Di Antonio Manzo
La linea dura della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura si mostra inclemente per i magistrati da espellere. Lo fa perfino con un giudice che fu assolto ben quindici anni fa dall’accusa di corruzione e abuso di ufficio (reato poi cancellato) che ora è stato radiato dai ruoli della magistratura. Ora è’ un ex magistrato. Lui si chiama Corrado D’Ambrosio, giudice civile a Salerno già al settore penale a Napoli. È diventato l’emblema della implacabile sentenza del Csm dopo gli anni segnati dall’amnistia disciplinare dopo la bufera Palamara.
Trionfa così la Giustizia del Csm, in un’inedita alleanza interna alla sezione disciplinare del Csm dopo l’accordo trasversale tra Il membro nominato dalla Lega e quello nominato del Movimento Cinque stelle. Corrado D’Ambrosio viene messo fuori dalla magistratura per una vicenda di presunte parcelle gonfiate: era stato indagato dalla Procura di Roma con l’accusa di corruzione e di abuso d’ufficio in concorso. Finì con una assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste, la vicenda giudiziaria di Corrado D’Ambrosio magistrato all’epoca dei fatti, della X sezione civile del Tribunale di Napoli. Dopo essere stato indagato nel 2015, lo stesso magistrato fu trasferito dal Csm l’anno dopo, su richiesta dell’allora Ministro della giustizia Orlando, presso la prima sezione del tribunale civile di Salerno, dove trattava diritto di famiglia, divorzi, separazioni dopo un rapido passaggio alla seconda sezione penale del tribunale salernitano. Ma di cosa è accusato l’ex giudice D’Ambrosio che fu indagato dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal sostituto Laura Condemi? Parcelle d’oro ai suoi consulenti. La sentenza di assoluzione, emessa dal Tribunale di Roma, non fu impugnata dalla Procura, per cui divenne definitiva.
Una vicenda giudiziaria che all’epoca dei fatti fece grande scalpore per lo spessore delle accuse che furono mosse nei confronti di D’Ambrosio, accusato di nominare come consulente d’ufficio un parente di sua moglie, gli liquidava parcelle «esorbitanti» e poi tratteneva per sé un terzo dell’importo, fino a ricevere «decine di migliaia di euro». Nella vicenda fu coinvolto anche un commercialista. Il magistrato napoletano, secondo l’impianto accusatorio che non ha retto in dibattimento, avrebbe emesso a favore del commercialista “amico” «decreti di liquidazione in violazione del Testo Unico Spese di Giustizia, erogando così importi esorbitanti». Sempre secondo l’accusa, la corruzione si sarebbe sostanziata nel fatto che il giudice civilista «riceveva per sé una parte degli onorari liquidati, concordando con il consulente il riconoscimento di una somma complessivamente determinabile in decine di migliaia di euro e comunque esattamente quantificabile in 11.606 euro».
Per D’Ambrosio anni difficili avendo professato sempre la sua innocenza e correttezza nei compiti svolti. Fin qui le accuse mosse, quindici anni fa l’assoluzione. Ora la gestione della disciplinare sui magistrati da parte del Consiglio Superiore della Magistratura non è più lassista. Probabilmente la radiazione per Corrado D’Ambrosio sarà una delle ultime del Csm dopo la proposta del Governo di includere nella riforma sulla separazione delle carriere l’istituzione di una Alta Corte Disciplinare, sottraendo questa competenza al Csm.
La «giustizia domestica» del Csm, contrariamente a quanto talora si dice, è particolarmente rigorosa. Delle 24 pronunzie di sanzioni, la maggioranza riguarda le tipologie di sanzioni più severe: Ammonimenti 0, Censura 10, Perdita di anzianità 8, Rimozioni 2. La sanzione massima, espulsione dall’ordine giudiziario, è stata pronunciata in due casi. Tra cui quello del giudice D’Ambrosio.
L’iniziativa per il procedimento disciplinare è attribuita al Ministro della Giustizia e al Procuratore Generale della Cassazione: le iniziative del Ministro, sono state nel 2024 il 33.8%, un terzo del totale.
Inevitabilmente si potrebbero riaprire in futuro anche tutti i dibattiti relativi a comportamenti dei giudici (già oggetto di indagini) per il conferimento di incarichi con la seriale attribuzione a medesimi professionisti (con annessi legami di parentela) e conseguenti parcelle ragguardevoli liquidate dagli stessi magistrati.





