Forse, ma senza forse, la causa dei ricorrenti episodi di inquinamento del mare della storica spiaggia di Santa Teresa a Salerno potrebbero essere stati causati dagli sversamenti di un vicino cantiere, mai ultimato e trasformatosi in una cloaca a cielo aperto. Nascosta alla vista dauna recinzione, ma non all’olfatto, la fossa è situata vicina a quel rivolo che ogni tanto colora il mare della spiaggia. A volte bianco, a volte rosso il “chiavicone”, come lo chiamavano a ragion veduta i vecchi salernitani potrebbe essere lo sfogo del contenitore mai completato chea vrebbe dovuto contenere le cabine elettriche per l’alimentazione energetica dell’area, costo complessivo, recita un cartello caduto a terra di 3,9 milioni di euro. In pratica sembra che ogni volta che ci siano previpitazioni metereologiche abbondandi la vasca travasa i suoi liquidi nel rio e a seconda del colore dei liquami che si sono accumulati cambia di colore. Di certo, non siamo dei tecnici, ma a vista appare pieno di acqua che dall’odore di uova marce dovrebbe avere una natura sulfurea. Sembra infatti che ci siano delle sorgenti che sgorgano proprio li dal sottosuolo. Dipendono anche da ciò gli scarichi “colorati” sulla spiaggia di Santa Teresa, lo si dovrà stabilire e del resto basterebbe poco. Sel’Arpac che viene spesso chiamata per verificare l’inquinamento prodotto dallo scolo facesse controlli a pochi metri di distanza nella vasca di certo si protebbe stabilire una connessione che, ripeto, agli occhi di un inesperto appare piuttosto probabile. L’estate stà per arrivare ed i salernitani storici che non hanno la possibilità di andare in altri lidi si riverseranno sul lido “Pidocchietti”, altro nome che la tradizione affibia alla spiaggia. Per loro, per il decoro di Salerno, per la salute pubblica, sarebbe il caso, lo si chiede da anni, che si facesse luce sui quei fenomeni ricorrenti di strane colorazioni che sgorgano dal vecchio chiavicone. Altra questione sarebbe capire perchè quel cantiere, ormai abbandonato, è in quello stato, ma questa è tutta un’altra storia.
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