di Erika Noschese
Per risolvere le criticità che attanagliano la città di Salerno «non servono soldi ma visione. Come dicevo prima, immaginare la Salerno del 2073». A parlare così Pierre De Filippo, responsabile Programma e Organizzazione per Azione Salerno, da sempre appassionato alla politica e attento alle dinamiche locali.
Un giovane attivamente impegnato in politica in un periodo storico in cui i ragazzi sono così lontani…
«È vero, ed è certamente un dato negativo. Ma ho potuto constatare, svolgendo attività politica, un ritorno prepotente di tanti giovani competenti, appassionati e seri, soprattutto negli ultimi tempi. Anche perché, come spesso si dice, se non siamo noi ad occuparci della politica, sarà comunque lei ad occuparsi di noi. In un paese, l’Italia, in cui le rendite di posizione sono la regola, noi giovani siamo gli unici che hanno ancora qualcosa da perdere. Sarebbe bene che non lo dimenticassimo».
Impegnato con Azione Salerno, qual è il suo bilancio di quest’esperienza politica?
«Un bilancio certamente positivo. Positivo per le tante attività svolte, per le persone di qualità conosciute, per le sfide affrontate. Positivo e, aggiungerei, anche molto formativo. Azione non è un partito “fatto e finito”, è un partito in continua costruzione, nuovo, giovane, in cui non ci sono ricette predefinite. E questo è un bene. Dovremo affrontare le prossime competizioni – e penso alle Europee di primavera – con questo spirito».
Come nasce la sua passione per la politica e perché ha scelto Azione?
«A sei, sette anni conoscevo a memoria i nomi di tutti i ministri del Governo Berlusconi (2002/2003). Non ricordo ci sia mai stato altro che mi abbia interessato e appassionato come la politica ed il proseguo è venuto di conseguenza. Perché Azione? Perché ho apprezzato in Carlo Calenda la capacità di affrontare temi complessi senza la forza frenante delle ideologie, quella che ti impone di dire che il bianco è nero. Pragmatismo, scelte nette, valutazioni di merito. Sempre perché noi giovani siamo gli unici che hanno qualcosa da perdere…».
Provinciali, si torna al voto tra il 2024 ed il 2025 superando la legge Delrio. Per un ragazzo come lei che significa? Sarebbe pronto ad una candidatura?
«Innanzitutto, attendiamo conferme ufficiali. Il governo è impantanato tra premierato e autonomia differenziata e chissà cosa accadrà effettivamente alla Delrio. La vera questione a me pare essere questa: che ruolo vorremmo che svolgessero, in Italia, gli enti locali? Non basta ripristinare l’elezione diretta in assenza di reali competenze e, soprattutto, risorse. Quanto a me, pronto sempre. Ma a dare il mio contributo, qualunque esso sia. Un partito è tale anche perché ha delle regole e perché ragiona. I candidati saranno certamente i migliori che potremo esprimere».
La politica tra la gente e per la gente, oggi quasi utopia. Se le dicessi “politica a misura di ragazzo”?
«È il tema dei temi ma dobbiamo intenderci per evitare di cadere nella demagogia. Politica a misura di ragazzo significa, secondo me, “semplicemente” guardare il proprio paese – quello con la P maiuscola e quello con la p minuscola – tra cinquant’anni. Significa valutare non solo la fattibilità di una palestra o di una piscina ma anche la sua sostenibilità economica nel lungo periodo. Significa evitare di appesantire ulteriormente il bilancio pubblico con miliardi spesi in prepensionamenti e sussidi a pioggia. Secondo un’indagine del Sole24Ore, chi inizia a lavorare oggi andrà in pensione a 74 anni con una pensione al minimo. Ecco, evitare che questo accada significa perseguire una politica a misura di ragazzo. È sempre il mantra di De Gasperi: un vero statista pensa alle prossime generazioni».
Salerno città europea, cosa ne pensa?
«Penso che, ad oggi, questo titolo è solo su carta. Uno slogan al quale non credono nemmeno più coloro che l’hanno coniato. C’è davvero poco di europeo, oggi. E questo non vuole certamente significare che non ci siano degli elementi meritevoli, dei punti di forza. Semplicemente, ci si limita al compitino, che spesso diventa insufficienza».
Quali secondo lei le criticità che caratterizzano oggi il capoluogo di provincia?
«La risposta è nella domanda: il provincialismo, l’assenza di una visione ampia, coraggiosa, di lungo periodo. Appunto, europea. Un turismo che andrebbe stagionalizzato e che invece è lasciato alla pesca a strascico delle “luci d’artista”; degli investimenti in cultura che sono ampiamente sottodimensionati rispetto ai tesori che Salerno ha; una tutela del verde pubblico insufficiente e un debito spropositato se confrontato con i servizi offerti. Per risolvere o, almeno, affrontare questi problemi non servono soldi o, per citare Falcone, menti raffinatissime. Serve solo visione. Come dicevo prima, immaginare la Salerno del 2073».
I suoi obiettivi a medio e lungo termine?
«Continuare a osservare. Osservare per cercare di capire. Capire per contribuire. La politica è arte collegiale, non la si può fare da soli. I miei obiettivi, in fondo, sono quelli di Azione: cercare di migliorare le cose partendo dal merito delle questioni. Questo vale per la più piccola città così come per Palazzo Chigi. L’obiettivo vero è non perdere mai la misura di sé. Un consiglio che mi sento di dare a molti…».





