentamente su tale ipotesi e decidere la soluzione giusta. Personalmente, ma è un semplice mio pensiero, non mi dispiacerebbe affatto». Valuta pro e contro, invece, Alessio Colombis, docente universitario in pensione: «Una sede di rappresentanza dell’Università di Salerno, da un lato sarebbe opportuna per consentire un maggiore e migliore rapporto con la città; tuttavia, avrebbe anche dei costi, se non di affitto – in caso di assegnazione di locali pubblici già esistenti – di gestione. Questi costi sarebbero, probabilmente, a carico dell’Università, circostanza, questa, che potrebbe portare a sottrarre fondi da poter dedicare, invece, alle assunzioni di giovani studiosi». «Ho sempre pensato – prosegue Colombis – che la spesa migliore consista nella possibilità di aumentare le borse di dottorato che vengono bandite e che prevedono un assegno mensile che, fino ad alcuni anni fa, era basso e si aggirava intorno ai mille euro netti. Spesso – sottolinea ancora il docente in pensione – Spesso, molti candidati risultano vincitori, ma su posti aggiuntivi per i quali, per mancanza di fondi, non è prevista alcuna retribuzione. La crisi di finanziamenti per le Università pubbliche è notevole e forse sarebbe meglio avere un’università con meno rappresentanza, ma più rappresentata, e cioè con un numero maggiore di giovani studiosi e di giovani ricercatori».
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