Piastrella e “Il berretto a sonagli” - Le Cronache
Spettacolo e Cultura teatro

Piastrella e “Il berretto a sonagli”

Piastrella e “Il berretto a sonagli”

di Rosa Pia Greco

Prosegue la rassegna di teatro e musica all’Arena Arbostella, la struttura estiva voluta dal Comune di Salerno e gestita dal Consorzio “La Città Teatrale”. Prosegue con un nuovo appuntamento in programma questa sera alle ore 21 (spettacolo a pagamento). Protagonista la compagnia del Teatro Nuovo che diretta da Ugo Piastrella proporrà “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, nella riduzione napoletana di Eduardo De Filippo. Di scena ci saranno Ugo Piastrella, Margherita Rago, Ciro Girardi, Antonello Cianciulli, Patrizia Capacchione, Rosaria Sellitti, Sonia D’Ambrosi e Adriana Fiorillo. Commedia in due atti scritta nell’agosto 1916 in dialetto siciliano per Angelo Musco, col titolo ’A birritta cu’ i ciancianeddi derivata dalle novelle La verità (1912) e Certi obblighi (1912). Fu rappresentata dalla Compagnia di Angelo Musco a Roma, al Teatro Nazionale, il 27 giugno 1917. Nell’estate del 1918 Pirandello ne fece una versione in lingua italiana, che andò in scena a Roma il 15 dicembre 1923. Dietro suggerimento dello stesso Pirandello, Eduardo De Filippo ne fece una riduzione in dialetto napoletano, nel 1936. La società costringe gli individui ad apparire rispettabili, obbedendo a precisi codici di comportamento; ma, in realtà, nessuno intende infierire sulle debolezze umane, soffocare le passioni, impedire rapporti extraconiugali: tutto è permesso purché si salvino le apparenze, e ognuno possa mostrare tranquillamente «il pupo», il burattino rispettabile che s’è costruito e che gli altri gli impongono. E sostanzialmente quanto sostiene il vecchio scrivano Ciampa appena ha il sospetto che la Signora Beatrice Fiorìca intende rendere pubblica la relazione della sua giovane moglie col marito di lei, e suo superiore, Cavalier Fiorìca. Egli afferma che al mondo tutti sono «pupi»: «Perché ogni pupo, signora mia, vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentare fuori». Ma la Signora Beatrice, dominata dalla gelosia, non gli dà retta e non sembra nemmeno capire l’allusione che Ciampa sta facendo a se stesso e alle conseguenze che uno scandalo gli provocherebbe: fa una denuncia al Delegato Spanò, amico di famiglia, che invano cerca di dissuaderla, e fa cogliere in flagrante suo marito e la Signora Ciampa. L’arresto dei due amanti scatena una vera e propria tempesta in famiglia: la madre e il fratello di Beatrice la rimproverano violentemente, accusandola di non essersi resa conto delle conseguenze catastrofiche del suo atto, che provocando uno scandalo ha gettato il discredito su tutta la famiglia. E necessario correre ai ripari: il Delegato Spanò farà in modo di dimostrare che fra i due non c’è stato alcun rapporto. Il rimedio va bene a tutti meno che a Ciampa, appena sopraggiunto, il quale si dice certo che la gente non crederà a una soluzione così accomodante. A questo punto il protagonista diventa lui: accusa animosamente la Signora Beatrice, di aver agito per esercitare la sua vendetta senza pensare a lui, alla sua onorabilità, di aver preso il suo «pupo» e di averlo calpestato, di avergli imposto pubblicamente il cappello a sonagli, il ridicolo cappello da buffone e da «becco». Ora lui per riacquistare la stima degli altri sarà costretto ad ammazzare sua moglie e il Cavalier Fiorìca. Tra la costernazione generale la soluzione possibile balena proprio a lui: l’unico modo per salvare la faccia, sua, di sua moglie, del suo superiore è che la Signora Beatrice risulti pazza. Soltanto così lo scandalo sarà vanificato perché risulterà invenzione di una fòlle che s’è dovuta immediatamente ricoverare in casa di cura. Vi si tratterrà due o tre mesi, poi tornerà ritrovando tutto a posto come prima. La madre, il fratello, il Delegato amico, tutti aderiscono a questa soluzione paradossale, che, per ristabilire l’ipocrita ordine apparente, sacrifica l’unica persona che dice la verità. Nella risata finale di Ciampa «di rabbia, di selvaggio piacere, di disperazione» c’è tutta la tragedia di questo vecchio che, per conservarsi la moglie giovane, è stato costretto a qualunque compromesso. In quella «orribile risata» sulla quale cala la tela culmina l’amaro umorismo di Pirandello sulle assurde contraddizioni della vita, che la commedia ha posto in evidenza con grande efficacia.