Salerno, prime prove di “Indipendenza” - Le Cronache
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Salerno, prime prove di “Indipendenza”

Salerno, prime prove di “Indipendenza”

“Indipendenza!” – il movimento politico tenuto a battesimo da Gianni Alemanno lo scorso 25 novembre all’Hotel Midas di Roma – continua a mettere radici a Salerno ed in provincia. Nei giorni scorsi sono arrivate le nomine dei coordinatori territoriali del nuovo partito, firmate dal segretario provinciale Angelo Retta. Tra i quadri territoriali di “Indipendenza!” facile individuare diversi volti noti della politica locale e figure “storiche” della componente sociale della destra salernitana.
Il compito di coordinare la nascita dei circoli territoriali nel comprensorio dell’Agro nocerino-sarnese è stato affidato a Mariano Falcone, già segretario provinciale della Lega nel momento in cui il partito di Matteo Salvini tentò, con fin troppe esitazioni ed incertezze, di dare vita ad una struttura politico-organizzativa in grado di superare i confini “padani”. Dall’esperienza del Movimento Nazionale per la Sovranità, di cui è stato vice-segretario provinciale, proviene Francesco Annunziata, responsabile del comprensorio Picentini. Sono espressione dell’avvocatura i coordinatori territoriali della Costiera amalfitana e del Cilento, rispettivamente Livio Apicella e Silvia Mirra. Quanto alla città capoluogo, toccherà ad un altro avvocato con solida esperienza politica, Guglielmo Grieco, il compito di radicare la formazione nata su iniziativa dell’ex primo cittadino di Roma. Nei prossimi giorni, inoltre, dovrebbe essere designato il coordinatore provinciale del movimento giovanile.
Un partito “pesante”, vecchio stile, quello che sta prendendo forma a Salerno ed in provincia, come tiene a sottolineare il segretario provinciale Retta: «In questi anni – dice – abbiamo visto proliferare partiti “leggeri” all’americana, formazioni leaderistiche e liste che potremmo definire ad personam. Ebbene, in tutti questi casi è mancato l’elemento indispensabile perché un partito assolva alla sua funzione: il legame con il territorio, presupposto indispensabile per coglierne le necessità e farsene interprete fuori e dentro le istituzioni. Senza contare il vulnus costituito dalla mancanza di dialettica interna ai partiti stessi, carenza che li ha resi autoreferenziali e, troppo spesso, costituiti solo da yes-men. Ecco, costruire un partito strutturato, espressione del territorio e capace di confronto interno vuole essere un modo per recuperare la “buona politica” al servizio della comunità».
In queste settimane si è parlato spesso della nascita di un partito rosso-bruno, considerato il dialogo instaurato con persone e formazioni provenienti anche da esperienze politiche molto diverse da quelle di Alemanno e di gran parte dei fondatori di “Indipendenza!”.
«Su questo punto occorre essere chiari: c’è un dialogo tra forze politiche che su alcuni temi condividono un’analisi e possono lavorare per elaborare una proposta politica diversa. Per chi, come me, viene da una formazione e da una militanza nella componente rautiana del Msi non c’è alcun imbarazzo o sorpresa nel dialogare con quella parte di sinistra, purtroppo minoritaria, lontana da una visione liberal all’americana. Del resto se il Pd, partito che si dichiara di sinistra, dialoga con le grandi banche e con gli esponenti della finanza internazionale, non vedo perché noi non possiamo riappropriarci di spazi e temi che solo nell’immaginario collettivo sono collocati a sinistra, ma che in realtà fanno parte della nostra tradizione politica e del nostro dna culturale».
Sì al dialogo con la sinistra non liberal, quindi, e con il centrodestra?
«Con questo centrodestra è decisamente più difficile trovare un terreno comune per dialogare. La svolta conservatrice e neoliberista della forza principale del centrodestra italiano, Fratelli d’Italia, colloca questo schieramento su posizioni molto distanti dalle nostre. A differenza della Meloni, noi continuiamo ad avere forti riserve sull’agenda Draghi, riteniamo un errore gravissimo schiacciare la posizione italiana su un atlantismo acritico, rinunciando alla naturale funzione di “ponte” che il nostro Paese ha sempre svolto nel Mediterraneo e non solo. E questo per tacere della distanza che ci separa sui temi delle politiche del lavoro, delle politiche sociali. Insomma, per dirla con una battuta, se avessimo avuto una visione politica liberal-conservatrice ci saremmo iscritti, molti anni fa, al Pli di Altissimo».
Questa distanza dal centrodestra si riflette anche a livello locale, a Salerno ed in Campania?
«Per dialogare, o anche semplicemente per confrontarsi, c’è bisogno di essere in due, qui con chi dovremmo parlare? Con un centrodestra, o destra-centro se si preferisce, che da ormai trent’anni non riesce ad esprimere un’alternativa credibile alle amministrazioni a guida progressista? Con un centrodestra che a Salerno non riesce ad andare oltre la conta dei sacchetti di immondizia non raccolti in strada o a polemiche di bassa lega relative alla squadra di calcio? Che fa le barricate per impedire la presentazione di un libro di Gaetano Quagliariello – un ex senatore di Forza Italia! – perché parla, tra l’altro, della sua passione sportiva per il Napoli? Su cosa dovremmo discutere o confrontarci? E a livello regionale le cose non vanno certo diversamente. Se questo è il centrodestra, preferiamo dialogare con le associazioni, le rappresentanze di categoria, i professionisti, il nuovo proletariato, ovvero con chi tutti i giorni vive e affronta, spesso in drammatica solitudine, i problemi reali del territorio».