di Giovanni Perna
Facciamo a capirci da su- bito. Scrivo in iperbole, è re- altà aumentata e distorta, risparmiatevi la vostra mo- rale prêt-à-porter.Se siamo a posto, vi direi che oggi è 25 aprile 2025. E che, nel mio piccolo, io pure sono degno di misericordia e sono partigiano. Da Largo Ippocrate a questa vetusta cattedrale ho fatto pure io il mio viale a piedi. E come
quello della canzone, chiedo Liberazione e mi sento di morir. Pure io tengo la mia panca.È di plastica, non mi ci siedo e non tiene inginocchia- toio. Resto in piedi, con so- brietà non imposta da decreto governativo. È la so- lita, è quella di chi soffre. Di- retta.it si pregia mandarmi notizie di Bohinen. Io aspetto.
E finalmente arriva. Quel ter-
ribile momento che chiamano “finale di stagione”. Dentro il cuore un’emozione, nella tasca una vibrazione. Ché se davanti ai miei occhi non ac- cade nulla di positivo, sono le notifiche dello smartphone a tenere banco.
Tra ex risorti e sospensioni pluviali a Brescia —qua a Sa- lerno ci starebbe tutto il primo bagno stagionale— il
mondo è una matassa che non si dipana, la ragione fugge altrove mentre l’ulti- missimo Cosenza perde tempo, ti annullano una rete, Corazza si divora l’impossi- bile, sobrietà del sottoscritto compresa.
È 0–0 di una fase “A” del match che ti lascia squieto.
Si riprende e, guarda un po’, Corazza non ha più appetito.
Giusto un amaro da fine pasto. È un Jefferson cala- brese la rasoiata che si infila dove Micai, nell’occasione ca- rente di acqua e zucchero, non arriva.
È tappo che salta. Nonostante la rete di Zilli, si alza un vento buono. È l’ultimo che passa, deve essere quello giusto.
Ancorché orfana di attaccanti goleador, la Salernitana ne segna tre, e…
…e niente, si iscrive alla ker- messe di fine torneo. Un tor- neo dove a trentacinque vedi Picerno, a trentasei puoi im- maginare di tornare a Vene- zia (o ad Empoli).
In meno di due settimane di maggio si deciderà tutto, più
varie ed eventuali. Troppo brutte le sensazioni di que- sti mesi per considerare de- finitive quelle che mi accompagnano nel viaggio di ritorno dalla mia umile cattedrale. Ma se è consen- tita preghiera, che il Jeffer- son di Corazza pulisca la bocca dai sapori cattivi, che il vento sia veramente quello buono, che questa barca cazzi la randa. Nel Golfo dei Poeti, è là che l’onda ci porta.





