Pippo Baudo e l’Italia che cambia - Le Cronache Attualità
Attualità

Pippo Baudo e l’Italia che cambia

Pippo Baudo  e l’Italia che cambia

Salvatore Memoli

Il Pippo “nazional popolare” ci ha lasciati. L’assenza si sentiva da tempo, sebbene ci arrivavano sue notizie dai tanti amici che aveva in televisione. Di lui abbiamo celebrato un funerale sovraesposto che ha occupato tutti i tempi e gli spazi della programmazione della Rai. “L’ho inventato io” ha meritato una celebrazione nazional popolare a dispetto di tutti coloro che, puzza sotto il naso, hanno progetti elitari di una determinata politica e di una particolare televisione. Il nazional popolare aveva più storia di quello che si creda, veniva da lontano e portava con sé una formazione che si allineava ad un’Italia che cresceva, comune a tanti. Della Sicilia e della sua famiglia di media borghesia aveva respirato valori importanti che erano fondanti per un’Italia distrutta dal fascismo e dalla guerra. Pippo Baudo fa parte di quella generazione che ha dovuto mettere in pratica le idee professate. Aveva una forte adesione al Cattolicesimo, a quella professione di Fede che lo legava alla Chiesa, alle sue scelte sociali per contribuire a una ricostruzione di un Paese unito, unico, sebbene ricco di diversità che ne facevano una realtà affidabile e rassicurante, dal Nord al Sud. Dalla Sicilia aveva portato nel suo bagaglio politico la consapevolezza di essere dentro quel grande pensiero politico di don Luigi Sturzo, un grande bagaglio d’idee per governare un Paese che doveva guardare alla dimensione Europea ed Internazionale. Pippo Baudo non ha mai fatto ricorso alle sue identità per imporre un modo di pensare ed agire, ha fatto le sue scelte professionali passandole al bagno di grandi ideali che erano vivi, venivano da grandi referenze ed appartenevano alla stragrande maggioranza degli italiani. Non si è dato alla politica, come rappresentante di un partito, con rispetto per le idee di tutti, però, non ha mai negato di apprezzare il pensiero democratico e popolare, alla base del popolarismo sturziano. Senza innalzare bandiere e senza altari, dobbiamo riconoscergli una particolare capacità di tradurre in scelte quotidiane e in indirizzo concreto per il suo lavoro, una visione unificante dell’Italia, un mettere insieme tutto, con programmi televisivi che avevano come obiettivo l’inclusione, immaginare di arrivare a tutti, con una carica di consenso immediato e motivante. Molte trasmissioni televisive avevano un sostrato comune, senza forzature, erano, per tutti, basiche, suscitavano apprezzamento, perché gli italiani si riconoscevano nei messaggi lanciati. Molti contenitori erano magistralmente riempiti di valori in cui la gente poteva riconoscersi. Tutto questo lo faceva con la maestrìa di una condizione che non era imposta ma condivisa. Tutti però sapevano che il livello culturale e di capacità mediatiche di Baudo era un altro, era più alto, fatto di competenze e di finissima padronanza delle leve della comunicazione, capace d’intercettare le nuove tendenze internazionali. L’uomo del Sud, approdato a Roma, al centro dell’emittenza pubblica di valori artistici e mediatici, senza concorrenza e senza rete, trasmetteva il suo credo senza travalicare quello che la gente si aspettava. Era un uomo da visione nazionale e da dimensione popolare. Aveva informazioni e cultura per capire e condividere altro ma fermava il suo impegno sulle corde di sentimenti semplici, sani, non sfruttati e adatti alle famiglie italiane che si riunivano davanti alla televisione, per stare insieme e celebrare gli stessi gusti artistici e gli stessi canoni di un’estetica dello spettacolo che non doveva essere dissacrante, scomposta e dilaniante. Con lui i canoni cristiani e democratici hanno attraversato 60 anni di televisione, avvicinato diverse generazioni e impresso un costume pulito di conoscenze del quotidiano, sottratte da attacchi di volgarità. Con Sanremo ha ottenuto l’accesso ai grandi numeri dello share e si é imposto nei gusti musicali, riuscendo a dare serate di pieno artistico che continuano a brillare nello scomposto panorama di una modernità confusa, tempo di diaspora, in cui le idee più contrapposte dei gusti, delle idee e delle mode, hanno occupato le tranquille serate adatte alle famiglie italiane, fino a mettere tutti contro tutti. Col Varietà, Pippo Baudo si è superato ed ha mostrato doti di intrattenitore, di direttore artistico, di pensatore libero e di ricercatore di talenti. È stato ricordato tante volte che a Pippo si é attribuito la scoperta di talenti, i più disparati che ancora fanno vivere una stagione feconda di gente dello spettacolo che piace ai telespettatori di ogni estrazione anagrafica e di ogni provenienza. Un dirigente politico socialista volle sminuirlo accusandolo di fare una televisione nazionalpopolare, come se fosse una deminutio avere la capacità di confezionare prodotti rivolti a tutti. Quella fu una pagina sgradevole anche per certa sinistra che auspicava una visione elitaria di uno strumento di massa. Ma fu la testimonianza di una visione politica e sociale che evolveva verso contrasti paralizzanti che ancora tengono in ostaggio la crescita italiana. Baudo é l’ultimo baluardo di una dimensione passata che parlava a tutti, che aiutava l’Italia a crescere, utilizzando il tempo libero come dimensione di riflessione e di apprezzamento per un benessere che si diffondeva per tutti. La sua morte ci apre gli occhi su un tempo passato che ci ha aiutato a maturare, ad aprirci alle modernità nazionali e a saper condividere una visione di benessere raggiunto. Dopo di lui tutto è frazionato, parcellizzato, settario, anche le stesse visioni non nazionalpopolari, sono così sfumate nei contenuti e nella qualità dei messaggi da far pensare alla perdita di un comune denominatore dell’informazione e dello spettacolo. Le diversità, gli arricchimenti di esperienze varie, con spettacoli ed arti espressi in piena libertà, sono una conquista di una visione multiculturale. La televisione é cambiata radicalmente, senza che nessuno possa dire se una visione elitaria si sia ben sostituita a quella nazional popolare. Certamente il funerale di Pippo Baudo l’aveva fatto certa politica che gli era contro molti anni prima e, col suo funerale, si era circoscritta vigorosamente una visione politica generale, inclusiva, pluriclassista, di un tempo che aveva costruito italiani liberi ed in grado di scegliere liberamente.