di Andrea Pellegrino
Tirando le somme hanno perso Franco Alfieri, Costabile Spinelli, Lello Ciccone, e Tino Iannuzzi. Per il resto, sconfitti o no sull’uninominale, con alte o basse percentuali, un posto al Parlamento non è stato negato a nessuno. Ad eccezione, dunque, di coloro che si sono cimentati nella vera sfida elettorale, quella che prevede la ricerca del consenso sul proprio territorio d’appartenenza. Insomma, come si faceva qualche tempo fa. Quando esistevano la politica, i partiti, le segreterie e tutto il resto.
Ci sono volute oltre 24 ore per avere i risultati definitivi. Tempi inimmaginabili in qualsiasi altro Stato della Terra. Oltre un giorno per, poi, consegnare due votazioni diverse, quasi in contrasto tra di loro. Quella uscita dal maggioritario e l’altra emersa dal proporzionale. Nella prima la fotografia del popolo che si è espresso chiaramente, compreso in feudi come quelli di Salerno o di Agropoli; nell’altra quella fuoriuscita da un sistema matematico, basato su un algoritmo e su conti che finora nessuno ha capito. Confrontando i listini plurinominali d’Italia i conti sono complessi da decifrare. Ed a conferma di ciò ci sono le ore ed ore impiegate dal “cervellone” del Viminale. Per molti, però, l’attesa è stata ben compensata con un posto alla Camera dei Deputati o al Senato. Ad eccezione di chi era sprovvisto di paracadute. Salvati i ministri uscenti, salvato De Luca, gli esclusi avevano già segnato il proprio destino all’uscita delle liste. Come Enzo Amendola, sottosegretario uscente agli Esteri, o Assunta Tartaglione che ha dovuto cedere il passo a Gennaro Migliore.
Una tavola probabilmente già imbandita. Qualsiasi cosa accadesse, compresa la solenne bastonatura del Partito democratico. Ed è per questo forse che anche le epurazioni della notte (tragica) del Nazareno per la presentazione delle liste, sono state definite a tavolino. Come quella di Simone Valiante, deputato uscente che non ha avuto l’onore o l’onere di ripresentarsi all’elettorato cilentano.
Ed a proposito di Cilento, i quattrocento nomi a sostegno di Franco Alfieri non sono mai usciti allo scoperto. Un documento servito al Nazareno per giustificare la discesa in campo del «re delle fritture» e sbarrare le porte all’intera famiglia Vassallo che invano ha atteso una risposta da Matteo Renzi. Almeno, ad onor del vero, Alfieri non ha chiesto paracadute e può entrare a pieno titolo nella lista degli esclusi eccellenti di questa tornata elettorale.