Piano di Zona, abbiamo un problema. Un altro problema. Dopo il papocchio delle graduatorie scavalcate per i contributi ai disabili, è l’ora di un altro piccolo/grande “scandalo” interno al consorzio degli otto comuni aderenti al Piano: e pure questo, come l’altro, promette un futuro di carte bollate, divise, magistrati e, soprattutto, soldi per pagare periti, consulenti e avvocati. Come se di guai per l’amministrazione pubblica locale non ce ne fossero già abbastanza.
Si tratta della vicenda del presunto doppio lavoro svolto da una funzionaria del Piano, la commercialista Antonietta Impemba, addetta alla contabilità dell’organo, praticamente una delle figure più importanti del sistema. La professionista si troverebbe al centro di una fastidiosa vicenda, aggravata –come sempre accade- dalla toppa messa dai vertici amministrativi del comune capofila (Eboli) rivelatasi peggiore del buco.
I fatti: nell’agosto del 2017 l’allora dirigente comunale Agostino Mastrangelo, responsabile del PdZ da maggio a settembre dello stesso anno, affida in modo diretto e senza utilizzare la piattaforma obbligatoria del Mepa, un incarico professionale alla signora, contratto pure senza copertura finanziaria dato che quel tipo di incarico non era previsto nella programmazione del Piano. Sempre nello stesso mese il dirigente bandisce il concorso per gli operatori del PdZ, successivamente annullato e riformulato nell’ottobre 2017: in base al concorso era prevista l’assunzione a tempo determinato di un contabile a 24 ore settimanali, in pratica per svolgere le stesse mansioni affidate alla commercialista ad inizio agosto. Il 29 dicembre 2017 i vincitori del concorso firmano il contratto ed iniziano a lavorare a tempo determinato. Tra questi c’è la commercialista in questione, vincitrice proprio come contabile a 24 ore settimanali. Sul finire del 2018 però si verifica il classico caso del diavolo che dimentica i coperchi dopo aver fatto le pentole: al PdZ arriva una fattura della commercialista con relativa richiesta di liquidazione in acconto per prestazioni professionali svolte in base all’incarico ottenuto nell’agosto 2017. Ma le attività per le quali la dipendente chiede il pagamento, peraltro in acconto, non sono le stesse che dovrebbe svolgere in qualità, appunto, di dipendente? La fattura è la n.3/2018, se ne deduce pertanto che la signora abbia svolto nell’anno altre attività parimenti fatturate: ma un dipendente pubblico con un part-time superiore alle 18 ore non può svolgere attività professionale esterna, lo impone la normativa, senza dire che in fase di partecipazione al concorso e di stipula del contratto la signora ebbe a dichiarare di non trovarsi in situazioni di incompatibilità e di non svolgere altre attività professionali. Non solo, ma la contabile risulterebbe iscritta all’Ordine professionale dei commercialisti per il quale, invece, vige il divieto assoluto di essere contestualmente dipendente pubblico e libero professionista. Che si fa in questi casi? In una società “normale” il dipendente viene gentilmente accompagnato alla porta non senza aver adito le autorità competenti, nel contesto socio-politico locale, già ultra contaminato di suo e che proprio nel PdZ vede una delle sue “eccellenze”, va invece tutto alla rovescia: si spera che la cosa non diventi di dominio pubblico, si attende che le acque si calmino un po’ e tutti si distraggano, infine si prova a legittimare ex post il tutto. Moltiplicando il guaio, insomma.
Infatti l’allora responsabile del PdZ, il dottor Giovanni Russo, scopre la magagna e si rivolge all’organo che la legge prevede debba istruire la pratica che, oggettivamente, non può che condurre al licenziamento del lavoratore “infedele”, specie se si ravvisino fatti penalmente sensibili sia per una procura ordinaria che per una della magistratura contabile. E qui pare che gli estremi ci siano tutti.
L’organo è l’Ufficio Provvedimenti disciplinari ed è composto dal segretario generale, dal dirigente responsabile del personale e dal ragioniere capo del Comune di Eboli, i quali con questa storia sono andati a comprarsi un’altra bella rogna. Infatti, a tutt’oggi l’Ufficio non ha adottato alcun provvedimento, contravvenendo alle prescrizioni dettate dalla legge che impongono di attivarsi entro trenta giorni dalla notizia del presunto illecito. Ciliegina sulla torta: in questo mese di maggio 2019 il responsabile attuale del PdZ, su verosimile pressione politica, determina la riduzione dell’orario settimanale da 24 a 18 ore per la dottoressa in questione, permettendole così di legittimare a posteriori l’incarico professionale, peraltro sempre senza copertura in programmazione. In questo modo potranno anche pagarle la fattura. Furbi vero?