Ravello. Myung-Whun Chung meets Mao Fujita - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura Musica

Ravello. Myung-Whun Chung meets Mao Fujita

Ravello. Myung-Whun Chung meets Mao Fujita
Di Olga Chieffi
Sarà il pianoforte il protagonista della LXXIII edizione del  Ravello Festival, firmata dal direttore artistico Lucio Gregoretti. Alle 20, stasera, sul belvedere di Villa Rufolo ospiterà il ritorno della Filarmonica della Scala diretta da Myung-Whun Chung, con il giovane pianista giapponese Mao Fujita, classe 1998, medaglia d’argento del Concorso Čajkovskij 2019, vincitore del Concorso Haskil e artista in esclusiva Sony Classical.  In apertura il Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 op. 58 di Ludwig van Beethoven, tra le pagine più poetiche del repertorio pianistico romantico, seguito dalla Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98 di Johannes Brahms. Chung lo scorso maggio è stato designato come direttore musicale del Teatro alla Scala dal 2027 e questo concerto rappresenta la prima uscita del Maestro Sudcoreano, con i complessi scaligeri dopo tale nomina. Ludwig van Beethoven attese ai suoi due ultimi Concerti per pianoforte e orchestra nella piena, non avanzata, maturità: il Concerto in sol magg. n.4, affidato da Myung-Whun Chung al giovane pianista giapponese Mao Fujita, di cui s’è perso il manoscritto originale, fu composto nel 1806 ma eseguito – con l’autore al pianoforte – nel marzo 1807, in un’occasione privata, con la Quarta Sinfonia e l’Ouverture Coriolano, nel palazzo viennese del principe Lobkowitz. La presentazione pubblica ebbe luogo solo il 22 dicembre 1808, nel freddissimo Teatro an der Wien dove i viennesi – pare che alcuni, intirizziti, lasciassero pian piano la sala dello storico concerto – conobbero anche la Quinta Sinfonia e la Sesta Sinfonia. Carl Czerny, un padre nobile e geniale del pianoforte, che per ben tre anni fu allievo di Beethoven, era presente e notò che l’Autore, anche qui alla tastiera, suonò il Concerto “molto arbitrariamente, introducendo nei passaggi molte più note di quelle che vi erano”: dunque in gran vena, incontenibile. con questa partitura, Beethoven segna un netto distacco dalla tradizione, soprattutto dai modelli pur altissimi di Mozart, per affermare una scrittura assolutamente originale sin dall’inizio, dalle prime note, affidate allo strumento solista. Da lì in poi, il dialogo fra pianoforte e orchestra si fa variegato, tra il colloquiale e quasi “affettuoso” e il ruvidamente contrastato, ovvero, quell’inconfondibile impronta beethoveniana che annuncia il successivo capolavoro del Quinto, quello dell’Imperatore. Il primo movimento, un Allegro moderato, inizia col pianoforte che espone un bellissimo tema romantico poi ripreso dall’orchestra, quindi, un secondo tema e il dialogo ampio e vigoroso crea una piacevole atmosfera ricca di contrasti e foriera di ulteriori sviluppi. Segue l’andante con moto, con passaggi in grave, sottolineati dagli archi che prefigurano una certa atmosfera inquietante,  appena accennata e il pianoforte che sfiora alte vette di lirismo preannunciando il tema del rondò finale. Chiude il concerto un Rondò Vivace, attraversato dall’essenza della danza, con il pianoforte e l’orchestra che si contendono il ruolo di protagonista raggiungendo alti livelli d’espressione. La seconda parte della serata sarà dedicata interamente all’esecuzione della  Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98  di Johannes Brahms la cui  peculiarità stilistica si rese manifesta anche alle orecchie degli ascoltatori meno sensibili. La ricchezza di spunti melodici, l’attenzione per le sonorità cameristiche, la cura per ogni singolo timbro orchestrale fanno della Quarta sinfonia una delle opera più complesse di tutto il repertorio brahmsiano. Basta la tensione dell’idea iniziale, con il suo andamento ansimante, per cogliere tutta l’originalità dell’invenzione: l’ispirazione beethoveniana aveva sempre puntato verso una maggiore schiettezza melodica e ritmica. Un’idea così fortemente connotata non lascerebbe sospettare la straordinaria ricchezza delle rielaborazioni successive; eppure Brahms mette in scena trasformazioni insospettabili, inaugurando una linea compositiva che contraddistingue anche i movimenti successivi. Nell’Andante le due idee principali passano attraverso timbri, climi e temperature emotive contrastanti; ma in nessun momento si ha l’impressione di assistere a violente fratture. Solo l’Allegro giocoso sembra abbandonare la mutevolezza che contraddistingue le pagine precedenti: lo anima un’idea dai tratti chiassosi, di una solarità forzata che non tarda a scurirsi nel ripiegamento lirico del secondo episodio. Il finale della Quarta sinfonia di Brahms è una ciaccona. L’origine di questa struttura formale va rintracciata in una antica danza spagnola, costituita da una serie di variazioni su un basso ostinato: le elaborazioni si susseguono sempre sulla stessa linea melodica, che si ripete nella parte più grave dell’organico o della tessitura strumentale. Celebri sono gli esempi bachiani (le Variazioni Goldberg, il finale della Cantata “Meine Tage in den Leiden”); la Ciaccona tratta dalla Partita BWV 1004 per violino solo è stata oggetto di moltissime rivisitazioni: anche Brahms ne ha realizzato una trascrizione per pianoforte. Nel corso delle variazioni che compongono una ciaccona il tema può anche allontanarsi dal registro grave, per spostarsi nelle altre voci. Nel finale della Quarta sinfonia di Brahms questo caso si verifica spesso, e in alcune variazioni la melodia viene addirittura frammentata in timbri diversi.