Tema. Lucrezia Marinelli. Svolgo
Di Federico Sanguineti
A pagina 57 di quel testo che dovrebbe essere adottato nelle scuole di qualsiasi ordine e grado, nonché reso obbligatorio in ogni esame universitario di Letteratura italiana, vuoi triennale vuoi magistrale, vale a dire nel Controcanone di Johnny L. Bertolio, pubblicato da Loescher nel 2022, il cui sottotitolo è La letteratura delle donne dalle origini a oggi, accanto a Moderata Fonte (1555-1592), autrice del dialogo intitolato Il merito delle donne ove chiaramente si scopre quanto siano elle degne e più perfette degli uomini, pubblicato postumo nel 1600 (e curato in modo magistrale da Adriana Chemello nel 1988), non poteva mancare Lucrezia Marinelli (1571-1653), autrice a sua volta di un trattato edito nello stesso anno e poi, in forma ampliata e definitiva, nel 1621: La nobiltà e l’eccellenza delle donne co’ diffetti e mancamenti degli uomini. Si tratta in effetti, chiarisce Bertolio, della “nascita del femminismo”, dove “la filoginia è presentata non in chiave ironica o idealizzata ma come possibilità di riformare concretamente la società”: una rivoluzione copernicana vera e propria da porre sullo stesso piano, per importanza storica e sociale, al dialogo galileiano Sopra i due massimi sistemi del mondo, uscito pochi decenni dopo (1632). L’importanza di Marinelli, anzi di Marinella (il metaplasmo di genere è significativo) va persino al di là del pur godibilissimo trattato. La sua opera è immensa, come chiunque può verificare grazie a Internet. Dal sito A Celebration of Women Writers, dedicato a tutte le scrittrici di qualsiasi epoca e di ogni parte del mondo, si ricava un affollatissimo elenco di opere. Ne scelgo una a caso, di carattere religioso, oggetto della tesi di laurea di Maria Teresa Della Sala, relatore il sottoscritto (a. a. 2020-2021): La vita di Maria Vergine Imperatrice dell’Universo, di cui si hanno numerose edizioni (1602, 1610, 1617, 1624). Come si evince dalla ricerca della dottoressa Della Sala, Marinella dà prova di immensa cultura letteraria. Questa sua Vita di Maria, scritta in prosa e in ottave, meriterebbe tuttavia di essere ricordata anche solo in quanto momento significativo nella storia della fortuna di Dante, in particolare del Paradiso, presso un pubblico femminile di lettrici e scrittrici. Lo dimostra il gioco intertestuale, in particolare la ripresa di parole-rima, ben presente all’interno del prosimetro. Si veda, aprendo pur accidentalmente il libro, questa ottava (I, 49): “Qual fu il tuo gaudio, o Santa, o saggia, o bella / Vergin, Pompa del Ciel, Tempio di pace, / Quando disse l’angelica favella / “Madre sarai del sommo Dio verace”? / Sola fra tutto il sesso fosti quella, / che pur cotanto al ciel piacque, e piace, / Che tua eccelsa umiltade essalta, e pone / Sovra quanti fur mai scettri, e corone”. Proprio nel gaudio del concepimento, si incrociano, nella poesia di Marinella, i più diversi echi danteschi. Si noti il recupero di “angelica… favella” (If II 57, in rima con “bella”, 53) e di “Dio verace” (Pd XXXI 107), per non parlare dell’ovvio richiamo alla “Vergine madre” (Pd XXXIII 1); ma, soprattutto, i rimanti “bella”, “favella” e “quella” (Pd XVI 31, 33 e 29), ricavati per l’occasione da uno dei canti di Cacciaguida, quello centrale in cui il trisavolo evoca il proprio concepimento e il parto della propria madre. Non potrà finalmente dirsi casuale che, nel celebrare l’orgasmo di Maria, Marinella accolga in sé paradisiaci semi danteschi (Pd XVI 34-36): “… Da quel dì che fu detto ‘Ave’ / al parto in che mia madre, ch’è or santa, s’allevïò di me…”.