Pillole per una Nuova Storia Letteraria 054 di Federico Sanguineti - Le Cronache
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Pillole per una Nuova Storia Letteraria 054 di Federico Sanguineti

Pillole per una Nuova Storia Letteraria 054 di Federico Sanguineti

Tema. Lo spazio delle donne. Svolgo.

 

 

Di Federico Sanguineti

Vorrei spiegare, con parole mie, perché il libro di Daniela Brogi intitolato Lo spazio delle donne, pubblicato da Einaudi nel febbraio del 2022, è un libro stupendo, di grande importanza. Lo potrei fare ricordando che l’autrice insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università per Stranieri di Siena, si occupa di critica letteraria e cinematografica ed è studiosa ben nota per i contributi su Manzoni e la letteratura del Novecento: Bilenchi, Pavese, Visconti, Cassola, Pasolini. Anche stavolta in effetti non mancano pagine su Manzoni (e Gertrude) in cui si afferma, poniamo, che è bene ricordare che l’autore dei Promessi sposi “tenne la sua ultima figlia in un convento, senza rispondere alle sue lettere e richieste di incontro”; oppure pagine su Calvino e Pasolini, in relazione a quel nodo del secondo Novecento che è il delitto del Circeo (29 settembre 1975), dove si intrecciano “fascismo, sessismo e classismo”, e su cui intervennero i “principali intellettuali dell’epoca, tutti uomini”. Ad esempio, Pasolini il 30 ottobre replicò sul “Corriere della sera” a Calvino, liquidando, com’è noto, le considerazioni di quest’ultimo perché si sarebbe limitato, “come farebbe Lietta Tornabuoni”, ad allineare “fatti e fenomeni” senza dare “spiegazioni”: al che l’autrice giustamente deduce che Pasolini e Calvino “restano figli del tempo e degli assetti patriarcali a cui appartengono”. Ma, per apprezzare il libro, basterebbe aprirlo a caso e trovarsi di fronte a un paragrafo dedicato al “merito usato come retorica del dominio”, dove si denuncia “il repertorio linguistico principale del maschilismo paternalista”, onnipresente “in un contesto vistosamente asimmetrico e sbilanciato come quello, tuttora persistente, in cui nessuno, di solito, trova sensato chiedersi se gli uomini si meritano le cose”. Inoltre, osserva Brogi (forse alludendo al linguista Lakoff autore di Don’t Think of an Elephant), “l’assenza delle donne e delle autrici dalla considerazione e dalle pratiche di riconoscimento pubblico e duraturo è una figura strana ed enorme davanti agli occhi di tutti, ma di cui non si discute in maniera collettiva; proprio come se si trattasse di un grosso elefante, o per meglio dire un’elefantessa, intrappolata in una stanza dove si continua a conversare amabilmente, fingendo di non vedere”. Vorrei però confessare quanto il libro è importante per me. A tal fine sia consentito, come in un tema scolastico, evocare un episodio autobiografico, quando, 15-17 novembre 2007, invitato a parlare a un convegno su “Gramsci e la questione dell’identità nazionale”, immediatamente dopo la relazione introduttiva pronunciata da Ferroni, nel Salone dei Dugento di Palazzo Vecchio a Firenze, osai affermare che ormai occorreva rapportarsi a Gramsci negli stessi termini in cui quest’ultimo si rapportava a Machiavelli, precisando pertanto che il teorico del “moderno Principe” non a Machiavelli farebbe oggi riferimento, ma alla Cité des dames di Cristina da Pizzano. Indignato, Ferroni, seduto al mio fianco, si allontanò; il compianto senatore Carpi urlò di smettere. Proseguii unicamente grazie al sostegno del pubblico, argomentando che nello “schizzo di tutta la storia italiana, sintetico ma esatto”, auspicato da Gramsci occorreva restituire spazio alle scrittrici cancellate dal canone borghese. Ora che quell’intervento si rende leggibile nel volume Per una nuova storia letteraria (Collana Rosa fresca aulentissima di Argolibri), posso asserire che, nel “dispatriarcarmi” ‒ grazie a Daniela Brogi ‒, finalmente non sono più solo.