Di Adriano Falanga
Tempo un anno e mezzo, e Scafati potrà, forse, riavere il suo Pronto Soccorso, collegato ad un ospedale efficiente. Il nuovo piano ospedaliero redatto dal commissario alla Sanità Joseph Polimeni, ha recepito infatti le indicazioni politiche del governatore campano Enzo De Luca, nonché quelle che sono tutto sommato istanze del territorio. Il condizionale è però d’obbligo, perché la decisione finale spetterà agli enti ministeriali, in quanto la Regione Campania ancora non è uscita dal commissariamento sanitario. Il piano De Luca, a differenza di quello precedentemente preparato da Stefano Caldoro, sembra essere più “ragionato” e razionale. L’Ex governatore del resto lo presentò in campagna elettorale, e a molto parve più una forzatura mediatica che un vero piano strutturale di riordino della rete ospedaliera. Caldoro sembrò non scontentare nessuno, tirando fuori dal cilindro un piano somigliante molto al libro dei sogni. Si accontentava tutti. Il piano De Luca, più che 22 slide stile Caldoro, consta di quasi 200 pagine, e riporta Scafati nella rete dell’emergenza-urgenza. Nel dettaglio, oltre al Pronto Soccorso, per il Mauro Scarlato sono previsti 118 posti letto, 102 per acuti e 16 per lungodegenti. Queste le unità operative: 16 posti Chirurgia generale; 24 posti Medicina generale; 24 posti Ortopedia e traumatologia; 24 posti Pneumologia; 10 posti Reumatologia; 4 posti Terapia intensiva; 16 posti lungodegenza. Un bel passo da quando la bozza Zuccatelli lo voleva centro riabilitativo senza Pronto Soccorso. Restano però alcune criticità da superare, così come spiega Jessica Cesarano, coordinatrice di Cittadinanza Attiva e referente per Scafati del Tribunale del Malato, di stanza al nosocomio scafatese. “Le promesse di Caldoro fatte solo in occasione del voto per le regionali, oggi vengono ridimensionate da De Luca ed adattate da Polimeni per realizzare un piano più fattibile e reale. Tuttavia nutro forti dubbi sulla buona riuscita del piano per il Mauro Scarlato, in quanto oggi non esiste il pilastro fondamentale sul quale dovrebbe costruirsi il progetto di Polimeni: le risorse umane. Il personale medico ed infermieristico, pur facendo il possibile, non basta per ottemperare a tutti i compiti richiesti, soprattutto per il vasto bacino di utenza a cui si rivolge lo Scarlato”.
Un aspetto non ancora definito questo delle assunzioni, come del resto la copertura finanziaria. “Non si può subordinare un pronto soccorso di questa portata, con più di 6000 prestazioni annue, al DEA di Nocera Inferiore, che attualmente ha grandi difficoltà nel gestire il grosso numero di interventi, al quale si appoggerebbe anche quello di Pagani. Senza dimenticarci che si tratta di un DEA di 1° livello, e quindi un’osservazione di breve degenza e di stabilizzazione del paziente, che risulterebbe insoddisfacente per i casi comuni più gravi, come chi necessita di cardiochirurgia a seguito di arresto cardiaco o infarto – fa presente la Cesarano – Il piano da speranza, ma non risolve i problemi della sanità locale, ci si deve battere a tutti i costi per l’autonomia sovrana del Mauro Scarlato, e non la sua subordinazione di ogni reparto presso altri presidi, altrimenti la sua esistenza non ha più senso”. Riprendersi l’autonomia gestionale è anche la mission del direttore sanitario Aristide Tortora. Un passo fondamentale per mettere in coordinamento i futuri reparti dello Scarlato. Attualmente infatti il presidio ospedaliero è gestito da ben 4 diverse direzioni sanitarie: la radiologia con Pagani, il laboratorio analisi con Sarno, la bronco pneumologia (e il primo soccorso) con Nocera, mentre la struttura è coordinata dalla locale direzione affidata a Tortora. Non proprio l’ideale, dal punto di visto amministrativo, una situazione che può creare ingorghi burocratici, andando a complicare le procedure, più che a snellirle. “In questi anni ho visto soltanto uno scaricarsi a vicenda in maniera infelice le colpe di una politica inefficiente. Nel frattempo la gente è morta. Non servono raccolte firme su carta straccia, non servono marce, non servono voti, ora è necessario un clima propositivo e diplomatico per restituire dignità ai cittadini scafatesi” l’appello finale della rappresentante di Cittadinanza Attiva.
“LO SCARLATO NEL PIANO DELLE EMERGENZE VESUVIO, NON POTEVA ESSERE CHUSO”
Lo Scarlato non doveva essere chiuso, e ancora oggi, non può restare in queste condizioni. Non soltanto per la necessità di far fronte alle evidenti criticità emerse dal 2010, anno della sua chiusura, ma anche perché lo stesso risulta essere inserito nel Piano Regionale della Protezione Civile per l’emergenza Vesuvio. Lo Scarlato è infatti indicato come struttura di riferimento sanitario e assistenziale in caso di emergenza legata al Vesuvio. Lo denuncia Francesco Carotenuto, portavoce di Scafati Arancione. “Sono anni che ci battiamo per la riapertura del pronto soccorso e il ripristino dell’urgenza in città, dopo la sciagurata decisione del governo Caldoro di privare un comprensorio intero di una struttura fondamentale alla luce della complessità demografica, viaria e abitativa del nostro territorio. Quella sciagurata decisione presa senza considerare nessun parametro sociale, umano e di opportunità, determinando il collasso del presidio Umberto I di Nocera Inferiore in affanno per la mole di utenti che si riversano dall’agro nocerino-sarnese”. Quanto all’emergenza Vesuvio: “un piano redatto nel 1995 e successivamente modificato ma che, non risulta, abbia depennato il nosocomio scafatese come punto di riferimento sanitaria e assistenziale in caso di emergenza”. Una responsabilità grave secondo Carotenuto, pronto a dare battaglia, anche legale: “qualora dovessimo essere messi nelle condizioni di tutelare gli interessi della nostra città, interessi mai salvaguardati da chi ha governato la regione Campania in rappresentanza di questa realtà territoriale”. C’è però ottimismo oggi: “Siamo fiduciosi nei confronti del presidente De Luca e continueremo le nostre sollecitazioni, perché legittimati da anni di lotte e rivendicazioni – poi la stoccata – Non accettiamo invece che i mestieranti della politica dell’ultim’ora provino a porsi come risolutori del problema, perché gli stessi che oggi fanno i “masanielli”, sono gli stessi che con la loro assenza durante le sollevazioni popolari, hanno dimostrato di non aver a cuore le sorti della propria gente”.