Quattro gemme del teatro musicale per la stagione lirico sinfonica sono state scelte quali miniature preziose accanto a Cavalleria rusticana e Rigoletto. Un cartellone sapientemente rimodulato con il recupero dei concerti di Vinicio Capossela e del Duo Gino Paoli e Rea, e la deliziosa “Petite Messe solennelle” di Gioacchino Rossini
Di OLGA CHIEFFI
Se non ci fosse stata l’istituzione del coprifuoco per l’inasprimento della epidemia da Covid-19, il 31 ottobre ci saremmo ritrovati nel teatro Verdi, cuore pulsante della cultura salernitana, sulle note de’ “Il segreto di Susanna” di Ermanno Wolf-Ferrari e “Il Campanello” di Gaetano Donizetti, elegante abbrivio di un cartellone, lirico-concertistico sapientemente rimodulato da Daniel Oren, insieme ad Antonio Marzullo, per evitare grandi masse orchestrali e corali in scena. E’ la stagione perfetta questa, adatta al nostro massimo, ove avremmo trovato il teatro del ‘700 con “Livietta e Tracollo” di Giovanni Battista Pergolesi, accoppiato a “Suor Angelica” dal Trittico di Giacomo Puccini, per, quindi, dar spazio a titoli amatissimi quali Cavalleria Rusticana e ancora Rigoletto, nel giusto mix di musica poco frequentata e invocata per anni, e, naturalmente, l’onda melodica, accattivante, dedicata al grande pubblico. Uditorio, secondo legge anticovid che non avrebbe superato i 200 posti, per anche gli altri cinque concerti a completamento di due mesi ricchi di musica. La festa di Halloween ci avrebbe visto aprire le porte del Verdi con l’ Intermezzo “Il segreto di Susanna” di Ermanno Wolf-Ferrari, su un libretto di Enrico Golisciani, condotto sulla falsariga degli intermezzi settecenteschi, che, dopo, la prima rappresentazione di Monaco nel 1909, raccolse larghi consensi su tutti i palcoscenici internazionali. Una fortuna che è andata via via scemando, tant’è che, a tutt’oggi, “Il segreto di Susanna” viene eseguito piuttosto raramente. Una apertura preziosa quella del nostro massimo se non altro per il pregio di evidenziare il principale valore della partitura, ossia la pressoché perfetta fusione tra parola, gesto e musica. Come ebbe a dire il direttore d’orchestra Félix Mottl: “Sembrerà una bizzarria, ma per questa è l’opera più wagneriana che conosca.”, ove “wagneriano” va, ovviamente collegato alla fondamentale importanza della parola scenica in rapporto alla musica. Ferrari in coppia con “Il campanello” di Gaetano Donizetti, chiamato anche “Il Campanello di notte” o “Il Campanello dello speziale”, un piccolo gioiello nato nel 1836. Traendo spunto dal vaudeville Le sonnet de la nuit e mantenendo un forte richiamo alla tradizione partenopea, il maestro bergamasco compone musica e parole di un’agile pièce, in cui le poche arie si alternano a parti di prosa dialettale. Data l’entusiastica accoglienza da parte di pubblico e critica, Il Campanello assume in seguito le caratteristiche di operina buffa, assumendo tratti “universali” grazie alla traduzione italiana della parte affidata al basso e al passaggio da prosa a recitativo. Donizetti aggiunge, inoltre, l’esilarante aria con risposte “ Mio signore venerato”, in cui le abilità comiche dei due protagonisti maschili sono espresse alla massima potenza. Il 7 e 8 novembre, un vero e proprio capolavoro di Gioacchino Rossini, la “Petite Messe solennelle”, composta quasi vent’anni dopo lo Stabat, scritta originariamente per dodici cantanti (di cui quattro solisti), due pianoforti e un armonium. La Petite Messe è il suo testamento – a una forte impronta pratica. Negli ultimi anni della sua vita procedette a orchestrare la messa, sapendo che sarebbe stata eseguita dopo la sua morte. Il 9 novembre è in programma il concerto dei Gomalan Brass, un quintetto prestigioso che schiera alla tromba il virtuoso Marco Pierobon, con Marco Braito, sempre alla tromba, Nilo Caracristi al corno, Gianluca Scipioni al trombone e Stefano Ammannati alla tuba, per uno spettacolo di grande qualità musicale e particolare verve istrionica. A seguire il 21 e il 22 novembre un altro dittico importante Suor Angelica di Giacomo Puccini, con il suo fascino acquarellistico dell’intera prima metà dell’opera che si contrappone all’enigmatico segnale armonico che evoca l’arrivo al convento della carrozza nobiliare e il durissimo urto bitonale che presenta la Zia principessa, accoppiato all’ Intermezzo “gemello” e, certamente meno noto de’ La Serva padrona, composto a solo un anno di distanza da Giovanni Battista Pergolesi, “Livietta e Tracollo” (con il titolo di La Contadina astuta) che andò in scena al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 25 ottobre del 1734 in occasione del compleanno della Regina Elisabetta di Spagna, “riempendo” i due intervalli di Adriano in Siria. La vicenda si snoda esilissima verso il lieto fine con il matrimonio dei due protagonisti, attraverso una serie di travestimenti e inganni: Livietta travestita da uomo francese, Tracollo nei panni di una polacca incinta, Livietta che finge di essere in punto di morte, Tracollo che, infine, si spaccia per astrologo pazzo. Il 4-5-6 dicembre schiocca la frusta di Compare Alfio, elargendo la passionalità estroversa, languore sentimentale, cantabilità generosa e spontanea per Mascagni, nel suo titolo più famoso, Cavalleria Rusticana. L’8 dicembre è il giorno di recupero del concerto di Vinicio Capossela e il suo “Bestiario d’Amore” una piccola opera composta di quattro brani di ambientazione trobadorica che ha visto il suo battesimo dal vivo proprio il giorno di San Valentino sotto le volte gotiche e gli animali in pietra della Union Chapel di Londra. A seguire, il viaggio musicale del duo composto da Gino Paoli e Danilo Rea, in una rivisitazione jazzistica degli immortali temi firmati dal cantautore. Fine dicembre a partire dal 23, per proseguire con le repliche del 28 e del 30 con il ritorno del buffone gobbo, Rigoletto, il maledetto da sempre, un segnato da Dio, quasi consegnato fuori del tempo, con la sua amata trama che viene saldamente riassunta nella forma classica del quartetto, che rispetta i canoni estetici del primo Romanticismo, ancora osservante delle forme classiche, snodantesi intorno alla melodia principale del tenore, che deve essere molto esposto, vero bersaglio delle mire di Rigoletto, che mormora nell’ombra, mentre le due donne restano invece soggiogate dal fascino del duca: Maddalena frascheggia, Gilda prende il motivo di lei, senza poterlo dominare perché frenata e interrotta dalla volontà del padre. Il 25 mattina l’appuntamento è con le voci bianche del teatro Verdi, a portare un raggio di luce a chiusura di questo cartellone ideale, che al momento è ancora un sogno da realizzare e per il quale dovremo tutti impegnarci con responsabilità per potervi partecipare e goderne, stavolta con più forte consapevolezza e “passione”.