Scafati. Per Aliberti, lo scioglimento è frutto di un complotto (i 4 articoli di oggi e gli 8 di ieri) - Le Cronache
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Scafati. Per Aliberti, lo scioglimento è frutto di un complotto (i 4 articoli di oggi e gli 8 di ieri)

Scafati. Per Aliberti, lo scioglimento è frutto di un complotto (i 4 articoli di oggi e gli 8 di ieri)

Complotto

—- Per Aliberti è tutto un complotto politico
L’ex sindaco, rimanendo sulla linea difensiva in sede giudiziaria, ritiene che tutte le accuse mossegli sono frutto del disegno degli oppositori
L’ex primo cittadino, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, si dice vittima di un teorema

Di Adriano Falanga
Una foto in compagnia dell’ex Vescovo della diocesi di Nola monsignor Beniamino Depalma, in occasione dell’apertura dei festeggiamenti della Patrona Santa Maria Delle Vergini del 2015, accompagna sulla sua pagina Facebook un lungo sfogo di Pasquale Aliberti, che letto tra le righe, è un formale atto di accusa verso coloro che lui identifica suoi nemici. “Non credo più in questa parte del paese Italia che con gli strani teoremi e le dichiarazioni dei presunti collaboratori di giustizia, in cerca di benefici, prova a rovinare famiglie che hanno costruito la loro storia con passione, amore e competenza. Non credo in questa Italia dal falso populismo, della demagogia di facciata che con le invenzioni dei proiettili, del trik trak, dello stalking e delle minacce anonime a distanza di più di tre anni è capace di inventarsi anche il mandante di una minaccia di morte. Non credo a questa Italia che davvero crede che un collaboratore di giustizia in carcere nel periodo delle elezioni e oltre, sostiene di aver fatto campagna elettorale per le regionali in 5 comuni, nessuno appartenente a quel collegio elettorale. Non credo a questa Italia che crede ad un collaboratore di giustizia su un patto elettorale stipulato da un amministratore con un giovane laureato, non malavitoso, a cui, secondo la stessa accusa, lo stesso politico avrebbe suggerito di prendere le distanze e sconfessare la propria famiglia malavitosa. Non credo in questa Italia i cui amministratori, pur non avendo mai concesso niente ad un ipotetico clan sono condannati ad andare in carcere perché un presunto pentito, per riferite persone parla di promesse, nonostante tutto, mai ottenute”. Proiettili, trik trak, stalking e minacce anonime possono essere facilmente identificati (considerati i fatti precedenti) in Pasquale Coppola, Vittorio D’Alessandro, Marco Cucurachi. Poi Aliberti tira in ballo anche un’altra figura importante, identificabile nell’imprenditore Nello Longobardi, nell’inchiesta indicato come persona offesa e informata sui fatti. “Eppure continuo a credere nella giustizia e che in questa vicenda alcuni presunti avversari politici si siano comportati con lealtà. Voglio restare un romantico ma allo stesso tempo devo pur chiedermi qual è il ruolo dell’imprenditore che era chiaramente a capo del clan?”. L’arringa prosegue e sostanzialmente richiama quanto già sostenuto dai suoi legali nella memoria difensiva depositata per evitare l’arresto. Una memoria a cui i giudici del riesame non hanno creduto. “Qual era il ruolo del politico che chiedeva voti in cambio di danaro? Qual era il ruolo del politico che minacciava la mancata stabilizzazione, assunzione della moglie in comune? Quale era il ruolo dell’oppositore che non ha mai pagato la tassa sui rifiuti o l’altro che voleva una semplice variante urbanistica per trasformare un terreno agricolo in zona commerciale? E’ possibile siano diventati paladini della giustizia, proprio loro?”. E qui ancora una volta tra le righe possiamo leggere i nomi di Vittorio D’Alessandro, Marco Cucurachi e Mario Santocchio. “E allora quanto coraggio abbiamo avuto o quanto siamo stati stupidi nel acquisire la proprietà di un noto esponente di un vero clan per realizzare un centro sociale a San Pietro, per gli anziani o i disabili? È duro rispondere, ti brucia dentro, soprattutto sapere che per questo Stato in certi casi si è confuso il concetto di legalità – continua ancora Pasquale Aliberti -Eppure, nonostante tutto continuo a credere nella magistratura e a pensare che questa stessa l’Italia è pur sempre un grande paese, o almeno provo a sperarlo. Lo faccio soprattutto per i miei figli Nicola e Rosaria, per alleviare loro le sofferenze di una storia che un giorno meriterà di essere raccontata senza ironia”.

—-Marra: «Non posso accettare da cittadino, avvocato e politico uno scioglimento da parte di un ministro del Pd»

L’increbile commento dell’ex consigliere comunale, alibertiana di ferro. Un’affermazione che suscita polemiche e interdizione per la portatta delle sue parole

A sostenere la tesi del complotto, o quantomeno della forzatura politica, è anche Brigida Marra, ex consigliera di Forza Italia e sicuramente l’alibertiana di ferro del secondo mandato sindacale, terminato con lo scioglimento per collusioni criminali.
«Abbiamo appreso con molta tristezza la decisione adottata dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Interno Marco Minniti, di “Scioglimento del Consiglio Comunale di Scafati ai sensi dell’art 143 del TUEL –spiega la forzista – Non voglio entrare nel merito delle motivazioni che non conosco e che pertanto, aspetto di conoscere. Posso già dire però, che da avvocato non riesco ad accettare e condividere un provvedimento che oggi, non può garantire il rispetto del principio di “terzietà” sancito dall’articolo 111 della Costituzione italiana dal momento che, si tratta di un provvedimento non adottato da un organo giurisdizionale. È questa la ragione per la quale, a prescindere da quelle motivazioni che non conosco, nella qualità di ex consigliere comunale insieme ai miei colleghi, presenteremo certamente ricorso – prosegue la Marra – Non posso da cittadina, da avvocato e da politico condividere che la fine di un consiglio comunale venga proposta da un Ministro che con tutti i rispetti, è un politico eletto senatore nelle liste del Pd».
Scrive ancora Aliberti: «Nulla contro il Ministro ma la mia città, quella che con passione in questi tre anni insieme ad una grande squadra abbiamo amministrato, merita di essere giudicata con un provvedimento che sia adottato nel rispetto del principio di “terzietà”, del contraddittorio tra le parti e del giusto processo da chi ha potere giurisdizionale. Fiducia nella magistratura».
(a.f.)


Strade vuote in una città atterrita per lo scioglimento
I cittadini sono frastornati e furiosi per l’onta subita a causa della classe politica

Non trovano pace gli scafatesi, non è certamente un buon momento per loro, che indirettamente pagano in prima persona scelte e decisioni prese da altri.
Dal settembre 2015, mese in cui la Dia, su mandato della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno bussò alle porte di Palazzo Mayer, la città è piombata nel buio.
Le accuse sono di quelle pesanti e infamanti, l’etichetta di “città camorrista” potrebbe essere forse uno stereotipo offensivo e gratuito, ma il rischio è concreto, il senso di quest’anno e mezzo è questo, e ci vorranno anni per portare alla luce la verità. “Chi è causa del suo male, pianga se stesso”, “Ora anche gli scafatesi hanno il giorno della memoria”, “Vergogna a tutti coloro che hanno fatto in modo che avvenisse questo. Credo che nessun scafatese si riconosca in questo”, “Speriamo solo di risalire presto, dopo aver toccato il fondo”: questi i commenti più virali in rete, da cui è palese la delusione. C’è però chi assume le difese dell’ex amministrazione, puntando l’indice contro Mara Carfagna ed Edmondo Cirielli, stando a quanto crede il noto commerciante e “politologo” Domenico “Tormentone” D’Aniello. Dal Cotucit è il braccio destro di Michele Raviotta, Carmine Sorrentino, a palesare perplessità: “Scusate ma allora perché a Roma non hanno fucilato gli ultimi quattro sindaci e tutti i dipendenti comunali?” richiamando a Mafia Capitale. (a.f.)

no mafia

La curiosità. I numeri dei Comuni sciolti per camorra

Negli ultimi 5 anni sono molti in Campania i comuni sciolti per infiltrazioni camorristiche. Tra questi: Casal di Principe, Casapesenna, Gragnano, Pagani e Quarto. E’ al sud che c’è più del 90% dei Comuni sciolti per mafia dal 1991 a oggi. Con il concentramento in tre Regioni: la Campania dove dal 1991, secondo i dati di Avviso Pubblico, le procedure di scioglimento sono state 98 (10 annullate), Calabria (84, di cui 8 annullate) e Sicilia (66, di cui 4 annullate). Nel consiglio comunale sciolto ora a Scafati, in maggioranza, c’era anche il figlio dell’ex sindaco Bruno Pagano, la cui amministrazione fu sciolta per camorra nel 1993 per gli affari sempre con il clan Loreto, ma in particolare, all’epoca il gruppo era guidato da Pasquale Loreto, attuale collaboratore di giustizia e padre di Alfonso Loreto, uno dei principali accusatori dell’amministrazione Aliberti di oggi. E’ lui infatti il pentito che ha detto: “A Scafati il clan più potente è quello di Pasquale Aliberti”.

GLI 8 ARTICOLI DEL 28 GENNAIO 2017
—- Il Comune infiltrato dalla camorra

Finisce nel peggiore dei modi l’era del sindaco Aliberti: il consiglio comunale era sotto scacco della criminalità organizzata

Lo scioglimento delle assise cittadine deciso ieri dal Consiglio dei ministri su relazione del responsabile dell’Intero

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Di Adriano Falanga

“The End”. Termina nel peggiore dei modi la seconda amministrazione Aliberti. Non sono bastate le dimissioni, perché l’iter amministrativo legato alla relazione della commissione d’accesso è andato avanti, fino a determinare il drammatico epilogo. “Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Marco Minniti, ha deliberato lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata del Consiglio comunale di Scafati”. Così il comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a margine dell’ultima riunione, cominciata alle 9 e conclusa dopo poco più di un’ora, ieri mattina. L’argomento era già all’ordine del giorno dallo scorso dicembre, poi rinviato per le note e tristi vicende nazionali, quali emergenza gelo e terremoto. Scafati ripiomba così nel baratro totale, a quasi 24 anni dal primo scioglimento, decretato l’11 marzo 1993. Ieri come oggi sullo sfondo i rapporti tra le Istituzioni locali e la criminalità organizzata, ieri come oggi un nome comune: Loreto. Nel 1993 al vertice della camorra scafatese Pasquale Loreto, sullo sfondo le concessioni edilizie che hanno trasformato la città in un enorme dormitorio, relegandola a cenerentola dell’agro quanto a servizi e vivibilità. Oggi il Loreto che incastra l’amministrazione Aliberti è il figlio Alfonso. Entrambi pentiti, entrambi hanno confermato e raccontato gli intrecci tra il Palazzo e l’organizzazione criminale. Arriva così l’epilogo a seguito dell’inchiesta partita nel settembre 2015 che aveva portato avvisi di garanzia all’ex sindaco Pasquale Aliberti, a suo fratello Nello, la moglie consigliere regionale di Fi Monica Paolino, la segretaria comunale Immacolata Di Saia e lo staffista del sindaco Giovanni Cozzolino per i presunti legami con il clan Ridosso Loreto. Sul registro degli indagati una ventina di nomi, tra cui anche quello dell’ex consigliere comunale Roberto Barchiesi, dell’ex vice presidente Acse Ciro Petrucci, dei dirigenti comunali Maria Gabriella Camera (poi dimessa) e di Giacomo Cacchione, ancora in organico al settore finanziario. Fatale è stata la lunga relazione depositata dalla commissione d’accesso prefettizia, presente a Palazzo Mayer per sei mesi, dal marzo al settembre 2016. Un lungo dossier in cui sono stati riscontrati decine di atti amministrativi, concessioni, incarichi, appalti, nomine, che hanno convinto i commissari a chiedere lo scioglimento. A Dicembre l’insediamento del commissario prefettizio Prefetto Vittorio Saladino, a seguito delle dimissioni del sindaco Pasquale Aliberti. Dimissioni “forzate” dopo che il tribunale del Riesame di Salerno aveva confermato la richiesta di arresto a suo carico avanzata dalla Procura antimafia di Salerno. Entro il sette marzo si attende la definitiva pronuncia della Cassazione, anche se, venendo meno la reiterazione del reato non essendo più sindaco, Aliberti potrebbe affrontare il processo in libertà. Si attende adesso di conoscere la triade di commissari che si insedierà a Palazzo Mayer, traghettando l’ente in gestione straordinaria fino alle elezioni previste per la primavera del 2019. Non è certa la riconferma di Vittorio Saladino a presidente, mentre potrebbe restare la dottoressa De Angelis a cui si affiancherà un vice prefetto con competenze finanziarie. A breve sarà pubblicata la relazione del Prefetto di Salerno Salvatore Malfi, in cui sono note le dinamiche che hanno convinto il Ministero degli Interni ad assumere la decisione di sciogliere. La città piomba nel buio.

 

—-«Valuteremo ricorso al Tar»

“Apprendo con profondo dolore la notizia dello scioglimento del consiglio comunale di Scafati, dopo una indagine di lunghi mesi. Non sono più Sindaco ma sono certo della legittimità degli atti prodotti e della camorra che sempre abbiamo tenuto a distanza, adottando anche atti forti”. Così Pasquale Aliberti, sulla sua pagina Facebook. “Leggeremo le motivazioni e insieme agli avvocati valuteremo, da subito, un eventuale ricorso al Tar. È giusto che paghi chi ha commesso errori, non è giusto penalizzare una comunità se non ci sono chiari e validi elementi di condizionamento. È una battaglia di giustizia nei confronti degli scafatesi tutti perché sono certo che il sindaco e i loro rappresentanti istituzionali li hanno scelti sempre in libertà e nella democrazia”. Bocche cucite tra le fila della sua ex maggioranza, nessun ex assessore o fedelissimo proferisce parola, ma affidano a Mimmo Casciello la pubblicazione di una nota stampa congiunta. “Con profondo rammarico, apprendiamo della decisione del Consiglio dei Ministri di sciogliere il comune per infiltrazione camorristica. Attendiamo fiduciosi le motivazioni che hanno indotto a tale decisione. Scioglimento a cui è possibile presentare ricorso avendo in noi consapevolezza nell’ aver visto agire in ogni occasione questa amministrazione con trasparenza e correttezza. Non in modo solo formale ma sostanziale. Alla luce di tale certezza, difenderemo sempre questa esperienza politica e amministrativa con la speranza di far valere la verità”. Forse sarà per distrazione, ma mancano alcuni “like”, piuttosto rilevanti. La nota è firmata dai “Consiglieri e Assessori che hanno fatto parte della Maggioranza”.
(a.f.)

 

—-Addio ai Cda di Acse e Scafati sviluppo e incandidabilita degli eletti

Un azzeramento di un’intera classe politico-amministrativa per anni dominante in città

In base alla legge, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del consiglio dei ministri, al termine di un complesso procedimento di accertamento, effettuato dal prefetto competente per territorio attraverso un’apposta commissione di indagine. Condizione dello scioglimento è l’esistenza di elementi “concreti, univoci e rilevanti” su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da incidere negativamente sulla funzionalità degli organi elettivi. Per giungere allo scioglimento non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente oppure che possano essere disposte misure di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata. Gli indizi raccolti devono essere documentati, concordanti tra loro e davvero indicativi dell’influenza della criminalità organizzata sull’amministrazione, anche a prescindere dalla prova rigorosa dell’accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità. “I dati acquisiti evidenziano come, pur di accaparrarsi voti e vincere le competizioni elettorali, l’Aliberti non si fa scrupolo di entrare in contatto ed in accordo con il tessuto criminale del momento”, così i giudici del riesame, accogliendo la richiesta di arresto disposta dal pm antimafia Vincenzo Montemurro. Il decreto di scioglimento, con validità dai 12 ai 18 mesi (prorogabili a 24 mesi) determina la cessazione dalla carica di tutti i titolari di cariche elettive nonché la risoluzione di tutti gli incarichi ai dirigenti e consulenti nominati dagli organi sciolti. Addio quindi anche ai cda di Acse e Scafati Sviluppo.
Per le “prime elezioni” che si tengono dopo lo scioglimento nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato, non sono candidabili gli amministratori che “hanno dato causa” allo scioglimento stesso, previa tempestiva dichiarazione del tribunale civile, cui il Ministro dell’interno trasmette la proposta di scioglimento. Determinante saranno i nomi indicati nel decreto, ritenuti “corresponsabili” assieme al primo cittadino. Giunta e fedelissimi rischiano un procedimento giudiziario parallelo, oltre a non potersi ricandidare nel 2019. (a.f.)

 

—- «Un giorno brutto per la storia della città. Non ci sono alibi, la camorra era nelle istituzioni»

Da Fdi al Pd, dai reppubblicani agli ex alibertiani, e da M5s un coro unanime contro la gesione del sindaco Aliberti

“Un giorno brutto per la nostra Scafati, generato dalla politica amorale e familistica del peggior Sindaco di Scafati” lapidario Mario Santocchio. Fa eco il collega di Fdi Cristoforo Salvati: “è una notizia che crea rammarico anche in chi ha fortemente rappresentato il dissenso politico a questa amministrazione con impegno ed attenzione costante, perché’ la caduta di immagine della città non giova a nessuno. Bisogna ripartire dal ripristino delle regole e da una morale politica che liberi la citta” dai condizionamenti della criminalità”. Per Angelo Matrone: “Quanto successo oggi ci sia da lezione per i prossimi anni. Abbiamo regalato alla comunità una delle più brutte pagine di storia. Adesso si riparta da zero, dando vita anche a una rivoluzione interna in Municipio”. Impietosa la posizione di Marco Cucurachi, Pd: “Ora è ufficiale, la camorra era nelle Istituzioni e ha condizionato la vita amministrativa della nostra città, facendola tornare indietro di trent’anni. Non ci sono alibi, non ci sono scuse, chi ha governato in questi otto anni, accusando l’opposizione vera di tutto e di più, ha la responsabilità delle estreme e nefaste conseguenze del fallimento politico”. Non è da meno il collega Michele Grimaldi: “La camorra era entrata a Palazzo Mayer, ne condizionava le scelte, trasformava i diritti in favori, corrompeva, minacciava, strozzava vite, opportunità, sviluppo: negava come un cancro la possibilità dei cittadini di decidere in maniera libera e consapevole, del proprio futuro e di quello dei proprio figli. Rubava, sprecava e dissipava risorse, sottraeva spazi di democrazia e di economia a noi tutti, oscurava con la propria ombra le nostra strade, i nostri progetti, tutto ciò che di bello e di buono veniva piantato. E la nostra Scafati appassiva, tra campagne elettorali, ricatti, decadenze, balletti, colpevoli connivenze, vergognosi silenzi, un ex sindaco che si dimetteva per scongiurare il pericolo di arresto per camorra”. Margherita Rinaldi, segretaria cittadina dei democratici: “Scafati ha tante energie positive e belle che possiamo e dobbiamo recuperare. Sono convinta che ripartendo da quelle si può lavorare ad una stagione nuova che faccia dimenticare presto questa”. Ex alibertiano di Pasquale Coppola, Pasquale Vitiello chiede scusa alla città: “Pur non essendo addentro a queste dinamiche, pur avendo sempre esternato il dissenso rispetto a tematiche e processi che non condividevo. Le scuse di chi, motivato dal senso di appartenenza a questa comunità aveva deciso di dedicarle con impegno il suo tempo credendo in un sogno”. Giustizialista Raffaele De Luca, dei Repubblicani: “Quando si parlerà di aspiranti primi cittadini i primi che escluderemo sono chi per anni è stato con il sindaco dimissionario e di chi no, non bastano due anni per riciclarsi da politico senza macchia”. Dal M5S: “Ora si potrà far luce sulle tante ombre che hanno avvolto questa amministrazione comunale, la sua gestione e i suoi interpreti. Ci dispiace per la città, questa è un’onta per tutti i cittadini scafatesi e per il buon nome della città di Scafati, per i suoi imprenditori e per i suoi commercianti. Ci auguriamo che questo lungo periodo di commissariamento possa risollevare la città per poi andare al voto alla prima data possibile”. (a.f.)

 

—-Una bocciatura del sistema Aliberti

Alle 10,10 di ieri, La presidenza del Consiglio dei ministri pone fine la gestione del potere sotto il controllo del sindaco con un marchio infamante

Dirigenti nominati e sott’occhio del sindaco, assunzioni dirette, affidamenti sospetti, tutto finito nelle carte della dda e della commissione d’accesso

 

tutti a casa

Nel giorno della memoria, ritornano tutti gli orrori del passato a Scafati: come nel 1993, arriva lo scioglimento del comune per camorra. Non più solo una croce al valore civile e militare, non solo una città simbolo della Resistenza: piegata in due dall’asse tra politica e camorra, la città di Scafati ne esce sconfitta e commissariata. C’è lo scioglimento. Sono le 13:54 quando finalmente arriva la comunicazione ufficiale da parte del Consiglio dei Ministri che non lascia più adito a dubbi o a ipotesi complottiste: l’amministrazione comunale di Angelo Pasqualino Aliberti è stata sciolta per infiltrazione camorristica e si tratta di uno scioglimento per i legami tra i vertici politici e le organizzazioni criminali che durerà almeno 2 anni e soprattutto si tratta di un provvedimento arrivato su richiesta della Commissione d’Accesso a seguito di un pressing messo in campo dall’antimafia di Salerno e da più parti politiche. Il Comune di Scafati è stato sciolto per infiltrazione camorristica: di mattina la decisione nel consiglio dei ministri iniziato alle 9 e finito alle 10,10. Il ministro degli interni Marco Minniti ha messo la sua firma, confermata dalla presidenza della Repubblica, sullo scioglimento, annunciato oramai da mesi. Nel mirino della commissione d’accesso arrivata al comune di Scafati lo scorso 21 marzo, ci sono appalti, convenzioni, parentele tra assunti con famosi pregiudicati, ma anche la presenza di elementi vicini ai clan nelle gare d’appalto di palazzo di città, negli affidamenti, nelle nomine ed assunzioni. Tutto coordinato dalla regia di Angelo Pasqualino Aliberti e della sua gestione personalistica del potere. Dirigenti nominati direttamente e sotto il suo controllo, assunzioni dirette e affidamenti sospetti: un atteggiamento che la commissione d’accesso ha letto negli atti e vissuto nelle camere del potere di Palazzo Meyer. Il pool guidato dal viceprefetto Vincenzo Amendola, non lascia dubbi: Pasquale Aliberti e la sua squadra, erano finiti nelle grinfie del potere del clan e lo stesso sindaco, insieme a suo fratello Nello Aliberti, al fido staffista Giovanni Cozzolino ed alla segretaria comunale Immacolata di Saia, avevano creato un sistema di potere alleato della criminalità organizzata e del clan Sorrentino (i Campagnuoli) e anche con il clan Ridosso Loreto. Nella relazione del pool, citati come “alleati”, personaggi vicini anche al clan Matrone. Una realtà già messa in mostra dall’inchiesta Sarastra, coordinata dalla procura antimafia di Salerno e dal pm Vincenzo Montemurro per cui pende l’arresto al sindaco uscente e a Luigi e Gennaro Ridosso, due capi dell’organizzazione criminale. Un’inchiesta che si fonda anche sulle dichiarazioni del pentito Alfonso Loreto, figlio dell’ex ras Pasquale, e di Romolo Ridosso. La Commissione di Accesso presieduta dal vice Prefetto Vincenzo Amendola, dal maggiore dei Carabinieri Carmine Apicella e dal super consulente del Provveditorato alle Opere Pubbliche, Giuseppe Rocco, lavorava in città a stretto contatto con la Direzione Distrettuale Antimafia, con gli uomini della Dia coordinati dal Capitano Fausto Iannaccone, oltre che con un pool di tecnici esperti della Guardia di Finanza e funzionari prefettizi come la dottoressa Desiree D’Ovidio, non si è fatta sfuggire la gestione allegra e “sotto lo schiaffo” anche delle partecipate comunali e dello stesso piano di zona in cui erano stati assunti amici di amici e parenti di consiglieri e assessori comunali. Stesso discorso per alcune società che lavoravano con il comune e per le partecipate dove sembra ancora più forte la presenza delle mani del clan Ridosso Loreto. La decisione di inviare gli ispettori a Palazzo Meyer era stata presa di comune accordo dal Prefetto di Salerno, Antonio Malfi, dal Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza, di concerto con il Procuratore Capo Corrado Lembo ed avallata dal Ministero degli Interni, Marco Minniti. Ora è tempo di attendere la relazione e di leggere cosa sia successo per davvero nelle mura di Palazzo Meyer negli ultimi 8 anni. Sullo scioglimento intanto si attende la pubblicazione ufficiale della relazione.

 

—-Già al via il toto commissari

E’ già toto nomi a Palazzo Meyer per l’arrivo della triade commissariale che gestirà il municipio per i prossimi 2 anni per “ripristinare la legalità” in ogni settore della vita pubblica ed amministrativa del Comune. In pole c’è la possibilità che resti il commissario prefettizio Vittorio Saladino arrivato dopo le dimissioni, lo scorso novembre, del primo cittadino. Possibile anche il ritorno di Desireè d’Ovidio e dello stesso consulente del Provveditorato alle Opere Pubbliche, Giuseppe Rocco. Il ruolo della triade che arriverà sarà innanzitutto cercare di ripristinare la legalità al Comune sarà azzerato ogni cda e ogni settore comunale: una decisione che sarà comunque presa dalla triade commissariale che a partire da lunedì e per i prossimi due anni gestirà il Comune.

 

—-Ecco le irregolarità riscontrate da magistrati e dalla commissione d’accesso agli atti

Dalla gestione degli alloggi popolari a quella delle aree affidate a pregiduicati, dall’Acse alla Scafati Solidali e quella Sviluppo agli appalti

Alloggi popolari affidati a pregiudicati, se non anche ad esponenti del clan, nomine di fedelissimi nelle partecipate, l’Acse in particolare, con lo scopo di affidare servizi e gestioni alle società del clan e poi promesse elettorali diventate assunzioni e nomine dirette a Palazzo Meyer: ecco cosa è uscito dal cilindro del pool anti mafia inviato dal Ministero per verificare l’attività amministrativa del Comune e che ha lavorato per mese tra migliaia di faldoni.

Alloggi popolari. Innanzitutto nel mirino ci sono gli alloggi popolari che sarebbero stati affidati in maniera non proprio legittima ed in particolare all’interno ci sarebbero anche alcuni pregiudicati che non avevano diritto ad occupare quelle case e non solo le avevano occupate in maniera abusiva, ma non erano neanche stati mai cacciati via dagli addetti ai lavori del Comune di Scafati.

Gestione di aree cittadine da pregiudicati. Stesso discorso anche nella presenza di pregiudicati in alcune gestioni di aree cittadine affidate non solo all’Acse, ma anche allo stesso comune di Scafati. Inoltre è stata verificata la presenza non solo di personaggi vicini alla criminalità organizzata, per quanto concerne affidamenti ed appalti, ma anche proprio nomine dirette fatte a parenti oppure a persone legate ad esponenti del clan.

Pompe funebri. È stata messa in luce anche la presenza di criminalità organizzata nella gestione dei servizi cimiteriali e soprattutto degli spazi pubblicitari dedicati alle affissioni funebri che erano finite nella piena disponibilità del clan Matrone.
Una realtà denunciata anche dal dirigente Giacomo Cacchione che ha messo in luce un’altra cosa segnalata dal pool antimafia: un clima di terrore anche per il modo in cui Di Saia e il sindaco gestivano la “res pubblica”.
Partecipate e società comunali, Acse, Scafati solidale e Stu. E’ finita nella relazione pool antimafia anche la gestione delle partecipate comunale di in particolare l’Acse in cui dalle dichiarazioni del pentito Alfonso Loreto era emersa la presenza del vicepresidente come un uomo del clan che avrebbe dovuto svolgere un ruolo pubblico per favorire le ditte appartenenti alla criminalità organizzata. Si tratta in questo caso di Ciro Petrucci, indagato nell’ambito dell’inchiesta che squarcia il velo del legame tra politica e camorra. Stesso discorso anche per la nomina di alcuni responsabili di settori comunali legati da vincoli di parentela con esponenti della criminalità organizzata locale. Alcune di queste nomine erano state fatte in maniera diretta dal sindaco Pasquale Aliberti. Anche la gestione della società Scafati sviluppo per la reindustrializzazione dell’area ex Copmes è finita nel mirino del pool antimafia che ha verificato una gestione procedurale errata di alcuni meccanismi interni ed inoltre anche segnalato la presenza di cooperative vicino alla criminalità organizzata nella gestione sia della vigilanza che anche dell’affare sicurezza.

Gestione degli appalTI. Come già segnalato dal procuratore Lembo in merito alla città di Scafati sarebbe stata evidenziata la presenza di alcune società vicine al clan dei Casalesi negli appalti comunali e quindi anche di società che addirittura erano finite nello scandalo mafia capitale. In particolare nei mesi scorsi era emersa la presenza di una ditta ed un pool di progettisti, Archicons e G&D, che avevano collaborato al progetto del polo scolastico per cui il Comune ha percepito dei fondi più Europa, ma di fatto non è stato realizzato. Era emersa anche la presenza di un architetto che aveva realizzato il bunker in cui si nascondeva Michele Zagaria, boss dei Casalesi: il professionista Domenico Nocera era stato scelto direttamente dal Comune di Scafati per effettuare dei lavori proprio in quell’area come in altri cantieri scafatesi.

GESTIONE PERSONALISTICA DEL POTERE – Una gestione personalistica del potere fatta di nomine e di incarichi dati in maniera illegittima e per cui ci sarebbe anche verificata la possibilità di voto di scambio in particolare con clientele messa in campo con l’aiuto di servizi come lo staff più Europa il piano di zona oppure il servizio civile. Verificata anche la presenza di infiltrazioni camorristiche che hanno influito attraverso palazzo Meyer, nella gestione dei parcheggi comunali ed anche in un’altra società che svolge servizi per il comune di Scafati.

IMMACOLATA DI SAIA. Uno dei perni centrali della relazione del pool antimafia che ha suggerito al Ministero degli Interni lo scioglimento del Comune di Scafati è il ruolo di Immacolata di Saia. La segretaria era presente in diversi comuni sciolti per camorra come Casapesenna, San Cipriano di Aversa, Casal di Principe, Trentola Ducenta e Battipaglia,e secondo i commissari non avrebbe rispettato il suo ruolo di garante della legalità in alcuni progetti come quello della ex Copmes ed anche del polo scolastico così come i numerosi altri appalti comunali. Ciò che viene contestato dal pool antimafia è anche una gestione allegra di tutte le procedure amministrative ed in particolare la creazione, insieme a Pasquale Aliberti di un meccanismo di potere che aveva portato alla presenza di clientelismo ed anche alla possibilità di far proliferare il voto di scambio dando una gestione personalistica diretta al Sindaco in appalti e servizi, ma anche nella gestione dei servizi sociali. Sarà la prima ad andare via, appena arriverà la triade commissariale.

IL CLIMA POLITICO. Dal 2011 ad oggi sono 63 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni di stampo mafioso. L’ultima new entry di questo triste catalogo è il comune di Scafati. Scafati rivive quindi l’incubo dello scioglimento del marzo 1993 dopo 24 anni. Arriva la stangata dopo l’inchiesta che lo scorso 18 settembre 2015 aveva portato avvisi di garanzia all’ex sindaco Pasquale Aliberti, a suo fratello Nello, la moglie consigliere regionale di Fi Monica Paolino,la segretaria comunale Immacolata Di Saia e lo staffista del sindaco Giovanni Cozzolino per i presunti legami con il clan Ridosso Loreto. La lunga inchiesta ha una ventina di persone indagate e potrebbe anche avere risvolti ancora più duri a breve. Intanto a marzo scorso era stata inviata al comune di Scafati la commissione d’accesso che per mesi ha lavorato a Palazzo Meyer: a seguito del lavoro, la commissione ha proposto lo scioglimento del municipio per infiltrazioni camorristiche. Una richiesta già formulata mesi prima dall’antimafia e poi rimandata all’analisi della commissione d’accesso. Successivamente era arrivata la richiesta di arresto per il sindaco Pasquale Aliberti, su cui il giudice si è espresso favorevolmente condannandolo al carcere insieme agli esponenti del clan Ridosso Loreto. Nulla invece per suo fratello Nello Aliberti, tuttora considerato uno dei perni di questa indagine. Sulla questione si attende la decisione della Cassazione per il prossimo 7 marzo. Ora al comune di Scafati, già commissariato dopo le dimissioni del sindaco lo scorso novembre, arriverà una triade commissariale. I primi tre nodi da sciogliere: resterà il commissario Vittorio Saladino che aveva già improntato il lavoro al Comune? Chi saranno gli altri componenti della triade commissariale e poi: cosa c’è scritto e chi viene citato nella relazione che spiega i legami tra politica e camorra a Palazzo Meyer?

 

—- Ripercussioni per Forza Italia e molti politici dell’Agro

Non solo un “fatto scafatese”. Lo scioglimento del consiglio comunale di Scafati avrà sicuramente ripercussioni in tutta la provincia di Salerno. L’ex sindaco Pasquale Aliberti era uno degli uomini forti e maggiori portatori di voti di Forza Italia nel salernitano, difeso ad oltranza da molti esponenti politici anche nazionali del partito. La moglie, Monica Paolino, indagata assieme a lui in inchieste che ruotano sui rapporti tra politica e camorra, è per la seconda volta consigliera regionale di Forza Italia che l’aveva scelta per ricoprire l’incarico anche di presidente della commissione regionale antimafia, dal quale si era dimessa. Una situazione di grande imbarazzo per il partito e che non mancherà di causare guerre interne al partito, dove molti erano malpancisti del peso della coppia Aliberti-Paolino. Nell’Agro nocerino, poi, lo scioglimento del consiglio comunale per camorra e, quindi, l’assenza dalla scena politica per due anni dei rappresentanti politici scafatesi avrà un peso nel riconsiderare una stagione di gestione di enti consortili (come quella degli ultimi anni del Piano di zona per i servizi sociali, dove Scafati era Comune capofila) ma anche per quella degli anni futuri. Senza contare, inoltre, sulle ripercussioni in molti consigli comunali della zona, dove gli Aliberti avevano referenti ai quali davano anche forza politica e che ora sono senza “spalle coperte”. Gli effetti di questo scioglimento saranno ancora molti e imprevedibili.