Processo Vassallo.Il Pm Guarino: Non ci dormo la notte - Le Cronache Ultimora
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Processo Vassallo.Il Pm Guarino: Non ci dormo la notte

Processo Vassallo.Il Pm Guarino: Non ci dormo la notte

Antonio Manzo

 

“Non dormo la notte” basterebbe la confessione di genuinità intellettuale fatta del pubblico ministero Elena Guarino per sacramentare un processo indiziario sui presunti concorrenti nell’omicidio del sindaco Vassallo avvenuto quindici anni fa. E lei, che ben conosce le 80mila pagine e passa  dell’inchiesta, nella sua requisitoria premette che se il dibattimento dovesse far emergere l’inesistenza di colpevolezza lei sarebbe pronta a riconoscerlo.

Udienza davanti al gup Rossi. Parla il pm, le parti civili (avvocati De Caro, Ingroia, Lucibello, Sarno, Sica) , mente la piazza  manifesta, compostamente, per reclamare l’innocenza di Fabio Cagnazzo, il numero uno del processo  per ben tre volte archiviato proprio per le stesse accuse che ora lo inchiodano. Tre volte, a partire dal 2014 e fino al 2022 quando sulla scena irrompono i pentiti Romolo Ridosso e Eugenio D’Atri,  con dichiarazioni “inutilizzabili” nel castello accusatorio così come scritto dalla prima sezione panale della Corte di Cassazione.

A gridare l’innocenza di Fabio Cagnazzi sono in 150 amici e colleghi all’ingresso del tribunale di Salerno, tra cui un generale dell’Arma  e due colonnelli dei Carabinieri ancora in servizio. Reclamano la piena innocenza del presunto colpevole Fabio Cagnazzo, un grande investigatore anticamorra con centinaia di arresti del Napoletano.

C’è l’onestà intellettuale del pubblico ministero, nel corso di un processo che rischia di essere presentato alla pubblica opinione come una “verità” accertata e definita. Una sentenza da processo mediatico con una sentenza  costruita dagli umori giustizialisti di Facebook.

In tempi ricchi di tendenza social si rischiano sentenze di colpevolezza costruite per assecondare l’indole giustizialista. Lezione anche per quelli che sostengono come “la verità sia ad un passo” confondendo la giusta attesa di una famiglia che ha sofferto con l’assenza della presunzione di colpevolezza.

Un processo mediatico per tutti coloro che pensano che il rapporto morboso che esiste tra il mondo delle procure e quello del giornalismo sia uno dei drammi irrisolti del nostro paese, da referendum per separare le carriere di cronisti e giudici.

 

I buchi dell’inchiesta

 

L’inchiesta sul delitto Vassallo presenta ancora piste inesplorate. E sono tre. Quella che si richiama genericamente al cosiddetto Sistema Cilento che non può essere ridotto al processo sulle strade pagate ma non realizzate. Un fenomeno politico criminale che in ben 15 anni dal delitto si è talmente affinato da legare indissolubilmente amministratori e affari. Il secondo, nella capacità criminale mostrata da Umberto Damiani, archiviato del delitto Vassallo, nelle vicende affaristiche ed immobiliari di Montecorice tanto da giungere a sequestrare di notte un oppositore politico della giunta per  farlo confessare sulla genesi delle denunce e sui protagonisti anonimi.

Il terzo e clamoroso buco investigativo è nell’opposizione dichiarata di Angelo Vassallo alla costruzione di 200 villette sull’ultimo lembo di spiaggia di Montecorice ad opera di un imprenditore nolano, ritenuto dagli investigatori fin dagli anni Novanta legato al boss Carmine Alfieri. La circostanza fu ampiamente documentata e illustrata nella trasmissione televisiva “Presa diretta” ad appena un mese dall’omicidio del sindaco. Il progetto di Montecorice è naufragato perché, dopo decenni, il Consiglio di Stato lo ha cancellato dalla previsione urbanistica del piano regolatore.

Tutto però è finito nell’inchiesta con la causale dell’omicidio legata allo spaccio di droga, denunciato dal sindaco, come motivo scatenante dell’omicidio e condito dal presunto depistaggio di un alto ufficiale dell’Arma.

 

Il processo mediatico

 

La giornata di ieri davanti al giudice per l’udienza preliminare promette di avere qualcosa di speciale, perché è la giornata dove il protagonismo di alcuni circoli mediatici, ai quali non sono estranei gli stessi magistrati,  tendono alla costruzione di verità alternative, mediante la propalazione di elementi non sottoposti a valutazione. Tanto da far archiviare

il principio costituzionale della presunzione di innocenza, principio costituzionale  più da tutelare quando è in gioco un processo con rappresentanti dello Stato imputati di reati così gravi.

Benvenuto “bavaglio” all’informazione se i pm che si preoccupano davvero della libertà di stampa non si ricordano che la priorità è difendersi dalla libertà di sputtanamento.

 

Il processo Vassallo oscilla tra oscenità del circo mediatico-giudiziario e dolore dei familiari, in quel populismo giudiziario alimentato da comunicazioni delle forze dell’ordine dove una lunga  parte in cui alle persone arrestate o indagate viene addebitata una serie di reati, con ricostruzione del contesto in cui sono stati commessi, e poi una parte conclusiva, molto breve, in cui si sottolinea che “il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari” e che quindi la colpevolezza dei soggetti coinvolti “dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti”.  Una postilla grottesca al termine di un comunicato che non lascia spazio a dubbi sulla colpevolezza delle persone.

Ora si riprenderà il processo: il 12 dicembre prossimo la nuova udienza preliminare; il 16 gennaio 2026 il processo con rito abbreviato richiesto dall’imputato di Romolo Ridosso.