di Olga Chieffi
Continua con buon apprezzamento di critica e pubblico, la rassegna concertistica dell’ Associazione Culturale Emiolia, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio. Una serata particolare, quella di oggi, con brani di raro ascolto, per il V appuntamento del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo “In cordis cordae”, in collaborazione con l’Arcidiocesi salernitana, col patrocinio morale del Comune di Salerno, nella Chiesa di San Giorgio, alle ore 20, vedrà protagonisti il controtenore Antonello Dorigo, il basso Massimo Di Stefano e il clavicembalista Marius Bartoccini. Il programma principierà con “Qualor crudele”, una cantata per alto e basso continuo. Handel l’aveva scritta a Napoli, la più straordinaria delle città, goduta solo pochi giorni eppure indimenticabile. Un percorso articolato si mostra in queste scelte, attraverso quegli autori che hanno reso memorabile la nostra storia musicale che probabilmente fu tracciata da uno stuolo di esecutori dalla forte coscienza musicale e dalla tenace volontà “performativa”, la linea del canto è apportatrice di “segni” restituiti dalla profonda conoscenza della cinesica, dove il suono predispone al gesto e alla postura, alla mimica e al movimento. Uno dei maestri incontrati in Italia, fu Alessandro Scarlatti, del quale ascolteremo la cantata “Nel mar che bagna il bel Sebeto” – raro esempio di cantata per basso – che offre un campionario esemplare di occorrenze cinetiche-espressive destinate al cantante alfine di “ri-creare” attraverso il codice musicale un teatro fortemente evocato tutto da far rivivere, e da riscrivere, nel momento performativo quando la magia dell’interprete e tale da far vedere ciò che non si vede. Quindi, l’opera del genio di Halle verrà confrontata con quella del maestro veneto Agostino Steffani. I due compositori s’incontrarono a Brunswick in Germania ove Agostino Steffani era divenuto maestro di cappella, incarico che lascerà designando come suo successore proprio il giovane Handel. Il confronto sarà incentrato sui duetti accompagnati da una linea di basso, forma compositiva in cui entrambi si cimentarono diffusamente e che vide nelle opere degli italiani dell’epoca, su tutti, la più alta espressione. Di estremo fascino le linee melodiche di questi duetti, che sono una particolare forma della cantata italiana profana e come tali rappresentavano la controparte dell’opera e degli oratori, andando ad occupare il ruolo che nel Rinascimento fu del madrigale. Di Agostino Steffani, il terzo di dodici duetti “Sia Maledetto amor”, che dà anche il titolo alla serata, latore di una scrittura che si basa su alcuni stilemi tipici della cantata del secondo Seicento, adottati da grandi esperti di tale forma, quale Giacomo Carissimi, di cui fece sua la predilezione per le tonalità minori, e Antonio Cesti, dal quale acquisì l’utilizzo estensivo del tempo ternario. Inoltre, il tessuto armonico di queste pagine è reso denso da numerosi episodi cromatici che si muovono parallelamente o si intersecano in intrecci arditi, dando vita a progressioni languide che giocano su continui ritardi e dissonanze. Il concerto saluterà ancora Georg Friderich Haendel protagonista con la cantata “Stanco di più soffrire”, che ci porrà di fronte alla lezione espressa dal musicista italiano, fondata su di una genuina e amabile vena lirica supportata da tecnica levigata e plasticità formale, dove la prevalente presenza dello stile contrappuntistico si stempera con un morbido ed elegante istinto melodico. Si procederà con, sempre del genio di Halle, “Dalla guerra amorosa” cantata per basso (HWV102a), composto per il bassista Cristofano, che era stato assunto dal marchese Francesco Ruspoli per il ruolo di Lucifero ne’ La Resurrezione per la Pasqua del 1708. L’opera fu, poi, inclusa in una raccolta di cantate romane ad Hannover e il neo-direttore della musica di corte del duca di Brunswick-Luneburg avrebbe dato questa cantata allo stesso bassista che ha anche interpretato il ruolo del Dio delle Muse nella sua cantata su larga scala Apollo e Dafne. Il tema di questa cantata utilizza la metafora familiare della fuga dalla guerra d’amore, che in passato ha ispirato Monteverdi in diversi madrigali. Questa toccante cantata raffigura un amante che si rende conto che è meglio fuggire dalla guerra dell’amore che essere sconfitto dal vendicativo Amor, poiché il Dio dell’amore armato delle sue frecce si nasconde dietro ogni paio di ammalianti begli occhi neri. Chiusura della scaletta ufficiale con il duetto di Haendel “Caro autor di mia doglia”, duetto per alto, basso e basso continuo, il quale scrisse questa piccola opera vocale sempre nel breve soggiorno italiano. Un duetto sensuale intriso della scoperta di Händel della cultura italiana, in particolare arcadica, che includeva l’ascolto e la comprensione della musica di Corelli e Alessandro Scarlatti, attraverso i quali acquisì l’arte incomparabile di creare aure senza l’aiuto della rappresentazione scenica, liberando il flusso della sua fantasia musicale imprigionata dalla tradizione dei maestri di cappella.