Alnerto Cuomo
In passato la città si costruiva in relazione a due fuochi, il palazzo del signore e la cattedrale, che erano anche luoghi di aggregazione sociale. Nell’Ottocento, con l’industrializzazione, l’abbattimento delle murazioni e l’espansione urbana i centri di riferimento per la costruzione della città furono molteplici, legati ai siti del lavoro, ai servizi e al tempo libero. La metropoli, potrebbe dirsi, era figura della relatività ristretta secondo cui i poli di aggregazione avevano un ruolo gravitazionale, per le costruzioni e la vita sociale, con reciproche interferenze. La megalopoli attuale sembra invece, seguendo la metafora della fisica, essere soggetta alla relatività generale, ovvero con poli variabili che si costituiscono di volta in volta creando interferenze diverse. Salerno non è una metropoli e neppure una megalopoli ma con le altre città al contorno, tra Cava e l’agro nocerino, la valle dell’Irno e la connessione con Battipaglia potrebbe costituire una realtà metropolitana. Il più grande errore di De Luca, che sarà pagato dai salernitani, è stato nell’aver isolato Salerno rispetto ai territori circostanti nella megalomane ipotesi di una supercittà, una cosiddetta “città europea”. Di qui la difficoltà economica di sostenere i servizi di grande scala, tribunale, ospedale, campo sportivo, teatro etc. senza il concorso delle altre città che ne beneficiano. È indicativo in questo senso che anche quelli più banali, quali le strade carrabili e pedonali, trovano difficoltà nella manutenzione sebbene si alzino le tasse locali. Si consideri il vivace dibattito in città, dei giorni scorsi, sullo stop voluto da De Luca ai lavori di rifacimento del manto stradale di Corso V. Emanuele al fine di chiudere il cantiere che sarebbe stato di intralcio al prossimo passeggio legato alle cosiddette luci d’artista. Lo sterro, già realizzato, è stato cioè frettolosamente chiuso e coperto con asfalto, sì da rendere il fondo eterogeneo ed antiestetico per quello che era detto “corso da Re” in una incoerenza con la primitiva scelta di ripristino tale da non potersi non rilevare l’atteggiamento contradditorio dell’amministrazione allestita dallo stesso presidente regionale. Singolare comunque che, in tanta sensibilità, i cittadini non si accorgano, e non protestino per lo sfascio ormai evidente della città al fine dell’arricchimento di pochi. Si direbbe che all’arricchirsi dei costruttori i quali hanno determinato nell’era-De Luca l’ingolfamento di Salerno con migliaia di metri cubi di cemento corrisponda l’impoverimento, ovvero il degrado, dei luoghi pubblici che, pertanto, non si avvantaggiano affatto della tassazione sulle costruzioni. In un certo senso la città è stata espropriata ai cittadini dal momento che tutte le aree libere, persino le pubbliche quale era quella delle “Chiancarelle”, sono occasione per interventi privati, mentre i servizi, sia quelli posti in edifici, sia quelli all’aria aperta, strade, piazze, giardini. parchi, sono lasciati decadere nell’incuria. Sorvolando su quelli edificati, come il Ruggi, i vari plessi scolastici, le sedi Asl, in gran parte fatiscenti, sintomo dell’abbandono in cui versa la città è lo stato dei giardini. Si pensi al parco del Mercatello, in un’area che De Luca voleva fosse destinata all’edificazione di residenze e che solo le battaglie di opinione ed anche giudiziarie dell’ingegnere Ricciardi e del giornalista Bianchini sottrassero alla speculazione, oggi tanto degradato da sconsigliarne l’attraversamento. Per non dire dei giardini di villa Carrara, di piazza S. Francesco, del Seminario o della villa comunale che, oggetto di un restauro scellerato con cui si negò il disegno delle aiuole all’inglese con due assi ortogonali nella sostituzione dei bei salici con improbabili banani, vede attualmente il fondo sconnesso e una dissimmetria tra piante non sviluppate ed altre cresciute eccessivamente tanto da far pensare a una foresta. Ma i giardini che versano in uno stato di totale deterioramento sono quelli del Lungomare. Ridefinito il fondo negli anni Ottanta da architetti che seppero coniugare il nuovo disegno con quello passato, il nostro lungomare vede non solo il prato delle aiuole poco curato, le piante lasciate a se stesse, gli alberi inclinati dal vento e non rimessi in sesto, la presenza di ratti, quanto la quasi impossibilità di passeggiare lungo il mare. Il fondo infatti appare sconnesso in diversi punti a causa dei cantieri che si sono succeduti per realizzare sottoservizi senza tuttavia ripristinare lo stato dei luoghi. È il caso della linea di piastrelle chiare in graniglia tangente alle aiuole che rimossa per lo scavo è stata sostituita da cemento misto a terra tanto fragile da frantumarsi creando, oltre alla cattiva resa estetica, pericoli per i cittadini. Quanto al cantiere eterno per i parcheggi interrati posti di fronte all’edificio della provincia, progettati dal solito duo di tecnici autori di diversi parcheggi analoghi a Salerno, il danno che ha determinato è sotto gli occhi di tutti e, viene da chiedere, se esso non debba sollecitare la curiosità di una qualche autorità giudiziaria a garanzia dei cittadini. Ma anche questo è solo l’esempio di una politica sciagurata cui altre istituzioni non hanno saputo o voluto porre limiti, se non rilevare, come ha fatto il prefetto passato all’atto del suo trasferimento, che Salerno è sporca, senza chiedersi dei motivi.