di Andrea Pellegrino
Nuova tegola per il cantiere di Porta Ovest. E’ stata notificata a Tecnis un’interdittiva antimafia del prefetto di Catania nell’ambito dell’inchiesta Anas. L’impresa è appaltatrice dei lavori per la realizzazione dei tunnel di collegamento tra il porto di Salerno e l’autostrada. Pare, infatti che la prefettura di Catania stia comunicando alle varie stazioni appaltanti – quindi con molta probabilità anche all’Autorità portuale di Salerno – la sospensione del certificato antimafia nei confronti della società Tecnis. A confermare il provvedimento sono gli stessi vertici della società che in una nota scrivono: «L’interdittiva è fondata su argomentazioni coperte da ‘segreto di ufficio’ e quindi non divulgabili senza incorrere in sanzioni penali. Il prefetto di Catania ha subito manifestato grande sensibilità, comunicando alle Stazioni Appaltanti l’intenzione di valutare l’applicazione delle misure di commissariamento delle imprese, previste dalla legge, per garantire la continuità di funzione ed i servizi indifferibili per la collettivita’, nonché per salvaguardare i livelli occupazionali. Il Cda di Tecnis – prosegue la nota – ha delegato immediatamente i suoi legali a rappresentare al Prefetto la più ampia collaborazione, al fine di individuare il percorso piu’ rapido ed efficace per garantire la continuita’ nell’attività di impresa ed il rispetto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in corso di perfezionamento con i fornitori ed il sistema bancario. Il Cda di Tecnis, avendo già avviato un processo di radicale riorganizzazione dell’azienda, auspica che la momentanea difficoltà derivante dall’intervento prefettizio sia superata rapidamente, con la conferma della fiducia nel piano industriale dell’azienda», conclude la nota. Intanto si cerca di salvaguardare i livelli occupazionali. Il cantiere di Salerno, tra l’altro, era finito anche al centro di una duplice inchiesta da parte della Procura. L’ultima ha portato anche al sequestro del cantiere (per presunti cedimenti all’interno delle gallerie) e nei prossimi giorni, inoltre, potrebbero essere consegnate le perizie tecniche disposte dal pubblico ministero.
Per quanto riguarda l’inchiesta sulle tangenti all’Anas, invece, potrebbe chiudersi in tempi brevi. I pm Francesca Loy e Maria Calabretta stanno valutando, infatti, l’ipotesi di procedere con il giudizio immediato, che consentirebbe di saltare la fase dell’udienza preliminare e di approdare direttamente davanti al tribunale. Il quadro probatorio, frutto delle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite nell’ultimo anno dai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza e del Gico, è uscito rinforzato dalle sostanziali ammissioni di buona parte degli arrestati, tanto è vero che i provvedimenti restrittivi, firmati dal gip Giulia Proto, hanno superato il vaglio del tribunale del riesame. Il collegio, infatti, ha confermato il carcere, oltre che per l’Accroglianò, anche per gli altri funzionari Anas Oreste De Grossi, Giovanni Parlato, Sergio Lagrotteria e Antonino Ferrante. Confermati anche i domiciliari per l’imprenditore Giuliano Vidoni, l’unico dei cinque finiti agli arresti in casa (l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Giuseppe Meduri, l’avvocato Eugenio Battaglia e gli imprenditori Concetto Bosco Lo Giudice e Domenico Costanzo) che aveva voluto impugnare la misura cautelare del gip. La sensazione è che questo capitolo di indagine difficilmente toccherà un ‘livello superiore’. Ma l’inchiesta è comunque destinata ad allargarsi: l’Accroglianò, la ‘deus ex machina’ del sodalizio criminoso, definita ‘Dama nera’ dagli inquirenti per l’arroganza con cui era solita rivolgersi ai propri sottoposti e agli imprenditori per sollecitare il pagamento delle ‘mazzette’, ha ammesso le proprie responsabilità contestate nel capo di imputazione ma ha pure raccontato di aver preso soldi dai titolari di altre imprese (per ora indagati a piede libero) che avevano rapporti con l’Anas. «Non c’è imprenditore che non possa dire di non aver pagato per avere l’aggiudicazione di una gara», ha rivelato candidamente l’Accroglianò ai pubblici ministeri nel corso di un interrogatorio reso in carcere alcuni giorni fa. La storia, insomma, non finisce qui.