Di Adriano Falanga
“Non può essere che una mattina qualsiasi mi ritrovo sui giornali, indicato come ‘l’uomo di fiducia del clan’. Io neanche conosco quei personaggi”. Si dice molto arrabbiato, nonché decisamente sorpreso l’avvocato Alfredo Berritto, nel vedere associato il suo nome alla cosca dei Ridosso-Loreto. “L’aver collegato il mio nome a persone che non ho mai conosciuto è un fatto gravissimo. Prima di oggi non conoscevo neanche fisicamente queste persone – puntualizza con piglio Berritto – e sfido chiunque a trovare anche solo una telefonata tra me e questi signori”. Secondo le dichiarazioni del pentito Alfonso Loreto, figlio di Pasquale, già pentito e noto esponente della Nuova Famiglia, il Berritto sarebbe stato indicato dal clan come loro persona di fiducia per il cda dell’Acse, la partecipata che si occupa dei servizi esterni tra cui la raccolta rifiuti, i parcheggi e i servizi cimiteriali. Un nome scomodo per il primo cittadino, che avrebbe chiesto una mediazione per trovare un altro riferimento, in quanto la nomina dell’avvocato non era gradita al Carmela Berritto, sua cugina e consigliera comunale di maggioranza. Ecco quindi che era entrato in ballo, suo malgrado, Nello Longobardi (zio dell’attuale assessore di Aliberti, Diego Chirico). Longobardi ha ammesso infatti di aver mediato tra Aliberti e Ridosso per la nomina della “seconda scelta” del clan alla vicepresidenza dell’Acse: Ciro Petrucci. Sul caso sono stati interrogati anche altri teste che hanno confermato il ruolo chiave del clan nella scelta dei “posti di potere” nelle partecipate o nei “giochi” politici scafatesi. Il racconto di Alfredo Berritto offre una versione decisamente diversa.
“L’unica persona che conosco è Roberto Barchiesi e la sua famiglia, che da tempo si servono, da un punto di vista medico soprattutto, della mia famiglia. Barchiesi mi ha visto crescere, conosce bene la mia onestà e integrità morale, e le mie competenze professionali. Fu per questo che mi propose di entrare nel cda dell’Acse – chiarisce il legale scafatese – e sempre lui, dopo qualche tempo, mi disse che la nomina non si poteva più fare”. Smentisce ogni altra finalità in quella mancata nomina, e ogni tipo di legame con i Ridosso-Loreto: “mi dissocio completamente da queste persone, con cui mai ho avuto a che fare – continua – e non so nemmeno chi siano. Mi riservo di querelare tutti coloro che hanno associato il mio nome in questa vicenda, a partire dal pentito che ha reso quelle dichiarazioni, a chi le avrebbe poi confermate2. Infine, Alfredo Berritto riconosce di non aver sostenuto in campagna elettorale la cugina Carmela, ma solo perché si tiene distante dalla politica: “ma i nostri rapporti non sono affatto incrinati, sono normali rapporti di famiglia, nessuna acredine”. E anche la stessa consigliera comunale conferma i buoni rapporti con il cugino legale. “E’ un bravissimo e onesto professionista – spiega la Berritto – smentisco fermamente le notizie riportate dai giornali”. Chiaramente relative alle dichiarazioni del Loreto, così come si legge nel documento di rigetto dagli arresti emesso dal Gip Donatella Mancini in data 28 giugno.
ALIBERTI: “SI VEDE LA LUCE”
Da Palazzo Mayer nessuna nota ufficiale, come continua a restare in silenzio Roberto Barchiesi, entrato in un secondo momento nell’inchiesta ma a pieno titolo, avendo avuto un ruolo importante nel patto elettorale Aliberti-Ridosso, secondo le testimonianze del pentito e di alcuni teste fino ad oggi ascoltati dalla Procura Antimafia. Secondo l’avvocato Berritto sarebbe stato lui ad avergli proposto la nomina nel cda dell’Acse, una decisione frutto della stima umana e professionale che il consigliere comunale nutre per lui, da lungo tempo. Poi non se n’è fatto più nulla. Loreto jr sostiene perché il suo nome era inviso dalla cugina Carmela, consigliera comunale alibertiana, in quanto non l’avrebbe supportata in campagna elettorale. Entrambi i Berritto hanno smentito a Cronache. Come sempre più spesso capita, al social network Facebook vengono riservati i pensieri personali. “Le grandi verità iniziano come calunnie, bestemmie o maldicenze. Poi però, quando le si conoscono fino in fondo, possono anche rendere voi altri folli – scrive Pasquale Aliberti sulla sua pagina – Cambia finalmente la prospettiva, si vede la luce ma le persone che ci vogliono bene sono restate sempre lì, al proprio posto. Grazie di cuore”. Insomma, il rigetto degli arresti appare come un primo segnale positivo, nonostante la motivazione del gip Mancini sia tutt’altro che a favore. “Capisco il rammarico e la delusione di coloro che in questi mesi hanno postato il borsone da viaggio. Dopo undici lunghi mesi la verità inizia a prendere forma”, è la positiva visione di Brigida Marra, la pasionaria alibertiana, che con Teresa Formisano e Carmela Berritto non ha mai prestato le spalle al loro leader. “Aliberti è smentito dal Gip. L’inchiesta dimostra in modo inequivocabile che l’Aliberti che parla è diverso da quello che opera – dall’opposizione Mario Santocchio – un uomo senza scrupoli disposto a tutto per il potere. Gli rinnoviamo la richiesta di dimissioni”.