Poggiomarino/Pagani. Guerra di camorra sull’asse Pagani/Poggiomarino: 42 anni e mezzo di reclusione per tre imputati con condanne complessive di poco meno inferiori alla richiesta della Dda di Napoli nel corso della requisitoria prima dell’estate. Per il boss ora collaboratore di giustizia Rosario Giugliano alias ‘o Minorenne 13 anni di reclusione (istanza di 8 anni), 14 e 6 mesi (richiesta di 26) per Alfonso Zuccherino Manzella, il neomelodico figlio della compagna di Giugliano (Teresa Caputo, assolta) e 15 anni per Gianluca Marano (chiesti 12 anni) E’ quanto stabilito, con qualche assoluzione nei capi di imputazione, dal collegio dei giudici del tribunale di Torre Annunziata (presidente Antonio Fiorentino, a latere Silvia Paladino e Luisa Crasta) nella serata di ieri a capo di un processo con rito ordinario. Inoltre i tre condannati sono stati interdetti dai pubblici uffici per la durata della pena con la perdita della responsabilità genitoriale. Per tutti a fine pena anche tre anni di libertà vigilata. Novanta giorni per le motivazioni della sentenza. Nel collegio difensivo tra gli altri, gli avvocati Francesco Matrone, Vincenzo Calabrese e Giuseppe Della Monica. Per ricostruire il sistema criminale in cui Giugliano e i suoi alleati agivano davanti ai giudici hanno sfilato le vittime dell’organizzazione criminale nata dopo il ritorno a Poggiomarino dell’ex mano armata del boss pentito Pasquale Galasso. Un rientro dettato dal vuoto di potere lasciato dall’arresto del ras della cosca nemica (nel 2009) Antonio Giugliano detto o’ Savariello e che Rosario Giugliano avrebbe voluto occupare scalzando l’allora reggenti della consorteria, costola dei Fabbrocino. La Dda partenopea ordinò un blitz che smantellò le due organizzazioni camorristiche le quali negli anni si sono fatte la guerra a suon di raid e intimidazioni. Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, in particolare, i diversi episodi criminali avvenuti in città. Raid e bombe esplose contro attività commerciali che avevano spinto gli investigatori a ritenere fondata l’ipotesi di uno scontro per il controllo del territorio. Scontro che avrebbe avuto il suo apice in una stesa che l’uomo del clan Galasso avrebbe commissionato ai danni della caffetteria gestita dal figlio di Antonio Giugliano. In precedenza il pentito Giovanni Orefice aveva testimoniato per la Direzione Distrettuale Antimafia contro Giugliano, Manzella e la compagna di ‘o minorenne Teresa Caputo. Oltre allo scontro tra fazioni, la vicenda ha ramificazioni importanti anche a Pagani, dove il capo individuato era Rosario Giugliano, dove avrebbe allacciato rapporti con cosche calabresi della ‘ndrangheta, impegnate entrambe nella gestione di droga sull’asse tra Napoli, le zone vesuviane e il Salernitano. I fatti si riferiscono al periodo compreso dal 2016 al febbraio 2020, in cui la Dda ha ricostruito estorsioni, intimidazioni e minacce incrociate, con i ruoli riconosciuti del capo, Rosario Giugliano.
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