di Alberto Cuomo
“L’architettura esercita un persistente fascino sugli individui più egocentrici, che freneticamente la impiegano per glorificare se stessi…” è una frase conclusiva del saggio “Architettura e potere” di Deyan Sudjic, direttore del Design Museum di Londra e curatore della Biennale del 2002. Da Hitler a Saddam, da Kennedy a Trump, il desiderio di manifestare il proprio potere ha trovato sfogo nell’ansia costruttiva, ovvero nella distruzione di parti di città sostituite da nuovi edifici. Il parallelo con quanto accade con il cosiddetto “sistema De Luca” è palese, anche per la stordita accoglienza del fervore costruttivo che lo contraddistingue da parte delle attonite masse. Hitler si identificava nell’architetto, bello ed elegante, che aveva scelto per dare forma ai propri progetti, Albert Speer, e questi a sua volta si adeguava alle richieste del fuhrer ed alla sua propensione per il monumentale. È molto probabile che ad Hitler sarebbe piaciuto il crescent, sebbene avrebbe chiesto al suo architetto di sostituire gli ammennicoli appesi alla struttura statica, e cioè le false colonne doriche, con colonne di granito quali pilastri veri dell’edificio. Anche Mussolini amava il monumentalismo, ma ad attenuare la sua vocazione pompier una delle sue amanti, esperta d’arte e cultrice di quella moderna, Margherita Sarfatti, lo indirizzava verso il nuovo, verso forme più semplici e razionali. Appartiene comunque agli uomini di potere, che si esercitano nell’attività costruttiva, il ricorso a tecnici, architetti e ingegneri, che seguano il loro dettato. Nel caso del cosiddetto “sistema De Luca” è indubbio che vi aderiscano tecnici e costruttori. Il sistema, dall’etimo syn-, ovvero con, insieme, e istemi, stare, collocare, implica lo stare necessariamente insieme, quello di parti che, pure autonomamente definite, funzionano quali ingranaggi di una medesima macchina. Il “sistema De Luca”, oltre che comprendere il cerchio magico di politici e amministratori che si riconoscono nell’azione del presidente della nostra Regione, allunga le sue propaggini verso la società civile sino a fagocitare alcuni suoi gangli significativi. Si pensi alla presenza in campo medico, con le nomine dei dirigenti sanitari, a quella nel campo dell’educazione, con la gestione degli asili-nido, a quello del commercio e, appunto, agli incarichi di progettazione. In tale settore accade che, mentre nei lavori pubblici con importi dalla parcella “sotto soglia” gli incarichi vengano conferiti ad un numero ristretto di tecnici, persino nel campo dei lavori privati gli imprenditori si rivolgano a progettisti graditi dal sistema. Accade però che, agendo il sistema meccanicamente, i tecnici coinvolti, spesso scadenti, anche quando sono capaci finiscano di dare il peggio di sé, non essendo sottoposti ad alcun vaglio. Nel caso del parcheggio interrato di piazza Cavour, ad esempio, i tecnici sono i medesimi progettisti di altri parcheggi simili i quali, con l’impresa, solo diversi anni dopo l’inizio dei lavori hanno preso atto che il comune non aveva la disponibilità dell’intera area. Il restringimento del lungomare, con il blocco della passeggiata nella corsia interna, ben potrebbe configurarsi quale interruzione di un pubblico esercizio, e tuttavia nessuna altra autorità si è incuriosita a proposito dei responsabili del danno arrecato ai cittadini. Un altro lavoro, pure sul lungomare, l’intervento di recupero dell’area dell’ex cinema Italia, legata alla “Casa del combattente”, oggi sede della Fondazione Menna, pure necessario, non sembra svolgersi in termini adeguati. Dopo aver eliminato un sontuoso albero del pepe, che si sarebbe potuto integrare nel nuovo assetto, si è realizzato uno spazio ribassato rispetto al livello della passeggiata cui si accede dall’esterno con una rampa, ma non dall’interno della palazzina umbertina la cui ampia sala, qualche decennio fa sede del ristorante “La brace” e, prima ancora, biglietteria del cinema, ora si presenta senza aperture e finestre, e pertanto inutilizzabile, mentre sarebbe stata utile per organizzarvi possibili eventi culturali. Per non dire della pavimentazione esterna, realizzata con grossi ciottoli bianchi dove sarà difficile camminare. Invero, anche se si tratta di una sistemazione esterna, possedendo la palazzina un carattere storico e risultando vincolata dalla Soprintendenza, forse sarebbe stato opportuno affidare il progetto di sistemazione ad un architetto, dal momento gli ingegneri, tra cui si può annoverare il progettista incaricato, non ha competenze in tema di restauro. Ma tant’è gli organismi professionali dei tecnici sono del tutto silenti e, se l’Ordine degli ingegneri ha visto il suo presidente essere elevato al rango di assessore, divenendo parte integrante del “sistema”, l’Ordine degli architetti appare del tutto assente sulle questioni che riguardano il disordinato sviluppo della città di Salerno o degli altri centri urbani della provincia onde, forse, non disturbare il manovratore.