Ravello Festival, intervista a Gregoretti - Le Cronache Ultimora
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Ravello Festival, intervista a Gregoretti

Ravello Festival, intervista a Gregoretti
Di Olga Chieffi
Ritorna in costiera Lucio Gregoretti, a Ravello, scelto dal direttivo della Fondazione presieduta da Alessio Vlad, in qualità di direttore artistico della LXXIII edizione del Festival. Un incarico di grande responsabilità, un nome nuovo dopo anni di conduzione da parte di Alessio Vlad e lo scorso anno l’incarico ad interim dello stesso direttore generale Maurizio Pietrantonio, un’edizione quella del 2024 funestata dal blocco dei fondi di coesione alla regione Campania che ha purtroppo costretto a ridimensionare il cartellone. “Saluto con soddisfazione l’arrivo a Ravello – ha commentato il Presidente della Fondazione Ravello Alessio Vlad – quale direttore artistico Lucio Gregoretti, musicista di solide basi, ottimo e versatile compositore, intellettuale curioso che conoscendo profondamente il nostro territorio e la sua storia ne saprà interpretare al meglio le esigenze”. Lucio Gregoretti, che è figlio del regista Ugo, uomo eclettico, che ha impiegato la sua ironia, intelligenza e capacità analitica su più fronti, ha da sempre frequentato diversi generi compositivi, erede della scuola romana di Mauro Bortolotti, che guardava alle nuove tecnologie nel processo creativo, ai nuovi linguaggi e a quella rara attenzione alla parola piena della poesia, quindi, allievo anche di Ennio Morricone e Luciano Berio e, per la direzione, di Franco Ferrara, ha spaziato, così, dalla creazione di  opere di teatro musicale alla musica sinfonica e da camera, alle nuove frontiere dell’ elettroacustica ed in particolare della musica applicata ambito nel quale ha composto commedie musicali, musiche di scena e colonne sonore per film per circa un centinaio di produzioni, collaborando con Pupi Avati, Carlo Lizzani, Margarethe von Trotta e Lina Wertmüller. È stato Composer-in-Residence presso varie istituzioni internazionali tra le quali le Künstlerhäuser Worpswede in Germania, la Sacatar Foundation in Brasile, The MacDowell Colony negli USA. Ha tenuto conferenze e seminari sul proprio lavoro in diverse istituzioni e università in Italia e negli Stati Uniti, ha insegnato composizione in vari conservatori italiani, è membro della European Film Academy e presidente dell’Associazione Nuova Consonanza.
Maestro, lei erede della scuola romana di composizione, nonché già presidente dell’Associazione Nuova Consonanza, istituzione catalizzatrice della musica contemporanea e di avanguardia in Italia mediante l’organizzazione di festival, convegni, conferenze e attività concertistiche, pensa di dare una svolta a questa edizione del Ravello Festival, aprendo, magari una sezione dedicata alla nuova musica?
“Per ora è troppo presto per pensare una cosa del genere. Intanto il Festival mi piace così come è e certo non arrivo a far subito la rivoluzione. Certo, sono da tempo impegnato nell’ambito della musica contemporanea e mi piacerebbe se, piano piano, si potessero proporre al pubblico i nuovi linguaggi. Prima di tutto, però, bisogna pensare a mantenere quei livelli alti, consolidati sin dalle origini, di questa manifestazione, dalla quale sono passati i più grandi rappresentanti del gotha internazionale della musica e non solo”
Che linee ha in mente per il nuovo festival che esce da un’edizione un po’ sottotono a causa del blocco dei fondi di coesione?
“In primo luogo c’è da incrociare le dita affinchè non possa riaccadere una cosa del genere, che andrebbe a rendere vana ogni linea di programmazione, già non facile da realizzare”.
Diversi gli anniversari che ricorrono quest’anno e che riguardano anche autori di raro e non certo semplice ascolto, penso proprio ad uno dei suoi maestri, Luciano Berio, quindi Varése, Dallapiccola e Boulez, oltre a Ravel, Satie, Salieri, per citarne qualcuno, vi saranno appuntamenti dedicati?
“E’ veramente tutto in nuce ad oggi, ma, certamente, non si potrà esulare dal proporre qualche opera di questi rivoluzionari della Musica”.
Facciamo un passo indietro: è la Musica che ha scelto lei o lei la musica?
“E questa è una domanda difficile. Credo di averla scelta io, poiché, in alternativa, avrei fatto il biologo marino”.
Ma la musica contemporanea che lei frequenta ha veramente tanto di “marino”, di flou, di noise, che, personalmente, farei partire proprio dal Tristan und Isolde
“E si è vero in un qualche modo le due attività le abbiamo messe insieme. Non so dire come, ma è così”.
Come è iniziato il suo approccio con la musica? Da piccolissimo?Figlio d’arte?
“Si figlio d’arte di un regista, Ugo, quindi, mi son ritrovato in questo mondo quasi senza accorgermene, piacevolmente, date le frequentazioni di mio padre”.
Il rapporto con il Ravello Festival, invece, come nasce?
“Al festival ci sono stato molte volte, un po’ anche per caso, poiché ho lavorato tanti anni al fianco della regista Lina Wertmuller, che a Ravello girò nel “Ninfa Plebea”,  mentre dal 2003 al 2010 ha diretto, insieme con Remigio Truocchio, la sezione “Cinemusic” della manifestazione e ha ricoperto la carica di consigliere di indirizzo della Fondazione Ravello, nell’era De Masi, quando si aprì alle diverse muse.
Un periodo felicissimo quello attraversato da Domenico De Masi, ma anche avversato dai “puristi” fautori di un festival esclusivamente classico e wagneriano.
“ E’ proprio in queste oscillazioni di indirizzo, di ragioni estetiche, sempre nel rispetto della sua identità storica, che sta il bello di questo festival, che oggi guarda al suo luminoso passato, ma che ha saputo percorrere questi settantadue anni senza alcun cedimento, a livelli altissimi, che noi anche quest’anno cercheremo di mantenere”.