Scafati. Un ulteriore verbale, l’ultimo, depositato con dichiarazioni del collaboratore di giustizia scafatese Giuseppe Di Dato che mettono alla luce traffici di droga, estorsioni e dinamiche del clan criminale “Famiglia” operante tra Scafati, zone confinanti e agro nocerino. Dettagli nuovi e preoccupanti. Di particolare importanza sono state le rivelazioni riguardanti il traffico di stupefacenti. Un punto chiave dell’interrogatorio svoltosi un paio di mesi fa ha riguardato Michelangelo Aquino, indicato come il principale fornitore di droga per il gruppo criminale. “Aquino ci forniva cocaina ogni settimana. Ho assistito personalmente a numerose consegne a Salvatore Di Paolo e Antonio Forte. Tutto era ben pianificato: ci incontravamo nei cortili di alcuni palazzi o nelle case popolari dove custodivamo la merce”, ha raccontato Di Dato. La gestione del traffico di droga era altamente organizzata, con Aquino che assicurava una fornitura costante di stupefacenti e il clan che si occupava della distribuzione sul territorio. Di Dato ha anche descritto come queste operazioni fossero protette da una vasta rete di complici e alleanze con altri gruppi criminali locali. Le sue dichiarazioni hanno inoltre svelato l’estensione del sistema di estorsioni. “Salvatore Di Paolo si occupava di costringere le aziende ad assumere la nostra manodopera. Creavamo cooperative fittizie e obbligavamo i titolari delle fabbriche a impiegare i nostri operai, che venivano pagati meno del dovuto. Il resto del denaro finiva nelle casse del clan”, ha spiegato il collaboratore, evidenziando come il gruppo mantenesse un controllo stretto sull’economia locale. Il potere del clan, però, non si limitava a Scafati. Di Dato ha rivelato che il gruppo riusciva a estorcere denaro anche da imprenditori di altre zone: “Avevamo accordi con altri clan per dividere i territori e gli affari. Anche chi operava fuori dalla nostra area di influenza doveva pagare. Era un sistema ben organizzato”. Il collaboratore ha fornito dettagli anche sulla struttura gerarchica del clan, facendo nomi e cognomi di vari membri affiliati. Tra questi, emergono le figure di Francesco Aquino, soprannominato “o’ ninja”, e Dario Federico, entrambi considerati persone di fiducia nelle operazioni illecite. “Con Dario Federico ho partecipato a diverse operazioni. Sapeva gestire bene le cose, era uno di quelli che si occupava della distribuzione della droga e delle riunioni con gli altri membri”, ha detto Di Dato. Il collaboratore ha inoltre fornito informazioni sulle modalità di comunicazione all’interno del clan, rivelando che anche i detenuti riuscivano a mantenere il controllo delle operazioni dal carcere. “Antonio Forte, anche mentre era detenuto, dava ordini tramite i cellulari. Gestiva il traffico di droga anche dalla prigione”, ha dichiarato, sottolineando come il clan fosse capace di eludere i controlli nelle strutture carcerarie. Di Dato ha anche menzionato un incontro avvenuto a Torre Annunziata, un episodio importante in cui si tentò di risolvere le tensioni interne al gruppo: “Ci siamo incontrati a Torre Annunziata per mettere fine ai dissidi tra i vari gruppi. Non potevamo permetterci che le divisioni indebolissero il nostro controllo sul territorio. Fu una riunione cruciale per ristabilire l’ordine”. Le dichiarazioni di Giuseppe Di Dato dipingono un quadro dettagliato e inquietante delle attività criminali a Scafati, confermando la capillare influenza del clan sul territorio. “Avevamo tutto sotto controllo. Nessuno poteva fare nulla senza il nostro permesso”, ha ribadito Di Dato, riferendosi all’imposizione di pagamenti e alla gestione degli affari illeciti. Le nuove rivelazioni (davanti al pm Elena Guarino in estate in carcere ad Ariano Irpino) permetteranno agli inquirenti della Dda di Salerno di approfondire ulteriormente le indagini sul clan e sulle sue ramificazioni. “Sono pronto a raccontare tutto ciò che so, per far emergere la verità e porre fine a questi traffici” ha detto. A novembre Di Dato sarà in aula per il rito abbreviato insieme ad altri 22 imputati nell’ambito del processo al clan “Famiglia” su pizzo, droga e stese sul territorio scafatese e quello di Castellammare di Stabia.
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