Nel pomeriggio la ferale notizia della sua improvvisa scomparsa ha rabbuiato le prove in corso della Cenerentola.Il ricordo di Daniel Oren e di quanti hanno condiviso con lui il palcoscenico del Teatro Verdi
Di Olga Chieffi
Uno schiaffo in pieno volto ieri, la notizia della improvvisa scomparsa di Gennaro Cannavacciuolo, attore eduardiano, ma come ogni pietra del teatro napoletano, lo spettacolo, il palcoscenico viene sposato per intero, dall’avanspettacolo, all’operetta, per la quale l’abbiamo conosciuto e applaudito. Uno schiaffo che resta poiché venuto dalla vetrina social, magari tra l’immagine di una “pernacchia” propositiva, un piatto gourmet o le immagini di un compleanno, il contrario dell’uomo e dell’artista Gennaro. Un fulmine a ciel sereno che si è abbattuto sul teatro Verdi, in cui diverse volte ha vestito il frac del Njegus, il personaggio chiave della Vedova Allegra e che l’ultima volta nel settembre di due anni or sono, ha segnato il suo personale trionfo, sotto la direzione di Daniel Oren. “Mi dispiace enormemente, questi sono colpi nel cuore troppo duri – ha affermato Daniel Oren dal comunale di Bologna per la Luisa Miller – Ho conosciuto Gennaro Cannavacciuolo nel ruolo del Njegus per la “Vedova Allegra”, e l’ho apprezzato prima come uomo, quindi come artista. L’uomo e l’artista in lui non si scindevano, elegante, affabile, capace d’instillare fiducia e sicurezza in tutti, una cosa che accade raramente. Esser parimenti perfetti sia in palcoscenico che a riflettori spenti è difficile, ma Gennaro era così. Il Njegus è un ruolo importante nella “Vedova”, i fili sono tutti nelle sue mani: deve avere grande classe, grande comicità, senza mai scadere nel volgare. Il mio Njegus d’ elezione era Elio Pandolfi, dopo lui pensavo chi potrà avere tanta classe? Ed ecco Gennaro Cannavacciuolo. Io ho sempre avversato il Njegus volgare e sul palcoscenico se sei una grande persona riesci a comunicarlo, una persona dolcissima, incredibile…mirabile”. Affinità di giudizio e ricordo anche per Riccardo Canessa, a Salerno in veste di regista della Cenerentola: “Non ho mai avuto il piacere e l’onore di lavorare con Gennaro Cannavacciuolo. L’ho applaudito in teatro in un ruolo a me caro quale è il Njegus e posso affermare che la sua interpretazione si pone sulle tracce del teatro napoletano, del quale Gennaro è un nobilissimo rappresentante”. La Vedova Allegra oreniana, ma anche uno splendido progetto con il conservatorio Martucci, restare negli occhi e nel cuore dei ragazzi è l’onore più alto che si possa avere, quello di esser divenuto il loro Maestro. “Se ne va uno degli ultimi grandi istrioni della tradizione teatrale napoletana – ricorda il tenore Salvatore Minopoli, uno dei due conti Danilo della Vedova dei giovani – Testimone meraviglioso del grande teatro che fu. Conoscerlo è stato un onore, dividerci il palcoscenico un privilegio. C’era sempre e solo da imparare. In ogni gesto, in ogni battuta, in ogni passo, in ogni smorfia c’era saggezza, c’era teatro, c’era Napoli, c’era il respiro di Eduardo. Immensa professionalità oltre che enorme passione e sempre pronto ad essere di aiuto per i giovani, sempre pronto ad infondere scenica scienza in chi divideva il palco con lui. Dal primo istante rimasi affascinato dal suo animo eclettico, brillante e allo stesso tempo profondamente umile. La notizia della sua dipartita mi ha profondamente reso triste, ma ancora più consapevole che il ricordo e la testimonianza del suo teatro non mi lasceranno mai”. “Con Gennaro Cannavacciuolo si parlava – aggiunge il tenore Achille Del Giudice l’altro Danilo della produzione del nostro conservatorio – era un piacere ascoltarlo quando raccontava del suo esordio quale Pinocchio, gli studi di teatro, i quattro anni alla corte di Eduardo. Incantevole la sua dizione perfetta e quell’accento a comando da napoletano nobile. Un artista completo anche fine ballerino di tip tap, che gli permetteva di muoversi con estrema eleganza in ogni occasione. Una lezione mai imposta la sua, mi ha aiutato specialmente nelle parti recitate della Vedova Allegra, un’opera vera, non un’operetta, che ha perso per sempre il più accattivante dei suoi Njegus”. La sua spalla per eccellenza in palcoscenico, qui a Salerno è stato Angelo Nardinocchi, perfetto nella livrea del Barone Zeta: “La scomparsa di Gennaro Cannavacciuolo ci lascia tutti sgomenti. Io ho avuto la ventura di incontrarlo in una esperienza felice del teatro Verdi di Salerno quando fu realizzata una Vedova Allegra con i giovani del conservatorio cittadino. È stata un’esperienza eccitante fare il Barone Zeta con il Niegus di Cannavacciuolo. Lui, come da tradizione della commedia napoletana, recitava cantava e ballava in modo impeccabile. Di lui conservo la sua piacevole spontaneità e il soccorso attoriale nel suggerire la continuità del dialogo a me che ero digiuno di recitazione. Prodigo di suggerimenti e dei segreti dell’arte del palcoscenico, sono onorato di avere avuto la sua amicizia; e credo che tutti i ragazzi del conservatorio in quel breve periodo che sono stati insieme a lui siano stati un po’ contagiati dal suo suo fuoco dell’arte. Grazie Gennaro! Mi stringo nel dolore alle persone che lasci nell’angoscia: alla cara moglie e al tenero figlio. Un bacio infinito.”.