Oggi, alle ore 21,30 nel cortile del Castello Marchesale di Camerota, concerto della formazione che eseguirà musiche di Bizet, Carmichael, Sondheim, Gade, Morricone e Gershwin
Di OLGA CHIEFFI
Dopo i concerti finali delle due prestigiose masterclasses tenute dai docenti Edoardo Giachino e Valeria Serangeli, oggi, alle ore 21.30, nell’incantevole scenario del Castello Marchesale di Camerota del cartellone per la IV edizione del Camerota Festival, allestito dall’Associazione Culturale-Musicale Zefiro, presieduta da Giuseppe Marotta e diretta dal compositore Leo Cammarano, si esibirà il Neapolis Brass Ensemble. Leo Cammarano ha scelto gli ottoni del Neapolis Brass Ensemble, per inaugurare le tre serate puramente concertistiche di questa edizione, formazione principe per una splendida serata di musica sotto le stelle. Il Neapolis Brass schiererà alla tromba Francesco Capocotta Francesco Amoroso Raffaele Alfano Salvatore Di Meo al trombone Gianluca Camilli, Paolo Masi, Giovanni Di Lorenzo, Francesco Chisari, al corno Luca Martignano e Vincenzo Parente, alla tuba, Rosario Tramontano, con l’aggiunta delle percussioni di Vincenzo D’Acunto e Maurizio Pagnotta. Il programma sarà inaugurato da una Suite di temi dalla Carmen di George Bizet, racchiusi nel preludio “Uno straordinario baccano da circo”: così definiva Nietzsche l’inizio del preludio al primo atto di “Carmen” – il cosiddetto tema della corrida, col suo irrompere, creato dal nulla, in un fortissimo capace di intimare perentoriamente all’ascoltatore, ancora titubante, che non può più permettersi, cominciato il rito, di volgere altrove la propria attenzione, il tema di Escamillo – quello dei couplets del secondo atto – col contrasto così sorprendente tra il legato degli strumenti a corda e lo staccato degli ottoni, e ancora, il Destino di Carmen, la morte…., con la sua espressione di disperazione e di fatalità ineluttabile, contro la quale è inutile ogni tentativo di resistenza a segnare il doppio percorso sul quale si muoverà il lavoro: l’atmosfera brillante e la tragicità incombente. Le stelle a guardare dall’ alto il pubblico di Suoni dal Castello, cui sarà dedicato, uno dei temi più celebri di Hoaghy Carmichael, “Stardust”, datato 1927. Il pezzo, in principio solo per pianoforte, aveva un ritmo veloce e passò inosservato, poi tre anni dopo Artie Shaw lo portò al successo. Si racconta che Carmichael scrisse la musica di Stardust a Bloomington, nel campus del College, con il titolo che si riferisce anche al la cocaina, che prima della grande crisi economica circolava in abbondanza nell’ambiente musicale americano. Omaggio alla Brass Fantasy del trombettista Lester Bowie con I only have eyes for you , di Warren e Dubbin, pagina celebre nella versione dei Flamingos ma che l’estroso trombettista incise nel suo primo progetto con il suo brass. Si continuerà con “Send in the clowns”, un song di Stephen Sondheim tratto dal musical del 1973 A Little Night Music, adattamento musical del film di Ingmar Bergman Sorrisi di una notte d’estate Sondheim, portata poi al successo da Frank Sinatra e Judy Collins. In seguito Sarah Vaughan, Judi Dench, Grace Jones, Barbra Streisand si cimentarono con questo song facendolo divenire un evergreen. Ottoni in tango con Jalousie, la più famosa delle composizioni di Jacobe Gade, composta nel per accompagnare un film muto, prima di ascoltare, l’immancabile medley di colonne sonore di Ennio Morricone, in cui le trombe faranno la parte del “Leone”. Uno dei simboli di questa XXXI Olimpiade dell’era moderna è stato Tom Jobim ed ecco quel magico equilibrio tra abbandono sensuale, riflessione e consapevolezza della fragilità di questo genere, avvolto da una serenità velata, da una saudade racchiudente la doppia matrice del fatalismo iberico e africano, che sa offrire la “Garota de Ipanema”. Chiusura con la suite da Porgy &Bess di George Gershwin, opera scritta come un dramma lirico all’italiana, con i canoni e le convenzioni tipiche del genere, ma affollata di motivi jazz e canzonettistici prototipi di musical, armonie blues o spiritual, lacerti di melodie immortali come Summertime, I Love you, Porgy, I got plenty o’ nutting che sono diventati dei classici del jazz.