di Alberto Cuomo
Nei giorni di festa per il Cristo risorto, più che alla pace il pensiero va alla guerra nell’assillo di comprendere come possa risolversi ai fini almeno di una rinascita, non essendo possibile all’uomo risorgere. Un piccolo saggio di Maria Zambrano è intitolato “Nascere dis-nascere rinascere” scritto nel tempo del suo “esilio” volontario dalla Spagna franchista dopo essersi esposta contro il regime. La Zambrano, quasi ignota in Italia sino al 2000, sebbene abbia vissuto alcuni anni a Roma, in contatto con Elena Croce, Elèmire Zolla e la sua compagna Cristina Campo, ha conosciuto, dopo la svolta del millennio, una certa popolarità in Italia, grazie ad intellettuali come Rossella Prezzo e Massimo Cacciari. La sua filosofia potrebbe dirsi una filosofia al femminile, ma non femminista, come teneva a precisare, malgrado sia stata fatta propria di recente dalle femministe, dal momento è densa di poesia e di vita, sia nei contenuti che nella scrittura. La filosofa andalusa ci invita a mantenere viva la meraviglia, lo stupore, dal greco thauma, di fronte alle cose, quasi rinascano di continuo per noi, in noi. E lo stupore non indica solo un modo piacevole di essere sorpresi, quanto anche l’orrore di fronte a cose spiacevoli quali la violenza, che Maria Zambrano intende essere a sua volta una occasione per rinascere. Esempio ne è Antigone l’eroina della tragedia di Sofocle che lei riscrive. La tragedia narra di Antigone che, contro la deliberazione di Creonte di non offrire sepoltura ai nemici sconfitti, vuole seppellire il fratello Polinice, con lei nipote dello stesso Creonte, che però aveva partecipato all’assedio di Tebe. Dopo essere stata scoperta due volte alle prese della sepoltura del fratello Creonte la condanna ad essere chiusa in una buia caverna. Indotto da Tiresia a liberare la giovane, entrati nella grotta, scoprono che essa si è impiccata ed è morta. Ciò provoca il dolore di Emone, figlio di Creonte e innamorato di Antigone, il quale si da a sua volta la morte, imitato dalla madre Euridice alla vista del figlio defunto. Maria Zambrano riscrive la tragedia non facendo morire Antigone. L’eroina anzi, nella caverna, priva di luce, in una esplicita contrapposizione a quella platonica che attraverso la luce lascia scorgere le ombre delle idee, le cose offerte fermamente alla coscienza, ha modo di incontrare i suoi morti e in particolare il padre Edipo, di cui coglie la rigidità nel seguire il destino assegnato, sì che comprende come essa stessa non sia mai veramente nata, ligia come è stata alle regole imposte, ed essendo non-nata, le appare privo di senso ammazzarsi per tentare anzi di ricostruirsi, rinascere a sè nel buio della caverna, sua nuova placenta. Secondo Maria Zambrano, quindi, anche la violenza subita, quale fu il suo esilio di cui mai si lamentò, è un’occasione di rinascita, tanto più che per rinascere è necessario “dis-nascere”, cioè rompere le convenzioni, il mondo cristallizzato che ci siamo costruiti. Nel suo libro scrive: “I mortali devono ammazzare, pensano che se non ammazzano non sono uomini. Li iniziano così, prima con gli animali, con il tempo, e con quel granello di purezza che portano dentro, poi con gli altri uomini. Nemici, patrie, pretesti non mancano mai. Credono che ammazzando diventeranno i Signori della Morte… per questo c’è tempo, tutto il tempo che serve. Per vivere no, non c’è tempo.” E pure in tanta ansia di morte l’antidoto è necessariamente la vita, la vita che è quella che è, quella che ci si trova a vivere, persino nella violenza, nella stessa che nei nostri giorni di festa vediamo alla tivu, in Ucraina, a Gaza, a Mosca, e che dovrebbe essere motivo di rinascita. La guerra, quella tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas ci ha sempre riguardato, ma ora è tanto vicina da coinvolgerci si direbbe fisicamente e non solo psicologicamente. Basti pensare che lo stesso De Luca ne ha parlato, quasi sia ministro degli esteri, nello scorso pistolotto del venerdi sulle tivu locali. Assistiamo impotenti al massacro dei palestinesi a Gaza mentre dall’inizio della guerra in Ucraina ci hanno imbottito la testa della necessità di abbattere Putin, ormai comunemente inteso come un nuovo Hitler. Il nostro governo, per i palestinesi, continua a dire, pur sapendo siano parole insensate “due popoli due stati”! E infatti Israele sta annientando un popolo cui sottrarre la terra nell’indifferenza degli stessi paesi arabi. Quanto alla guerra in Ucraina sembra essere ormai tardi per fermarla e, probabilmente, non si ha voglia di fermarla, dal momento si è compreso che essa è di fatto il prologo, la prova in laboratorio, dell’altra guerra, forse finale, tra l’Occidente, la sua cultura, la sua volontà di egemonia, e il resto del mondo. Si ricorderà che all’inizio dell’aggressione all’Ucraina Putin richiamava i paesi occidentali a rivedere gli accordi successivi al secondo conflitto mondiale e, particolarmente, quelli economici e finanziari di Bretton Woods che sancirono la creazione del Fondo Monetario Internazionale nel predominio del dollaro sulle altre monete. Sarà pure un nuovo Hitler ma quanto chiedeva Putin è ormai nelle cose: gli accordi del 1944 non reggono più e il mondo chiede di dis-nascere, di rompere le convenzioni che si è dato per poter rinascere. Tale dis-nascita potrà essere violenta o pacifica, ma sta, per il momento, all’Occidente, ovvero agli Usa ed ai paesi satelliti decidere, ovvero a noi tutti se mantenere i nostri privilegi grazia ad una moneta vincente o condividere ogni cosa con gli altri popoli.